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Cosenza. Sanità, massoneria e magistratura corrotta. Il vocabolario della “cupola”

Cosenza. Sanità, massoneria e magistratura corrotta. Il vocabolario della “cupola”

Da Iacchite -22 Settembre 2022

L’alfabeto o se preferite il vocabolario delle vicende che fanno parte dell’ultimo tragicomico blitz del porto delle nebbie, che ha portato alla luce con decenni di ritardo il potere massomafioso che comanda nelle stanze dei bottoni dell’Asp di Cosenza. Un quadro riassuntivo che ci aiuta a capire un sistema che ha agito indisturbato fin dalla notte dei tempi. E che è ritornato tale e quale dopo i ridicoli provvedimenti del procuratore Gattopardo.

ASP COSENZA. Quante volte abbiamo scritto che la sanità è il cuore del problema? E se le Asp di Catanzaro e Reggio sono state sciolte per infiltrazioni massomafiose, non si capisce perché ancora Cosenza non le abbia seguite. Per il momento, con gravissimo ritardo, c’è un’inchiesta del porto delle nebbie. Che mette nero su bianco una situazione incredibile.

Hanno falsificato i bilanci consuntivi dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza nel triennio 2015-2017 (ma le magagne cominciavano fin dalla fine degli anni Ottanta), fornendo una rappresentazione della realtà economico-patrimoniale, caratterizzata da cronici disavanzi, più “edulcorata” di quanto non fosse, per riportare perdite di esercizio inferiori a quelle effettive e consentire un allineamento posticcio dei dati a quelli del bilancio preventivo regionale. Sono queste le accuse principali per i 19 dirigenti e funzionari dell’Asp di Cosenza e della Regione Calabria indagati dalla Procura per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico e che è costato a 6 di loro il provvedimento del divieto di dimora. Si tratta del gotha dell’Asp cosentina: l’ex dg Raffaele Mauro, in sella per tre anni su indicazione della “cupola” politica senza distinzione di colore (da Oliverio e Pacenza fino a Tonino Gentile) e di dirigenti come Remigio Magnelli, Giovanni Lauricella, Francesco Giudiceandrea, Luigi Bruno e Maria Marano, che per anni e anni hanno firmato autentiche nefandezze con la conseguenza di affossare la sanità cosentina.

La massa debitoria dell’Asp al 31 dicembre 2019 si attesta a 547 milioni di euro ma il dato è tutt’altro che definitivo; 102 milioni di pignoramenti presso il Tesoriere dell’Asp Banca Bnl. Inoltre, i bilanci consuntivi 2018 e 2019 non sono ancora stati approvati, le controversie aperte al 31 dicembre 2019 arrivano a oltre 366 milioni (solo quota capitale senza interessi di mora e spese legali). A questo va aggiunto un volume di controversie di valore indeterminato e/o indeterminabile di 460 cause che non sono ancora state conteggiate. BORROMEO GIOVANNA (e Bettelini Simonetta Cinzia) – Una delle indiscusse protagoniste delle vergogne dell’Asp di Cosenza è la “dirigente” amministrativa Giovanna Borromeo, meglio conosciuta come compagna dell’ingegnere Gennaro Sosto, uno dei colonnelli del Cinghiale, anche lui in primo piano in questo verminaio. L’ordinanza del Gip Manuela Gallo stabilisce in particolare che l’assunzione a dirigente di Giovanna Borromeo è totalmente illegittima. Da allora, la Borromeo ha continuato la sua scalata e in concomitanza con l’arrivo della commissaria Bettelini, ha ottenuto la direzione di due UOC, della serie quando la realtà supera abbondantemente ogni fantasia. Ma non è finita qui. C’è il suo zampino anche in un’altra vicenda ovvero il regalo” con affidamento diretto fatto ad una società di nome Covisian per un servizio scadentissimo (i servizi di front office in particolare quello del Cup, ufficio prenotazioni) a fronte di un esoso importo di 5 milioni di euro in 2 anni ad opera della Premiata Ditta B2, Bettelini e Borromeo appunto. Ora, scorgendo bene e navigando ad altissima velocità su internet, tutti possono rendersi conto che la società che ha avuto in regalo la gestione del Cup (Ufficio prenotazioni, servizio pessimo e con sperpero di denaro pubblico poiché le prestazioni sanitarie possono essere prenotate comodamente in farmacia sotto casa…) è presente per la gestione dello stesso servizio (Cup) nella ASL Napoli 3… E qui, gatta ci cova !!! Sapete perché? Il direttore generale della medesima ASL è un altro nostro “cliente” abituale, l’ingegnere Gennaro Sosto, sì proprio lui, il compagno della Borromeo, fino a prova contraria ancora (!!!) responsabile dell’Ufficio gare dell’Asp di Cosenza nonostante sia stato acclarato che la sua assunzione è illegittima... A questo punto però la Guardia di Finanza, che quotidianamente è presente nel palazzaccio di via Alimena, dovrebbe segnalare al procuratore Gattopardo che questa signora deve sloggiare al più presto dal suo ufficio che occupa in maniera abusiva ed illegittima. Nel frattempo, nonostante il Gattopardo abbia abbaiato, la sanità cosentina continua a fare affari di famiglia con eminenze grigie e colletti bianchi che sguazzano e macinano pecunia. CESIRA ARIANI – Cesira Ariani è la compagna dell’ex digì dell’Asp Raffaele Mauro e con lui forma una coppia diabolica. Hanno messo in croce l’ex marito di lei, hanno ottenuto incarichi di medicina legale in inchieste molto importanti e hanno messo la ciliegina sulla torta alle loro imprese con la spudorata e riprovevole vicenda dell’incarico conferito alla signora. Una vicenda che ha inizio il 30 maggio 2018, data in cui l’ASP indice apposito avviso interno per l’affidamento degli incarichi di responsabilità dirigenziale di svariate strutture tra cui quella di Risk management e governo clinico”. La dottoressa Ariani, accecata dall’arrogante certezza di risultare vincitrice del presunto imminente concorso a primario bandito dalla medesima ASP e relativo alla struttura complessa di “PDTA”, non produce domanda. Ma ecco che accade ciò che era loro imprevedibile: il bando di concorso per il “PDTA”, assieme ad altri 13 concorsi a primario, deve essere annullato in quanto non autorizzato dall’ormai ex commissario Scura.

Spesso l’arroganza acceca la mente. Mauro deve correre ai ripari, deve (!?) necessariamente recuperare una “poltrona” per la sua compagna e, con l’ennesimo e vergognoso colpo di mano, in data 4 dicembre 2018, adducendo motivazioni a cui neanche il più ingenuo degli uomini potrebbe dar credito, riapre i termini per la presentazione delle domande giusto ed esclusivamente relative alla struttura che interessa l’Ariani. La compagna di Mauro produce quindi domanda, in linea con l’aforisma “meglio un uovo oggi che…” e in data 18 dicembre 2018 (mai l’ASP di Cosenza è stata più veloce e determinata) Mauro con determina n° 574 costituisce l’apposita commissione preposta alla valutazione dei curricula dei partecipanti, commissione che a sua volta, velocissimamente e con verbale del 3 gennaio 2019 trasmette le valutazioni dei suddetti curricula al dg Mauro che VOILA’ individua con la suddetta deliberazione del 7 gennaio la propria compagna Cesira quale dirigente medico più titolato e…meritevole dell’incarico di Responsabile del “Risk management e governo clinico” dell’ASP di Cosenza! Una vicenda che è finita inevitabilmente nell’elenco degli imbrogli dell’Asp. E ci mancava pure…

DICIANNOVE INDAGATI – Le misure di divieto di dimora colpiscono l’ex direttore generale dell’Asp di Cosenza, Raffaele Mauro, e i dirigenti Luigi Bruno, Giovanni Lauricella e Remigio Magnelli, oltre a Maria Marano collaboratore amministrativo (divieto di dimora a Cosenza) e Francesco Giudiceandrea (divieto di dimora in Calabria). Ma risultano indagati anche Massimo Scura e Saverio Cotticelli, ex Commissari alla sanità calabrese, e Antonio Belcastro, quest’ultimo ex direttore del Dipartimento salute della Regione Calabria ed attualmente soggetto attuatore per l’emergenza coronavirus. Altri indagati sono Antonio Scalzo, Gennaro Sosto, Carmela Cortese, Nicola Mastrota, Fabiola Rizzuto, Elio Pasquale Bozzo, Alfonso Luzzi, Aurora De Ciancio, Bruno Zito, Vincenzo Ferrari.

ELEZIONI – Il sistema della sanità cosentina è creato su misura per realizzare serbatoi di voti inesauribili attraverso quegli infiniti intrecci di relazioni e di interessi che si affinano con il mondo medico. Concorsi e assunzioni su tutti, naturalmente. Tutti i politici del superclan dei calabresi attingono a piene mani da questo squallido mercato. Controllano i concorsi, le forniture, il flusso dei soldi e il rapporto perverso con i boss della sanità privata. La sanità spesso e volentieri ha deciso molti destini in tante competizioni elettorali. Il principe indiscusso degli affari con la sanità è Tonino Gentile, che ha fatto e fa ancora il bello e il cattivo tempo ma col passare degli anni Adamo, la moglie e Oliverio, specie dopo il successo alla Regione, sono entrati da protagonisti assoluti, forti anche del rapporto con uno dei boss della sanità privata, Citrigno. L’altro, Ennio Morrone, agisce per conto suo e cambia casacche come calzini. E poi ci sono iGreco, sponsorizzati dai renziani, per i quali si sono spesi anche elettoralmente. E la longa manus degli Occhiuto con il faccendiere Potestio.

FACCIA DI PLASTICA – Dal 12 gennaio 2016 Palla Palla, Capu i Liuni e Madame Fifì hanno piazzato alla direzione generale dell’Asp un medico legale, Raffaele Mauro, che solo due mesi prima aveva vinto una causa di servizio che gli aveva riconosciuto una “depressione cronica”. Un caso talmente eclatante che ne aveva scritto persino il Corriere della Sera. Mauro arrivava dal settore della spedalità privata, dove aveva elargito milioni e milioni agli amici degli amici delle cliniche. Ben presto, comandato a bacchetta com’è per dare alla luce decine e decine di determine farlocche e compiacenti ai soliti noti, diventa per tutti Faccia di Plastica. Perché in realtà la sua faccia somiglia ad una maschera e dunque come la plastica si adatta a tutte le situazioni.

A novembre 2015 vince una causa di servizio attraverso la quale il Tribunale di Cosenza lo dipinge come “depresso cronico” e due mesi dopo viene nominato direttore generale attirando – appunto – finanche l’attenzione del media più letto e famoso d’Italia… Raffaele Mauro è stato nominato direttamente da Madame Fifì – dalla quale prende ordini- col placet di Palla Palla e Tonino il Cinghiale. Proveniente dalla Balena bianca e dalla Cisl (si dice che un tempo sia stato addirittura misasiano…), ben presto si è convertito al Cinghialesimo e poi si è prostrato davanti a Madame Fifì e al di lei consorte Capu i lLuni, che com’è noto fanno parte dello stesso clan, il cosiddetto e famigerato superclan dei calabresi.
Il dottore Mauro, che è uomo di mondo e 
fratello” dei fratelli in quanto massone, ha capito l’aria che tira e non ha mai rischiato nulla, assecondando sempre il volere dei suoi “capi” fino all’ultimo… comprese le dimissioni…

GATTOPARDO – Per chi è nuovo di Iacchite’, il Gattopardo è il nomignolo perfetto per il procuratore capo di Cosenza, al secolo Mario Spagnuolo. E’ lui l’anima nera di tutte le nefandezze della città di Cosenza dagli anni Ottanta ad oggi. Nella sua qualità di sostituto del procuratore Serafini, è l’artefice della “neutralizzazione” dell’unico processo antimafia a Cosenza (il “Garden”), smontato pezzo per pezzo insieme alla lobby degli avvocati penalisti corrotti grazie all’inquinamento delle prove messo in atto con decine e decine di pentiti, capeggiati da Franco Pino, che oggi più che mai è il vero “sostituto anziano” della procura di Cosenza. Ma Spagnuolo ha le mani in pasta anche nella sanità, non foss’altro perché nei generosi ranghi della sanità cosentina c’è anche suo fratello, il leggendario Ippolito, pecora nera della famiglia “Gattopardo”, il cui unico interesse è che “tutto cambi perché nulla cambi”. 

A metà degli anni Novanta la vicenda dell’Usl di Cosenza che va a finire nell’operazione Olimpia (un miliardo di tangenti, imputato principale Pino Tursi Prato ovviamente accusato dal pentito Franco Pino) viene stralciata e diventa di competenza della procura della Repubblica della città bruzia. La vicenda risale al 1989-90 e in quel periodo aveva iniziato a farsi strada un giovane magistrato che si chiama appunto Mario Spagnuolo. Tursi Prato era ancora presidente dell’Usl, viene coinvolto ancora pesantemente e per mettere a posto le sue pendenze con la procura si dichiara disponibile a uno di quegli accordi che si definirebbero inconfessabili” ma che almeno lo mettono al riparo (nell’immediato) da altre brutte sorprese della procura cosentina, sulla quale ieri come oggi Tonino Gentile esercita tutto il suo potere. E così Tursi Prato, tra gli atti della sua gestione della sanità cosentina, nomina dirigente facente funzioni dell’Ufficio Vaccinazioni un certo Ippolito Spagnuolo, fratello del giovane magistrato rampante. Lo nomina facente funzioni perché non ha i requisiti per vincere un concorso che non si svolgerà mai. Il fratello di Spagnuolo rimarrà a capo dell’Ufficio fino a pochi anni fa, quando l’inchiesta dei furbetti del cartellino coinvolgerà pesantemente anche lui stesso… Mentre Tursi Prato continuerà ad essere perseguitato da Spagnuolo, il cui teorema è che gli unici responsabili della corruzione a Cosenza sono lui (Tursi Prato appunto) e… Giacomo Mancini. Un teorema indecente e che è stato rispedito (nel deretano) al mittente…

Il suo ultimo tragicomico blitz è fatto unicamente per “pararsi il culo” perché Spagnuolo interviene soltanto quando qualche altro giudice – non certo corrotto come lui – accende i riflettori sul verminaio massomafioso che è Cosenza ormai da decenni. E se oggi il Gattopardo ha deciso di indagare i suoi fratelli di loggia lo ha fatto soltanto – per come del resto abbiamo abbondantemente scritto – perché la procura di Salerno ha messo decine di cimici negli uffici dell’Asp di Cosenza e in particolare in quelli di Mauro, Magnelli e Lauricella. Al punto che Mario Oliverio detto Palla Palla ha “dimissionato” Mauro addirittura nel 2019, proprio per non avere altri guai. E adesso la procura di Cosenza segue la scia ma solo perché non ne può fare a meno. E anche perché la storia dei bilanci falsi dell’Asp e dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza (vedrete che ben presto finalmente si parlerà anche di questo) sta per esplodere violentemente anche a livello politico e non solo giudiziario.

