Come la ‘ndrangheta è arrivata in Lussemburgo
Una rete di giovani imprenditori del sidernese legati a doppio filo alla ‘ndrangheta si è stabilita nel sud del Granducato. Apre locali appoggiandosi a famiglie italiane emigrate che rischiano di finire nel mirino delle cosche
11 Febbraio 2021
Quando lo hanno arrestato il 9 agosto del 2019 in un bistrot nel cuore di Differdange, nel sud-ovest del Lussemburgo, Santo Rumbo deve essere rimasto sorpreso. Giovane promessa della ‘ndrangheta, il trentaduenne originario di Siderno si comportava come un piccolo ristoratore qualsiasi, mantenendo un basso profilo. Non sembrava immaginare che la polizia lo avrebbe arrestato proprio nel Granducato. Lì, credeva di passare inosservato – protetto dalla massiccia presenza di emigrati italiani e dalla discrezione tipica del Lussemburgo.
Ma si sbagliava. La Squadra mobile di Reggio Calabria, coordinata dal Servizio centrale operativo e dalla Direzione distrettuale antimafia, non lo perdeva d’occhio da quando, rientrato dal Canada in Calabria si era poi stabilito in Lussemburgo.
«Sapevamo che stesse vivendo in Lussemburgo grazie ad una serie di prove diverse – ha spiegato a IrpiMedia un inquirente che ha guidato l’operazione “Canadian Connection 2” contro la ‘ndrangheta di Siderno in Canada. «Alcuni indagati che stavamo intercettando ne parlavano, svelando che era in Lussemburgo, ma non abbiamo mai avuto occasione di indagare cosa stesse facendo lì».
«Stavamo analizzando la struttura canadese del Siderno Group of Crime – spiega un’altra fonte investigativa -, ed è in quel contesto che è emerso Rumbo, non solo in quanto figlio di Riccardo Rumbo (oggi al 41-bis) ma come giovane boss, con una dote molto alta nella gerarchia mafiosa».
Infatti, come emerge da un’intercettazione, in Canada Santo Rumbo sarebbe stato investito di una dote appena sopra a quella del “Vangelo”, quindi la dote del “Trequartino”, al di sopra della quale ci sono solo altre due doti, il “Quartino” e “Padrino”.
Se confermata, questa informazione significherebbe che Santo Rumbo, nonostante la giovane età, siederebbe tra le più alte sfere del potere ‘ndranghetista, lo stesso gruppo di persone che governano la “Provincia”, ovvero l’istituzione che guida l’intera ‘ndrangheta. Il processo è appena iniziato. Santo Rumbo, assieme ad altri 19 imputati, ha ottenuto il giudizio abbreviato. Per il momento, fa sapere il suo legale, Giuseppe Calderazzo del foro di Locri, non è detenuto in carcere poiché «il Tribunale della libertà di Reggio Calabria ha annullato l’ordine di carcerazione per mancanza di indizi di colpevolezza».
Dall’indagine “Canadian Connection” emerge però come Santo Rumbo sia percepito dalla ‘ndrangheta di Siderno, incluso il gruppo canadese, come espressione del padre Riccardo – condannato in via definitiva per mafia – e rappresentante quindi della ‘ndrina Rumbo-Galea-Figliomeni.
Rumbo si era già dimostrato un’abile spalla per il padre in passato, quando aveva gestito un’attività illecita di prestiti finanziari a Siderno. Assolto dall’accusa di mafia, è però stato condannato per attività creditizia illecita nel 2016.
È per la sua intraprendenza, che gli inquirenti ritengono preoccupante il suo stabilirsi in Lussemburgo, uno dei “buchi neri” della finanza mondiale. «Come cittadino europeo – risponde il legale di Rumbo – ha il diritto di stabilire la propria residenza in qualunque paese della comunità senza avere necessità di ragioni specifiche. In realtà – conclude Calderazzo – ha scelto il Lussemburgo per allontanarsi dalla terra che tanta sofferenza e problemi gli ha arrecato in ragione di quelli che fin qui si sono dimostrati tutti pregiudizi infondati».
La ‘ndrangheta in Lussemburgo
Quando si tratta di allertare le controparti straniere rispetto alla minaccia posta dalla silenziosa infiltrazione della ‘ndrangheta, le procure calabresi sostengono di trovarsi spesso in difficoltà, specialmente con Paesi che da un lato non conoscono il danno sociale della criminalità organizzata, e da un’altra hanno una tradizione di forte protezione del capitale privato, come l’intera zona del Benelux.
«La ‘ndrangheta – spiega il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo – guarda al Lussemburgo con interesse per investire e riciclare capitali proprio per la presenza, in quello Stato, di sistemi finanziari e “casseforti” discrete molto appetibili per chi ha necessità di occultare provviste illecite e fondi neri».
«In Lussemburgo – conclude Lombardo – è stata riscontrata l’operatività di soggetti di ‘ndrangheta non catalogabili in modo agevole, proprio per la presenza di rapporti molto risalenti nel tempo. In altre occasioni sono emersi riferimenti a persone legate da vincoli di parentela con soggetti che avevano operato in quei territori in periodi in cui l’attenzione investigativa non era particolarmente alta, soprattutto in tema di analisi dei flussi finanziari, o non era stata ancora avviata l’azione investigativa orientata a ricostruire tutte le proiezioni estere della ‘ndrangheta».
La migrazione di cittadini calabresi in Lussemburgo è iniziata infatti già nel diciannovesimo secolo, quando la zona sud-ovest chiamata Minett – e in particolare la città di Differdange – divenne un polo fondamentale per l’industria dell’acciaio. Come molti altri Paesi nel boom dell’industrializzazione, Germania, Stati Uniti, Canada, Australia, anche il Lussemburgo ha attratto una massiccia migrazione di lavoratori dalle zone più rurali del Sud Italia.
Federico Varese, professore di criminologia all’università di Oxford, spiega come la ‘ndrangheta si muova seguendo una migrazione a catena, lasciando che prima si instaurino in un luogo un numero di membri della famiglia, per poi farli raggiungere da altri. Questo, secondo Varese, è una delle chiavi del successo per questa mafia. «La ‘ndrangheta – spiega Varese – riesce a essere molto più presente a livello internazionale rispetto alle altre mafie italiane anche grazie al fatto che tra loro gli affiliati sono tutti parenti».
«Il Lussemburgo non è tipicamente al centro di indagini antimafia, ma da indagini sui Paesi confinanti (Germania, