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«Così i clan del napoletano conquistano l’Agro nocerino»

Il Mattino, Venerdì 16 Dicembre 2016

«Così i clan del napoletano conquistano l’Agro nocerino»

di Petronilla Carillo

SALERNO – La moto blocca la circolazione stradale in via Giovanni XXIII a Scafati e dall’auto Gennaro Ridosso (almeno questo è quanto racconta Alfonso Loreto e quanto sarebbe emerso dalle indagini dell’Antimafia) spara contro le vetrine del negozio Les Folies. Un raid in piena regola per «punire» il titolare che si era rifiutato di cambiare un assegno ad Alfonso Loreto e Luigi Ridosso in quanto impegnato con Generoso Di Lauro, la concorrenza. Era il mese di dicembre del 2008 e, in città, vi erano ancora contrasti tra clan dello stesso territorio che intendevano spartirsi l’estorsione, l’usura e i videogiochi. Insomma, gli affari illeciti. Erano gli anni in cui i Ridosso avevano anche rapporti con gruppi di Marano, pur avendo buoni legami con gli «amici» di Castellammare di Stabia, città natale della madre di Ridosso. Ma gli affari erano sempre gli stessi di oggi. Laddove il gruppo non riusciva a penetrare con l’estorsione classica, puntava al cambio assegni oppure alla spesa gratis, o peggio all’erogazione dei servizi di pulizia. Tra le vittime non soltanto commercianti della città ma anche imprenditori del settore conserviero. Il gruppo già da allora era pericoloso, avendo a disposizione armi che non esitava ad utilizzare.

Allora come oggi, così come dimostrano le cronache delle ultime settimane e gli arresti del Ros dopo le sparatorie di fine estate in strada. Un allarme «sociale» a cui nel corso della conferenza stampa di ieri mattina in Procura ha fatto riferimento anche il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Antonino Neosi, il quale non ha nascosto la «particolare attenzione» rivolta dagli organi investigativi sul territorio dell’agronocerino. Un allarme confermato anche dal procuratore capo di Salerno, Corrado Lembo, il quale rincara la dose e parla di una «costante penetrazione dei clan del napoletano» sul territorio dell’Agro. Ma punta anche l’indice sull’«omertà» delle vittime dei due gruppi criminali, spaventate al punto da avere difficoltà a collaborare in pieno con la giustizia. Le persone offese, e questo lo sottolinea anche il giudice per le indagini preliminari, nell’ordinanza applicativa delle misure cautelari, erano «assoggettate» e questo perché «gli indagati si presentavano come soggetti pericolosi capaci di concretizzare le minacce oggettivamente di tipo mafioso prospettate alla vittima».