IGNAVI –  “I capimafia si comportano come gli imprenditori e le mafie, proprio come l’impresa, hanno bisogno di pubblicità”. Oltre a trasmettere timore, i “nuovi” boss hanno quindi bisogno di creare consenso sociale rifacendosi l’immagine, producendo lavoro ed occupazione, aiutando chi ha bisogno: Comprano pezzi di televisioni e di giornali per manipolare il pensiero della gente”. Le dichiarazioni di Nicola Gratteri ormai hanno fatto epoca ed è chiaro che in Calabria, per sorreggere il sistema massomafia che dilaga e impera dalla notte dei tempi, ci sia bisogno della complicità e della connivenza dei media. Che sono praticamente tutti di regime e dunque, per ritornare alla lettera dell’alfabeto che ci riguarda, nella migliore delle ipotesi, ignavi appunto. Perché nessuno dei media di regime, ovviamente, ha mai denunciato le nefandezze della sanità cosentina, con la quale ha sempre avuto rapporti di “fratellanza”, capisci a me…  LIUNI (CAPU I…) – Capu i Liuni (per la capigliatura molto folta che aveva in gioventù ma anche in età adulta) è il nomignolo di Nicola Adamo, tra i principali politici corrotti della Calabria dalla fine degli anni Ottanta ad oggi. Insieme alla moglie Enza Bruno Bossio alias Madame Fifì mette le mani sulla sanità insieme ai fratelli Cinghiali, al secolo Gentile, con i quali fa finta di litigare da decenni per rastrellare meglio i fondi destinati alla Calabria. Già con Loiero presidente della Regione, la cappa dei coniugi diabolici sulla sanità si fa sentire, ma diventa opprimente con l’insediamento del loro “soldato” Faccia di plastica. Gli ascari di Adamo sono dislocati dappertutto in provincia di Cosenza e oltre ai fondi rastrellano voti. Una macchina da guerra. MASSONERIA – L’ex presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, per quanto sia stata poco credibile dal momento in cui ha “sopportato” gentaglia ammanicata (lo sanno anche i bambini) come don Magorno e Madame Fifì e non ha voluto aprire gli occhi su massoni deviati e conclamati che agiscono sfacciatamente, nella sua relazione risalente al 2017 inseriva un passaggio inquietante sulla città di Cosenza.

“… Per quanto riguarda la Asp di Cosenza – che nel 2013 ha avuto un accesso ispettivo ma non è stata poi commissariata – su 220 nominativi individuati presenti a vario titolo nella relazione conclusiva della Commissione di accesso, 23 persone risultano iscritte a logge massoniche…”. 

Ci siamo così interrogati su quanti dirigenti dell’ASP di Cosenza fossero inclusi negli elenchi massoni. Il principale protagonista è senza dubbio Raffaele Mauro, alias Faccia di Plastica, sostenitore del Goi da tempo, direttore generale dell’Asp di Cosenza chiacchieratissimo per tre anni e per certi versi grottesco. Ma possiamo tranquillamente affermare che gli uffici dell’Asp di Cosenza sono ad altissima densità massonica, come del resto quelli del porto delle nebbie.

NEBBIE (PORTO DELLE…) – Il “porto delle nebbie” è un famoso romanzo dello scrittore francese George Simenon (diventato poi anche un film interpretato da Jean Gabin) scritto su misura per il più grande investigatore mai esistito, il commissario Maigret, che opera in una cittadina della Bassa Normandia, Ouistreham, paragonabile benissimo a Cosenza. L’indagine si svolge nell’ambiente umido e nebbioso del porto, in un clima di continua angoscia ed oppressione.

Dopo aver rischiato più volte la propria incolumità, Maigret riesce a rompere il provinciale muro di omertà, teso a nascondere la torbida storia familiare del sindaco Grandmaison… E’ proprio da questo romanzo, che nel corso degli anni, ha preso vita anche un’espressione giornalistica affermatasi proprio negli anni Ottanta del XX secolo come appellativo della procura della Repubblica di Roma, a causa di una serie di episodi poco chiari e mai chiariti, veri e propri insabbiamenti. Cosenza è a tutti gli effetti il nuovo “porto delle mebbie” d’Italia, anche se non ha la stessa popolarità di Roma e l’elenco degli insabbiamenti, a partire da brutali omicidi come quelli di Denis Bergamini e di Roberta Lanzino, è praticamente infinito. Ma il core business del Gattopardo e dei suoi affiliati è quello di proteggere i massoni deviati della Loggia coperta.  OSPEDALE DELL’ANNUNZIATA – L’ospedale dell’Annunziata di Cosenza è il “palcoscenico” principale nel quale si sono esibiti e ancora si esibiscono i protagonisti di questa torbida storia. L’ospedale è tutto nelle loro mani, dai primari ai portantini. Ognuno è faccia ed espressione di un potere strisciante che va al di sopra di tutto e di tutti e non dà tregua a chi cerca di combatterlo. La malasanità, che produce morti a manetta, viene tenuta a bada dai magistrati corrotti e deviati in combutta con la lobby dei medici che producono perizie false come i soldi del Monopoli. Concorsi, forniture, farmaci, attrezzature producono a tamburo battente soldi e potere. Attraverso la sanità il riciclaggio di denaro sporco tocca livelli che più elevati non si può. E se le mura di questo ospedale potessero parlare, ci regalerebbero la storia dei più grandi affari sporchi della massomafia italiana, altro che storie. 

PACENZA FRANCO – Si tratta, come tutti sanno, di uno dei fedelissimi di Mario Oliverio e suo delegato, guarda un po’ il caso, per la sanità. Tutti lo chiamavano vicegovernatore, un pratica faceva l’assessore alla Sanità a tutti gli effetti. Un goffo residuato della Prima Repubblica, famoso per tragicomiche inchieste sui fondi della 488 ma soprattutto per la sua sfrenata ambizione e lo smodato clientelismo, in perfetto stile familismo amorale di Palla Palla. In pratica, come dicono tutti, era il vicegovernatore, a fronte di un rapporto d’acciaio con Oliverio.

