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Cos’è la Loggia Ungheria

Il Corriere della Sera, 4 Maggio 2021

Cos’è la Loggia Ungheria

I nomi nella «lista segreta», il racconto dell’avvocato inquisito Amara, e il rapporto tra l’ex magistrato di Mani Pulite Davigo con il pm Storari: i misteri dell’inchiesta

di Fiorenza Sarzanin

Esiste davvero una loggia massonica chiamata Ungheria oppure i verbali dell’avvocato Piero Amara sono un insieme di fatti veri, verosimili e falsi utili a consumare vendette oppure generare ricatti? È il nodo che dovrà sciogliere la procura di Perugia titolare dell’inchiesta avviata dopo le dichiarazioni dell’avvocato già condannato per corruzione in atti giudiziari e inquisito in numerose inchieste, compresa quella riguardante un depistaggio ai danni dell’Eni.

Ecco dunque che cosa è accaduto negli ultimi due anni, tutte le tappe di una vicenda che coinvolge il Consiglio superiore della magistratura e rischia di travolgere la magistratura, già minata dal caso Palamara.

II primo interrogatorio

Il 9 dicembre 2019 l’avvocato Piero Amara viene interrogato a Milano alla presenza del suo legale Savino Mondello. Per la prima volta, parla di una loggia «denominata Ungheria di cui faccio parte». Elenca nomi e circostanze, racconta incontri e colloqui. Con la giustizia — come accennato poco sopra — Amara ha numerosi conti aperti: le sue dichiarazioni devono essere prese con cautela. Due giorni dopo il pm Paolo Storari scrisse una mail al procuratore Francesco Greco «per evidenziare la necessità di effettuare iscrizioni per fare accertamenti». Amara continua a parlare, riempie altri verbali. Poi l’Italia va in lockdown e l’inchiesta rallenta.

La lista della loggia Ungheria

«Nella loggia Ungheria — racconta Amara — ci sono vertici delle forze dell’ordine, politici, magistrati, imprenditori, avvocati. Ho una lista di 40 nomi ma quella ufficiale l’ha portata all’estero Calafiore» — ovvero il suo socio, l’avvocato Giuseppe Calafiore. Amara parla di un favore fatto all’allora presidente Giuseppe Conte «quando ancora faceva l’avvocato». Fa altri nomi, ma non consegna la lista.

Gli indagati

Il 9 maggio 2020 la procura di Milano iscrive nel registro degli indagati lo stesso Amara, il suo socio, Calafiore, e il suo ex collaboratore Alessandro Ferraro. Durante l’estate vengono raccolte numerose testimonianze.

Davigo, Ermini e Salvi

Poco dopo aver parlato con Storari, e nonostante la procedura anomala descritta sopra, Davigo decide però di procedere, sia pur in maniera informale. Parla con il vicepresidente del Csm David Ermini e gli rivela di avere copia dei verbali. Ne informa — ma sempre con colloqui personali e senza formalizzare nulla — altri consiglieri del Csm: i togati Giuseppe Cascini e Giuseppe Marra, il laico Fulvio Gigliotti, forse altri. Poi va dal procuratore generale presso la Cassazione Giovanni Salvi. A lui dice che ci sono contrasti interni alla procura di Milano su un’inchiesta delicata che coinvolge Amara. Salvi nega che gli abbia mai parlato di verbali.

Salvi e il procuratore Greco

In una nota ufficiale, diramata domenica 2 maggio 2021, Salvi dichiara: «Informai immediatamente il Procuratore della Repubblica di Milano. In un colloquio avvenuto nei giorni successivi nel mio ufficio, il 16 giugno, il dottor Greco mi informò per grandi linee della situazione e delle iniziative assunte. Si convenne sulla opportunità di coordinamento con le Procure di Roma e Perugia. Il coordinamento fu avviato immediatamente e risultò proficuo».

Inchiesta a Perugia

Amara cita numerosi magistrati in servizio a Roma e in altre città. Si decide che la competenza sia della procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone che si occupa proprio dei giudici in servizio nella capitale. Il fascicolo viene trasferito dunque nel capoluogo umbro che convoca Amara per un nuovo interrogatorio.

 

La fuga di notizie

A ottobre 2020 Davigo va in pensione e lascia il Csm.

Qualche giorno dopo un giornalista del Fatto Quotidiano riceve un plico con una lettera anonima. Dentro ci sono le copie dei verbali di Amara e uno scritto che accusa i magistrati di Milano di non aver indagato. Il cronista presenta una denuncia a Milano.

Mentre vanno avanti gli accertamenti a Perugia, anche una giornalista di Repubblica riceve lo stesso plico. E anche lei decide di presentare una denuncia, si rivolge alla Procura di Roma.

I tabulati della segreteria

Le verifiche svolte dai magistrati romani sui tabulati telefonici della giornalista (che ha denunciato di essere stata contatta da una donna che le preannunciava l’invio del dossier), consentono di individuare Marcella Contrafatto, dipendente del Csm. Si scopre che è la segretaria di Davigo. Un altro plico sempre anonimo viene inviato al consigliere del Csm Nino Di Matteo.

Poiché si tratta di un pubblico ufficiale per Contrafatto scatta l’accusa di calunnia nei confronti dei magistrati milanesi accusati di non voler indagare.

La confessione di Storari

I magistrati romani informano i colleghi milanesi. A quel punto Storari informa Greco di essere stato lui a consegnare i verbali a Davigo.

La segretaria viene perquisita e quando le viene chiesto chi le abbia dato i verbali decide di non rispondere ai pubblici ministeri.

La procura di Roma avvia verifiche sull’operato di Storari e sui rapporti con Davigo che sarà interrogato nei prossimi giorni. A lui si chiederà di spiegare dove ha custodito i verbali e come sia possibile che sono finiti nella mani della sua segretaria.

I procedimenti disciplinari

La ministra della Giustizia Marta Cartabia e il procuratore Salvi hanno avuto un colloquio e Salvi ha confermato che si sta valutando l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del pubblico ministero Storari. Stessa valutazione dovrà farla anche il Csm.