Con il subappalto libero e le nuove deroghe al codice degli appalti le mafie festeggiano
Vincenzo Musacchio 24 Maggio 2021
Con il nuovo DL Semplificazioni scompare il limite massimo di subappalto del 40 per cento. Le mafie fanno festa. Il sistema che adotteranno sarà quello di sempre. I “picciotti” ripuliranno gran parte del loro denaro sporco legato agli appalti pubblici proprio con il ricorso al subappalto. Questo accadrà perché gli enti locali affideranno gli appalti senza dovere motivare la scelta e senza gara tra imprese. Le deroghe al codice degli appalti previste nel decreto del 16 luglio 2020 sono prorogate di cinque anni ma con una modifica alle soglie per i contratti senza gara. E’ quanto si legge in una bozza del DL Semplificazioni. La soglia per i contratti senza gara di servizi e forniture sale così da 75 mila euro a 139 mila euro mentre l’affidamento dei lavori sarà sottoposto a procedura negoziata senza bando per i contratti di importo compreso tra i 150 mila euro e un milione di euro. Per gli appalti per le opere “di importo pari o superiore a un milione di euro” saranno consultati “almeno dieci operatori”. Giovanni Falcone, in primis, ci ha insegnato come gli appalti ad affidamento diretto e soprattutto i subappalti siano stati e sono la grande mangiatoia di clan mafiosi e faccendieri: una realtà dimostrata da centinaia d’inchieste giudiziarie (ai tempi di Falcone ricordiamo il “sacco di Palermo”) anche nelle ultime settimane. Indagini che evidenziano come questi lavori spesso siano affidati, proprio utilizzando il subappalto, agli amici degli amici, senza garanzie né di qualità, né di legalità: si tratta del settore preferito dalle cosche imprenditrici, che in tutta Italia manovrano ditte e conquistano cantieri, gestiscono il lavoro nero, alternando tangenti a intimidazioni. Se non ci saranno i dovuti contrappesi in materia di controlli e di monitoraggi, queste nuove regole favoriranno le organizzazioni mafiose da sempre operanti nel mondo delle opere pubbliche. Le infiltrazioni mafiose presenti negli appalti pubblici, ormai sono un dato di fatto inconfutabile. La presenza di numerose stazioni appaltanti, la parcellizzazione dei contratti e il ricorso totale al subappalto, rendono difficile e qualche volta quasi impossibile, un controllo efficace anche da parte della magistratura e delle forze dell’ordine. Torna il cosiddetto “appalto integrato”, in cui progettazione ed esecuzione dei lavori possono essere oggetto della stessa gara e quindi affidati allo stesso aggiudicatario. Per le opere del Recovery è, infatti, abrogato il divieto di affidamento congiunto previsto dal codice degli appalti. “L’aggiudicazione – si legge inoltre – può avvenire sulla base del criterio del prezzo più basso”. E’ evidente che questa modifica normativa che regola il sistema degli appalti pubblici ha delle lacune lampanti. Le organizzazioni mafiose da molti anni hanno deciso di puntare su attività legali per riciclare gli enormi capitali guadagnati illecitamente. Oltretutto, utilizzando materiali scadenti o depotenziati, la “mafia imprenditrice” continua a mantenere assicurato il lavoro di manutenzione delle opere costruite. Alla luce di questi fatti si può ben comprendere perché questa scelta normativa se approvata senza i dovuti contrappesi sarà un disastro. Molti ancora non comprendono che in tal modo le mafie diventano un’insidia per la libera economia perché riescono a convertire i loro guadagni criminali in soldi puliti in maniera più facile. A tal proposito, occorre tener presente che la “mafia imprenditrice” riesce ad accaparrarsi molti degli appalti, su tutto il territorio nazionale, con il sistema senza gara con soglia 150 mila euro il suo lavoro sarà facilitato. In questo modo, creerà un sistema, un consenso nelle regioni di provenienza e un controllo del territorio nelle altre. Molti amministratori sono convinti che in questo modo si facciano risparmiare i cittadini, dimenticandosi però altre questioni importanti. Così facendo si rafforzano le associazioni mafiose, con conseguenze non indifferenti: gli imprenditori onesti non potranno mai competere con le imprese mafiose, quindi, molti di questi saranno costretti a chiudere; nei cantieri dove lavorano le “imprese infiltrate”, non si rispettano le norme della sicurezza nei luoghi di lavoro e sono utilizzati materiali scadenti e quindi le costruzioni sono a rischio crollo. La presenza abnorme d’imprese, il numero di appalti inferiori a 150 mila euro, la parcellizzazione dei contratti e il ricorso scontato al subappalto, renderà ancor più difficile se non impossibile, un controllo efficace negli appalti pubblici da parte delle autorità competenti (es. Anac). E’ necessario tener presente che, come solitamente avviene nel nostro Paese, si correrà ai ripari quando sarà troppo tardi poiché come abbiamo costatato più volte le mafie, hanno messo il loro “zampino” in questi affari da molti anni.