I bilanci dell’Asp dal 2015 al 2017 sono falsi e quello del 2018 non è mai stato approvato proprio per questa ragione. Sette diversi commissari succedutisi alla guida dell’Azienda non hanno inteso approvarlo. L’Asp amministra somme per un miliardo e 200 milioni l’anno. Se salta Cosenza, salta tutto” dice nel febbraio 2019 in una intercettazione il prode Pacenza, che è l’unico politico presente nelle intercettazioni dell’ordinanza. E la sua presenza dilaga quasi per ogni questione, a testimonianza degli altissimi interessi che si annidano nella sanità. 

Ma l’aspetto che lasciava sconcertati riguardava la tempistica dell’assegnazione dell’incarico all’Urp per sua moglie Raffaella D’Alba, avvenuta ad appena poche ore dall’incontro dell’allora nuovo commissario per la sanità Cotticelli con Oliverio e con lo stesso Pacenza. Della serie: mentre tu parli e ti insedi, noi ci aggiustiamo le nostre cose tanto noi andiamo avanti e voi non saprete nulla. Una prova di forza.

QUAQUARAQUA’ – “Uomini, mezzi uomini, ominicchi, piglianculo, quaquaraquà…”. Quante volte l’abbiamo sentita, e ripetuta noi stessi, la classificazione del genere umano che viene fatta da Mariano Arena, il mafioso de Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia, così ben interpretato nel film che ne ricavò Damiano Damiani da Lee J.Cobb? Ecco la trascrizione integrale e attraverso queste categorie, ognuno di voi si può fare un’idea della “qualità” delle persone che fanno parte della nostra storia.

Io ho una certa pratica del mondo: e quella che diciamo l’umanità e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini, i mezz’uomini pochi, chè mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancora più in giù: agli ominicchi che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora di più: i pigliainculo che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre…”. 

REMIGIO MAGNELLI – C’è un solo posto dove le leggi dello Stato vengono ignorate, trascurate e interpretate per amici e nemici: la Calabria ma in modo particolare Cosenza.
Non si spiega altrimenti come abbia fatto a prosperare per decenni
 Fra’ Remigio Magnelli, numero uno dell’UOC Gestione Risorse Umane ovvero il capo indiscusso delle assunzioni (a tempo determinato e indeterminato) e di ogni tipo di concorso nella sanità cosentina, oggi spedito al divieto di dimora dal porto delle nebbie di Cosenza, ribattezzato così da noi in onore del personaggio squallido e beone descritto da Umberto Eco nel “Nome della Rosa”Fra’ Remigio da Varagine, ex dolciniano eretico, stava in convento a rimpinzarsi “la pancia e la verga”. Era un ignorante di potere.
Fra’ Remigio Magnelli non era un dolciniano eretico ma proveniva dalla Balena bianca ossia la Democrazia cristiana e dalla Cisl (si dice che un tempo sia stato addirittura misasiano…), ma ben presto si è convertito al Cinghialesimo, nel senso che è diventato il factotum del Cinghiale, al secolo Tonino Gentile, il ras più importante della sanità cosentina.

Remigio Magnelli ha continuato incredibilmente a dirigere l’Ufficio Personale dell’Asp di Cosenza (un posto strategico per l’ufficio di collocamento dei politici corrotti) nonostante la condanna in primo grado inflittagli dal Tribunale di Cosenza. Un anno di reclusione per abuso di ufficio. Cosa aveva fatto Remigio? Aveva attestato falsamente che non vi erano professionalità interne al fine di favorire l’assunzione illegittima di Michele Fazzolari, altro noto colletto bianco della sanitò cosentina. La legge 39 del 2013 meglio nota come legge Severino parla chiaro: chi è stato condannato, anche con sentenza non definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione deve essere retrocesso. Quindi, doveva essere il dott. Alberto Siciliano, incensurato, a ricoprire quel ruolo. Ma non c’è stato verso. Nel frattempo, per non saper né leggere e né scrivere, l’Asp gli ha riconosciuto persino i soldi del periodo nel quale non aveva fatto ricorso e lui era rimasto abusivamente al suo posto. Citiamo solo questo caso-limite perché ci sono ancora altre vicende giudiziarie che vedono protagonista Fra’ Remigio.

Nessuno, però, osava toccare Magnelli. Non lo aveva fatto Filippelli e non lo aveva fatto Mauro, che è uomo di mondo e “fratello” dei fratelli, ha capito l’aria che tirava e non voleva rischiare nulla. Anche perché l’avvocato Silvia Cumino, responsabile anticorruzione dell’Asp, che aveva segnalato il caso a Cantone, com’era suo dovere, e aveva pagato l’affronto con la rimozione dall’incarico: non si disturbano i manovratori.

Magnelli, ovviamente, oltre ad essere un fedelissimo del Cinghiale nel suo regno della sanità, non veniva cacciato a calci nel sedere per una serie di precise ragioni.
Come successe del resto per il suo predecessore, il dottore Bellusci (più volte indagato), che non si sapeva quanti cedolini mensili di pagamento avesse in nero. Era insostituibile perché aveva cablato il servizio e lui e solo lui poteva capirci. Solo quando era ormai in odor di pensione, il fido Magnelli venne affiancato al Bellusci per essere istruito nei vari malaffari orchestrati dal Cinghiale. E così è accaduto lo stesso per il Magnelli.

