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Complotto Eni: ecco com’è nato il “piano Odessa”

Il Fatto Quotidiano, martedì 16 aprile 2019

Complotto Eni: ecco com’è nato il “piano Odessa”

SAUL CAIA

C’ era un piano, studiato in ogni particolare, per indebolire l’inchiesta della Procura di Milano sul caso della presunta corruzione internazionale da 1,2 miliardi per il giacimento nigeriano Opl245 e spingere alle dimissioni Luca Zingales e Karina Litvack dal consiglio d’amministrazione Eni. Il piano aveva un nome in codice: “Odessa”, come l’operazio – ne che permise la fuga dei gerarchi fascisti verso l’America Latina al termine della seconda guerra mondiale. A raccontarlo è uno dei principali artefici, l’ex legale dell’Eni Piero Amara, che ha già patteggiato una pena di tre anni per corruzione in atti giudiziari. L’avvocato è al centro delle inchieste congiunte delle Procure di Roma e Messina sulla compravendita di sentenze e la corruzione di magistrati per indirizzare processi nei tribunali ordinari e amministrativi, fino al Consiglio di Stato.

NEL CORSO DELLA PUNTATA di Report (L’Amara giustizia), andata in onda ieri sera su Rai3, Amara parla degli incontri segreti che dice di aver avuto con Claudio Granata, alto dirigente dell’Eni, responsabile delle relazioni istituzionali del gruppo petrolifero e braccio destro d el l ’amministratore delegato Claudio Descalzi. “Quando c’era un’esigenza, Granata mi telefonava e ci incontravamo”. Gli appuntamenti avvenivano in centro a Roma, in piazza Campitelli 10. Un appartamento “s ch er mat o”, “dove i cellulari non prendevano”. Una sede utilizzata dai vertici Eni per incontri riservati. Lì si sarebbero dati appuntamento anche Paolo Scaroni, all’epoca ad del gruppo petrolifero fino al 2014 e imputato a Milano per corruzione internazionale, e il potente l’uomo d’affari Luigi Bisignani: lo ha riferito Angela Fusco, l’ex segretaria personale di Scaroni, sentita come testimone alcune settimane fa nello stesso processo milanese. “C’era un profilo di rapporti istituzionali, tra virgolette puliti, che venivano seguiti in modo istituzionale –racconta Amara a Luca Chianca di Report –, poi c’era un profilo su un canale diciamo non istituzionale, e il canale non istituzionale ero io”. Un esempio? “Non è istituzionale cercare di capire Armanna cosa sta facendo – precisa Amara –, si cercava di capire in che modo fermare questo A r ma n n a”. Vincenzo Armanna, ex manager Eni, stava accusando Scaroni e Descalzi nell’inchiesta condotta da Fabio De Pasquale sulla maxi tangente, di circa un miliardo di euro, che il colosso dell’energia avrebbe versato tra il 2011 e 2012 per l’operazione di acquisizione del campo petrolifero Opl245 in Nigeria. Armanna, imputato nello stesso processo, incontra diverse volte il legale Amara. “L’abbiamo registrato durante tutte le conversazioni – racconta Amara – perché ritenevamo di potergli chiedere informazioni che potevano poi essere utili per la vicenda Opl 245”.

L’AVVOCATO AMARA t r as f o rm a le registrazioni in esposti anonimi da inviare alla Procura di Trani. L’obiettivo è quello di far aprire un fascicolo su un possibile complotto internazionale ai danni di Descalzi, in modo da poter sviare l’inchiesta milanese sulla presunta tangente, e spingere alle dimissioni Zingales e Litvack. Nonostante i tre esposti anonimi, l’indagine di Trani non ottiene gli sviluppi sperati, e Amara decide di usare una seconda strada. Con la compiacenza dell’im – prenditore Alessandro Ferraro, del collega Giuseppe Calafiore (ha patteggiato 2 anni e 6 mesi), e versando somme di denaro al magistrato Giancarlo Longo (ha patteggiato a 5 anni), prende vita a Siracusa una seconda indagine sul “complotto Descalzi”, che in seguito acquisisce i fascicoli di Trani. A chi serviva quella manovra? “A me principalmente e ad un’al – tra persona in particolare”, risponde Amara a Report. Tutti gli atti stati trasferiti a Milano, nell’indagine per depistaggio, oltre ad Amara, Ferraro e Gaboardi, è stato iscritto anche Massimo Mantovani, ex capo dell’ufficio legale Eni. L’azienda nega che Granata abbia “mai incontrato Amara per tali finalità”, e “non è mai stato in alcun modo al corrente di eventuali rapporti tra Armanna e Amara”. La sede è stata “presa in affitto nel 2009 e utilizzata fino a novembre dello scorso anno”, e usata “dal management Eni” per “vicinanza alle sedi istituzionali e rappresentava una soluzione più comoda dal punto di vista logistico rispetto alla sede dell’Eur”.