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Commissione antimafia rilancia: “Infiltrazioni al Nord”. Minniti: “Clan possono condizionare il voto”.E SOLO POCHI NE PARLANO ! CHE VERGOGNA !!!!!

La Repubblica, 21 febbraio 2018

Commissione antimafia rilancia: “Infiltrazioni al Nord”. Minniti: “Clan possono condizionare il voto”

La relazione finale dell’organismo parlamentare presieduto da Rosy Bindi: “Dopo la morte di Riina le cosche si stanno riorganizzando e ora sono più libere”. Il ministro dell’Interno: “In campagna elettorale troppo silenzio sulle cosche”

di SALVO PALAZZOLO

“In questa campagna elettorale, c’è troppo silenzio sulle mafie”. Alla presentazione della relazione finale della commissione parlamentare antimafia, al Senato, il ministro dell’Interno Marco Minniti invita a una maggiore attenzione sulle infltrazioni dei clan. “Siamo nel pieno della competizione elettorale, dire questo non appaia irrituale, è cogente: nel momento in cui c’è il rischio concreto che le mafie possano condizionare il voto libero degli elettori – una minaccia alla cosa più importante in una democrazia, la libertà di voto – non ci può essere silenzio in campagna elettorale; vedo troppo silenzio su questi temi. Le mafie sono in grado di condizionare istituzioni e politica”.

Nonostante i colpi inferti da magistratura e forze dell’ordine, le mafie mostrano ancora una grande capacità di riorganizzazione. E i problemi sono anche nei capisaldi dell’antimafia. Il carcere duro, ad esempio. Sono 730 i mafiosi rinchiusi al 41 bis, ma la maggiore parte, “circa 640, sono ospitati in strutture penitenziarie che non rispondono ai requisiti di legge”. La relazione finale della commissione antimafia lancia un allarme. Ci sarebbero pesanti falle nel sistema del 41 bis, solo il nuovo penitenziario di Sassari (che ospita 90 detenuti) “è idoneo ad ostacolare le comunicazioni interne tra detenuti”; in tutti gli altri, “è di fatto possibile la comunicazione tra soggetti di eterogenei gruppi di socialità”. La commissione presieduta da Rosy Bindi ha fatto un certosino monitoraggio del sistema 41 bis, ed è emersa “una grave catena di ritardi – così è scritto nella relazione – non solo per completare le costruzioni in corso, ma anche per adeguare le vecchie strutture”. E si denuncia il caso del penitenziario di Cagliari: “Ancora lungi dall’essere completato (…) si presenta pressoché abbandonato e in via di deterioramento ancor prima della sua definizione”.

La relazione della commissione è la fotografia più aggiornata sulla situazione delle mafie in Italia. Situazione preoccupante nelle regioni del Nord. L’Antimafia parla di “un movimento profondo e uniforme, con una particolare intensità in Lombardia”, e anche di una “presenza pervasiva dei clan nel tessuto produttivo delle aree più dinamiche e ricche del Paese”. Un allarme che tante volte magistrati ed esponenti della società civile hanno ribadito, ma non è stato mai colto a pieno. La commissione antimafia denuncia che l’espansione delle mafie al Nord è stata favorita “fino a tempi recenti da diffusi atteggiamenti di sottovalutazione e rimozione”. I commissari ricordano “i preoccupati episodi di corruttibilità in seno alla pubblica amministrazione e alla politica, emersi dalle indagini”.

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Le mafie e gli affari

“Cosa nostra mostra una straordinaria capacità di rigenerazione”, scrive l’Antimafia. La morte di Totò Riina non ha indebolito l’organizzazione, “costituisce paradossalmente un ulteriore elemento di forza, i clan sono infatti liberi di ridarsi un organismo decisionale centrale e quindi una strategia comune”.

L’ndrangheta, “a lungo sottovalutata, è oggi l’organizzazione criminale più ricca, agguerrita e potente” anche a livello transnazionale, “in quanto leader mondiale del traffico di stupefacenti”. E’ presente “in tutte le regioni del Paese”, ha capacità di “condizionare l’economia locale grazie non solo al ricorso alla violenza e all’intimidazione, ma soprattutto alla convergenza di interessi con imprenditori senza scrupoli e alla rete di complicità con il mondo delle professioni e della politica locale”.

La Camorra viene definita “forte e dinamica”, caratterizzata da uno “stretto rapporto con la politica e le istituzioni di alcune aree”. Un capitolo della relazione è dedicato alle mafie pugliesi, in particolare alle cosche foggiane e garganiche, “in questa fase rappresentano per la loro ferocia l’elemento di maggiore pericolosità”. Le mafie italiane continuano a prediligere il traffico dei rifiuti, gli investimenti nella sanità, ma anche le truffe sui finanziamenti pubblici, il contrabbando di gasolio e le scommesse illegali.

a commissione richiama l’attenzione anche su “Mafia Capitale”: “E’ necessario riconoscere – scrive – pure le forme originali di nuove mafie, che esprimono ugualmente la capacità di intimidazione e di assoggettamento di spazi economici, di ambiti sociali, di infiltrazione nella pubblica amministrazione”. 

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Le stragi del 1992-1993

Non solo il presente, anche il passato delle stragi di mafia, che continua a pesare. “Le troppe domande ancora aperte difficilmente potranno essere soddisfatte da nuove indagini”. Per la commissione antimafia, “la sede naturale in cui cercare la verità storica complessiva sulle stragi è quella politica” e si invita il nuovo Parlamento a proseguire nella ricerca. Anche perché l’Antimafia dubita che “le conclusioni del processo Trattativa Stato-mafia, qualunque saranno, potranno rispondere alle domande”.

Alcuni interrogativi importanti li aveva posti Fiammetta Borsellino davanti alla commissione antimafia, a proposito del depistaggio istituzionale che ha sviato per molti anni la ricerca della verità. La relazione finale, però, non entra nello specifico della spinosa questione del depistaggio attorno alle indagini sulla strage Borsellino. Restano gli interrogativi di Fiammetta, ancora senza risposta, su magistrati e investigatori: “Venticinque anni buttati, a costruire falsi pentiti con lusinghe e con torture”.

Un contributo più dettagliato sul tema delle bombe del 1992-1993 è arrivato da uno dei componenti della commissione, il senatore del Pd Giuseppe Lumia, che nel suo intervento finale ha indicato una decina di tracce su cui sarebbe necessario proseguire le indagini, per cercare di dare un volto ad esempio al misterioso artificiere che caricò di esplosivo la 126 utilizzata per l’eccidio Borsellino.

Passato e presente delle mafie in Italia. I segreti degli anni Novanta sono ancora la forza del superlatitante Matteo Messina Denaro, imprendibile dal 1993.