SOSTO GENNARO – L’ingegnere Gennaro Sosto, per anni colonnello e fedelissimo del Cinghiale, al quale era stata addirittura riconosciuta l’aspettativa all’indomani della sua nomina nell’Azienda Sanitaria Regionale del Molise.
Un caso talmente lampante di corruzione e malaffare sul quale si era discusso a lungo ovviamente nel silenzio totale di quel gran corrotto del procuratore Gattopardo di Cosenza.
Sosto infatti non aveva nessun titolo per essere messo in aspettativa.
Nella delibera n. 616 del 22 aprile 2016 (gestione Raffaele Mauro alias Faccia di plastica), quella “incriminata”, si cita l’articolo 3 bis co.11 del dgls 502/90.
L’atto recita “la nomina a dg amministrativo e sanitario determina per il lavoratore “dipendente” il collocamento in aspettativa senza assegni ed il diritto al mantenimento del posto.
Questo certamente non era il caso di Sosto, che aveva un contratto a tempo determinato ai sensi dell’art.15 septies c2 sino al 31.12.2016.
Ammesso (e non concesso) che l’aspettativa si potesse dare, sorgeva già allora spontanea una domanda: fino al 31.12.2016 data di scadenza del contratto?


TONINO GENTILE ALIAS IL CINGHIALE O IL GABBIANO – Uno dei nomi che più aleggia in questa storia, ma che è “tabù” praticamente per tutti è quello di Tonino Gentile alias il Cinghiale, ma lui preferisce il Gabbiano… Tonino – che è detto anche ‘u furbu o ‘u nivuru -, nella sanità c’è nato, da quando, ancora giovanissimo dottore in geologia, lavorava al Mariano Santo per conto dell’Usl. E’ da lì che è iniziata la scalata. Anzi, il suo volo di gabbiano “pulito e leggero”…

Già negli anni Ottanta Tonino si divideva con grande successo tra il Psi, la Carical e la “sua” sanità. I commissari prima e i manager poi sono sempre stati uomini di sua fiducia e in pratica è sempre stato lui, ormai da una trentina d’anni a questa parte, a gestire gli ingenti finanziamenti da destinare alla sanità pubblica cosentina. Molto più ingenti di quelli destinati, tanto per fare un esempio banale, al Comune di Cosenza. Almeno dieci volte di più. Un potere contrattuale enorme. Anzi, un volo di gabbiano oseremmo dire “planare” come cantava Loredana Bertè.

Appalti miliardari (poi milionari) e subappalti ghiottissimi per la cosiddetta edilizia sanitaria ma anche per forniture, servizi, macchinari. Per non parlare delle lobby farmaceutiche. Un flusso praticamente infinito di denari sonanti. Da accoppiare con la gestione del “mercato” dei medici, particolarmente ricca e variegata a Cosenza e provincia e con quella del personale paramedico, ancora più grande e frammentata. Perché da una parte ci sono i caposala, gli infermieri, i portantini, il personale amministrativo, che rappresentano un buon 50% di quelle truppe cammellate gentiliane che da decenni garantiscono a lui e al fratello di sguazzare nella politica massomafiosa. Ma dall’altra c’è un mercato ancora più fiorente. Un altro mercato che Tonino affronta sempre volando “leggero” ma soprattutto “pulito”.

Si trattava, tanto per capirci, del meccanismo con il quale si portava il personale a tempo nei generosi ranghi della sanità cosentina. E di come si potevano guadagnare altri soldi facili facili. Si chiama lavoro interinale. Un business che produce milioni di euro all’anno per commesse pubbliche soprattutto da parte di Azienda ospedaliera e Azienda sanitaria di Cosenza. Insomma, il regno di Tonino Gentile. Per quasi dieci anni il suo deus ex machina in questa storia è stata la cooperativa Seatt (Società cooperativa sociale servizi avanzati tecnologici e terapeutici), una cooperativa a responsabilità limitata di tipo “b” che esiste dal 2000, proprio con la mission di aiutare la sanità. Si scrive così ma si legge Gianfranco Ponzio, alias Tonino Gentile. Sì, sempre lui, non più l’ormai celeberrimo cinghiale dello scandalo dell’Oragate. Ma il gabbiano dal volo così accattivante e libero… In pratica, molti dipendenti che sono nelle postazioni pubbliche appartenevano direttamente al signor Gianfranco Ponzio alias cooperativa Seatt, alias Tonino Gentile alias gabbiano pulito e leggero, che li prestava al servizio pubblico per un prezzo superiore almeno quattro volte al loro costo. Il “trucchetto” è semplice: venivano assunti a tempo, per esempio, al quinto livello e, progressivamente, scalavano fino a raggiungere il terzo o addirittura il secondo. E così Ponzio incassava soldi, faceva girare il “grano” e portava voti e consensi alla famiglia più famosa della politica cosentina. Insomma, eravamo davanti al vero e proprio ufficio di collocamento della famiglia Gentile nella sanità. Per giunta con le “porte girevoli”, nel senso che la cooperativa quando aveva spremuto i poveri cristi come limoni poi li molla e ne “assumeva” ancora altri. Tutto questo tourbillon è andato avanti per quasi dieci anni, prima che un’altra organizzazione criminale facente capo alla Bettelini, la commissaria venuta dal Nord e alla Borromeo (vedi sopra) riuscisse a entrare nel business con un’altra azienda, la Covisian. 

