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Corruzione e mafia.La corruzione,l’arma della mafia oggi. I più continuano a guardare la mafia con la vecchia logica e la vecchia ottica rappresentandola con quelli che sparano ,che compiono attentati o violenze.Oggi la mafia é altra cosa,sempre ed ancor più organizzazione criminale,ma che al posto della pistola usa il denaro per comprare la gente.Quando noi dell’Associazione Caponnetto diciamo che,come la mafia é “altro” rispetto a quella di ieri,anche l’antimafia deve essere “altro”.Altrimenti é tutto bla bla,slogan.fuffa.

La corruzione è la nuova arma delle mafie

Roberto Scarpinato, il magistrato del pool antimafia, a Ferrara per spiegare le connessioni fra mafie poteri politici ed economici

unnamed (3)di Federica Pezzoli

La forza delle mafie non sta più solo nelle pistole e nella violenza, “il crimine prospera sui vizi dell’uomo comune” e le organizzazioni “sono diventate agenzie” che rispondono a una domanda di “beni e servizi illegali”.

Così il magistrato palermitano Roberto Scarpinato ha sintetizzato il panorama odierno della criminalità organizzata lunedì pomeriggio nell’ultimo incontro pubblico della Festa della legalità e della responsabilità 2016, tenutosi nella Sala Consiliare del Dipartimento di Giurisprudenza di Unife in via Ercole I d’Este: “La criminalità economica e le sue connessioni con i network politico-mafiosi”.

E lui se ne intende: procuratore generale presso la Corte d’Appello di Palermo, già nel pool antimafia insieme a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, responsabile dei principali processi di mafia di questi anni, ha condotto indagini sulla cosiddetta ‘trattativa’ tra lo Stato e Cosa Nostra e attualmente dirige il Dipa rtimento mafia-economia, grazie al quale sono stati eseguiti “in Italia e all’estero sequestri di beni per tre miliardi e 500 milioni di euro”. A presentarlo è stata la professoressa Orsetta Giolo, dopo il benvenuto al pubblico della collega Stefania Cardinale, entrambe docenti del laboratorio interdisciplinare di studi sulla mafia e le altre forme di criminalità organizzata (MaCrO) dell’Università di Ferrara.

Secondo Scarpinato, il principale errore “diffuso nell’opinione pubblica e nelle istituzioni” è “guardare la criminalità mafiosa con gli stessi occhi e apparati concettuali con cui si guardava alla mafia della Prima Repubblica”. Sono cambiati gli equilibri macro-economici e macro-politici e questi cambiamenti non hanno avuto effetti solo nella società civile legale. Nell’universo dell’illegalità c’è stata quella che il giudice ha definito “una selezione della specie”: le mafie tradizionalmente intese sono ormai superate e si sono fatte strada “nuove mafie che cavalcano la cultura del libero mercato” e che agiscono attraverso “un rapporto collusivo con la società civile”. Questo processo ha portato alla “compenetrazione in forma stabile” di élite criminali e “colletti bianchi che sono dediti alla corruzione”. Dunque per Scarpinato esisterebbero tre livelli di organizzazione: la mafia tradizionale, la “mafia mercatista” e i “sistemi criminali integrati”, fra i quali la “massomafia”.

unnamed (2)Quella che lui definisce “mercatista” è la mafia che opera nel Centro Nord, ma non solo: sono le organizzazioni passate dalla “sottrazione delle risorse al sistema produttivo” all’offerta di servizi e beni illegali, dalla droga alla prostituzione al gioco d’azzardo, la cui domanda è “esplosa dopo la globalizzazione e la crescita di reddito in paesi emergenti, come la Russia, la Cina e l’India”. Non solo, le organizzazioni “si sono riconvertite in agenzie” per imprenditori che “vogliono abbattere i costi di produzione e massimizzare i profitti” e si rivolgono a loro per lo sversamento di rifiuti tossici, finanziamenti illeciti o esazione di crediti insoluti. E quello che è peggio è che il cambiamento del modus operandi delle organizzazioni mafiose “sta cambiando il rapporto con le popolazioni”, ha sottolineato Scarpinato: la violenza e l’intimidazione scatenavano la reazione, oggi invece le mafie sono “silenti” e instaurano “rapporti di tipo collusivo” sulla base di “interessi personali”, perciò la società civile è meno propensa a reagire.

Il nocciolo del problema è dunque la corruzione: “strumento alternativo alla violenza e più valido” sia perché “la persona corrotta è complice interessato al silenzio e all’omertà”, ma soprattutto perché “negli ultimi vent’anni la legislazione ha ridotto fortemente il rischio e il costo penale della corruzione”, ha affermato il giudice palermitano. La sua opinione in proposito non è ottimista: “ce la dovremo tenere ancora per molti anni”.

La corruzione è anche alla base di quelli che il magistrato ha più volte definito “sistemi criminali integrati” o “associazioni criminali miste”, formati da soggetti appartenenti a mondi diversi: “colletti bianchi delle mafie, politici, pubblici amministratori, imprenditori”. Queste nuove formazioni, ha spiegato Scarpinato, “si occupano di affari complessi che richiedono competenze e risorse complesse” e il loro scopo è “colonizzare interi comparti delle istituzioni e dell’economia”. Il magistrato ha dunque concluso che è in atto “un processo di oligarchizzazione del potere”, con “la creazione di strutture supersegrete” che operano ben al di sopra e senza rendere conto alla bassa manovalanza delle organizzazioni mafiose.

È dunque evidente che per contrastare queste trasformazioni occorre “un approccio interculturale che miri a cogliere le connessioni macrosistemiche” fra cambiamenti politici ed economici ed evoluzioni criminali. Di nuovo però Scarpinato non sembra essere ottimista: “mentre la cultura giuridica si interroga sugli strumenti, questi sistemi hanno preso il volo e di molto”.

“La battaglia è globale, multilivello e si combatte su tutti i fronti. Uno di questi è permettere ai popoli di riappropriarsi del potere di decidere”. E a questo proposito il magistrato non si è fatto sfuggire l’occasione per un commento sulla riforma costituzionale per la quale non sembra avere molta simpatia. Secondo Scarpinato non si può dire che si modifica solo la seconda parte della Costituzione senza toccare la prima: “prendete per esempio l’articolo 1, i cittadini esercitano la propria sovranità eleggendo i propri rappresentanti, ma con la riforma i cittadini non eleggeranno più il Senato, ecco allora che la modifica della seconda parte del testo costituzionale influenza l’esercizio di un diritto politico sancito nella prima”.