UFFICIO LEGALE – Mauro ovviamente non è il solo che fa parte degli elenchi massonici, visto che all’interno dell’Asp – e solo tra i nominativi citati nella Commissione d’accesso del 2013 – ci sono 23 “fratelli”. Ma il grande massone è Giovanni Lauricella, capo assoluto dell’Ufficio Legale fino a poco tempo fa (oggi al suo posto c’è uno dei suoi “fratelli”, tale Giuseppe Brogno), vera e propria “eminenza grigia” degli affari della sanità cosentina, nonché strettamente legato da più vincoli con Mario Spagnuolo (oltre ad essere fratelli di loggia sono stati anche compagni di scuola!), il Gattopardo, procuratore capo di Cosenza, che lo ha coperto fino ad oggi, sempre insieme ai fratelli Gentile.

Giovanni Lauricella è stato il Grand commis dell’Ufficio Legale, l’uomo che non si oppose ai decreti ingiuntivi di Cedolia, l’uomo che ha dato 416 (!!!) incarichi legali a Nicola Gaetano per un ammontare complessivo di oltre 900mila euro, l’uomo del Cinghiale a Paola, colui che ha elargito milioni e milioni di euro attraverso i famigerati lodi arbitrali alle cliniche private e agli amici degli amici. Lauricella è anche l’avvocato che ha firmato la conciliazione legale con il giornalista Mario Campanella e poi ne ha chiesto la rescissione. Un atteggiamento di incredibile spavalderia, realizzato grazie alla connivenza della procura di Cosenza.

Dunque, ricapitolando: aumenta l’entità del contenzioso legale, lo stesso non viene correttamente determinato dall’Ufficio Legale e genera anno per anno sopravvenienze passive, cioè ulteriori perdite non preventivate. A titolo di esempio troviamo le transazioni per diverse decine di milioni di euro con SIFIN e Farmafactoring, quest’ultima firmata da un altro uomo del Cinghiale, Gianfranco Scarpelli nel 2014 in combutta con l’avvocato Enzo Paolini, e nonostante tutto ciò Lauricella è rimasto, fino all’ultimo giorno utile prima della pensione, nella carica di Direttore dell’Unità Operativa Complessa Affari Legali, uscito indenne persino dal processo nel quale era stato condannato dal porto delle nebbie ma solo per farci credere i fessi, prima di essere completamente “riabilitato” da coloro che tirano le fila del teatrino della giustizia cosentina. E prima della “botta

Altro capitolo è rappresentato dalle spese legali fuori controllo che costano all’ente oltre due milioni di euro l’anno e che interessano un gruppo molto ristretto di avvocati incaricati della difesa dell’Asp che soccombe ad oggi in ogni lodo arbitrale. Fatto interessante è che anche gli arbitri nominati dall’Asp nei numerosi collegi sono sempre gli stessi: avv. Nicola Gaetano, avv. Enzo Paolini, avv. Oreste Morcavallo, avv. Angelo Carmona, avv. Domenico Giugni. 

Tra questi emerge appunto l’avv. Nicola Gaetano, fedelissimo del Cinghiale, che, nel giro di due anni ha  incassato un corrispettivo per parcelle professionali di ben oltre 900.000,00, euro in aggiunta a tutti gli altri incarichi di difesa che lo stesso ha ottenuto e che matureranno per un importo quasi analogo a quello sopra riportato. 

VILLA SAN PIO – La Villa San Pio di Dipignano centro di riabilitazione estensiva è la creatura di Antonio Scalzo, classe 1962, che non è un imprenditore o un boss della sanità privata ma il direttore sanitario “storico” dell’Asp di Cosenza, direttore facente funzioni dell’UOC Cure primarie del Distretto Valle Crati, direttore della Medicina Legale al posto di Arcangelo Fonti e nuovamente reggente nel ruolo di direttore sanitario, come da ultima delibera della commissaria che veniva dal Nord. In sostanza, un “colletto bianco” di prima linea nel fantastico mondo della sanità cosentina (ovviamente anche lui tra gli indagati dell’ultima “infornata” di malaffare). Con il confine sempre più labile tra pubblico e privato. Perché non è davvero possibile che un dirigente medico dell’Asp di Cosenza possieda anche una struttura privata ma a Cosenza tutto è possibile. Anche che Antonio Scalzo, per gli amici Antonello, grazie al suo ruolo non solo di direttore sanitario ma anche di presidente della commissione per l’accreditamento istituzionale delle strutture private all’Asp di Cosenza, ha dato il via libera all’arruolamento di Villa San Pio, di proprietà di… sua moglie, Antonella Lorè, nei generosi ranghi delle galline dalle uova d’oro della sanità cosentina. Il classico caso-limite di controllore-controllato e che però è passato agli annali come acqua fresca, visto che questa storia di ordinaria “follia” va avanti da un decennio.

Siamo nel 2007. Villa San Pio Srl è stata costituita il 22 maggio 2007, iscritta alla Camera di Commercio il 14 giugno 2017, da Gianluigi Spina, cugino di Antonio Scalzo. Passa poco più di un anno e il 9 giugno 2008 Antonella Lorè, facendo da procuratore alla figlia, acquista, come da atto del notaio Camilleri, l’intera quota di partecipazione sociale da Giancarlo Spina, altro cugino di Scalzo.

Da gennaio 2006 ad aprile 2010 Antonio Scalzo è direttore sanitario dell’As4 di Cosenza, presidente del comitato etico-aziendale e presidente della commissione per l’accreditamento istituzionale delle strutture private (fino a gennaio 2008).

L’11 giugno 2008 Villa San Pio, dopo appena due giorni (!) dalla firma dell’atto notarile da parte di Antonella Lorè, ottiene l’autorizzazione regionale ovviamente grazie a Scalzo e dopo poco più di un anno, il 30 novembre 2009, l’As4 di Cosenza con delibera n. 5250, attesta l’esistenza dei requisiti per l’accreditamento. Che viene concesso con DPGR 1/2011. Il che significa rimborsi per centinaia di migliaia di euro, come tutti sanno. Un prodigio della scienza! Nel giro di due anni e mezzo Villa San Pio ha bruciato le tappe con tempi da record, considerata la burocrazia che ci ritroviamo, un prodigio di efficienza. E non c’è neanche nulla da commentare per quanto sono pacchiani e grossolani i motivi del conflitto di interessi, che si pone automaticamente al di sopra di ogni legge o comunque in grado di aggirarla senza che nessuno spiccichi una sola parola di protesta. Tutto regolare. Talmente regolare che Scalzo è già al lavoro per mettere a segno altri colpacci: uno a Laurignano e un altro nella zona di Gergeri.

ZIO MARIO – Zio Mario, all’anagrafe Emilio Santoro, ha avuto una funzione da cardine nell’inchiesta Genesi della Procura di Salerno in cui risulta indagato il presidente di sezione della Corte di Appello di Catanzaro Marco Petrini con il quale, come confermato da entrambi nel corso dei recenti interrogatori, avrebbe intrattenuto rapporti finalizzati a mazzette in cambio di sentenze clementi.
Il dottor Emilio Santoro era entrato a far parte degli uffici Asp di via Alimena a Cosenza nel 2018. All’epoca direttore generale era Raffaele Mauro del quale, da quanto trapela dagli ambienti dell’Azienda sanitaria provinciale cosentina, era diventato il braccio destro, ricevendo anche incarichi di una certa importanza. A lui tra l’altro viene anche affidato l’ufficio di Pietro Filippo, il dirigente condannato per truffa. Mauro, insieme a Santoro, in più occasioni avrebbe incontrato a Catanzaro il giudice Petrini.

Raffaele Mauro entra in un passaggio nell’ordinanza dell’inchiesta Genesi della procura di Salerno. Come già emerso dalle intercettazioni calabresi, il Santoro si era adoperato per l’esito positivo del ricorso del Tursi Prato per annullare la revoca del suo vitalizio da ex consigliere regionale. E precisamente, era emerso che la via percorsa dal Santoro per ottenere questo risultato era quella di avvicinare un amico “giudice” di Catanzaro, Marco Petrini appunto, che si sarebbe “adoperato” al fine di influenzare la decisione “emettenda” da parte del Collegio giudicante, nel senso sperato dal ricorrente. La circostanza che il Santoro avesse la conoscenza di un “giudice” presso la Corte d’Appello di Catanzaro era stata evidenziata dal Tursi Prato in occasione di un colloquio avuto con ADAMO NICOLA (ex vicepresidente della Regione Calabria) intrattenuto il 18.10.2017 presso l’abitazione di quest’ultimo.

Mario Santoro ha un paio di obiettivi da mettere a segno all’Asp di Cosenza: deve sbrogliare un mezzo casino che qualche “fratello” aveva combinato per le sale operatorie di Castrovillari ma soprattutto deve prendere in mano la situazione dei fondi per la spedalità privata ovvero per le cliniche. E quando si parla di cliniche private, è impossibile non pensare al gruppo iGreco, titolare di tre strutture e alla costante ricerca di denari da incassare, con relativi vantaggi per tutto il cucuzzaro. Si trattava, dunque, di continuare a mettere nero su bianco la pappatoia e Mario Santoro, cariatese come iGreco, doveva entrare nelle stanze dei bottoni. L’ineffabile Faccia di Plastica va a parlare, quindi, anche con il giudice Petrini ma già da tempo formava in pratica una coppia fissa con Mario Santoro e la circostanza non sarà certamente sfuggita agli inquirenti.

A ottobre 2018 qualcuno si accorge che a via Alimena ci sono le cimici e che è spuntato anche un “trojan”: di conseguenza, c’è da correre ai ripari immediatamente. E così Mario Santoro viene clamorosamente estromesso dal suo ufficio, vengono bonificate le stanze dei bottoni e si prende qualche mese di tempo, quello necessario per preparare la fuga facendo sparire tutte le carte possibili. Due anni fa di questi tempi, il 9 febbraio 2019, Raffaele Mauro dava le sue dimissioni. Dove saranno arrivati i magistrati ancora non lo sappiamo, ma di certo ci sono molte cose che vanno approfondite e tanti personaggi eccellenti che gravitano intorno a questi affari. E l’operazione del Gattopardo lascia seriamente pensare che qualcosa si stia muovendo perché altrimenti un magistrato corrotto, complice e connivente come lui non si sarebbe mai mosso. 

Fonte:https://www.iacchite.blog/cosenza-sanita-massoneria-e-magistratura-corrotta-il-vocabolario-della-cupola/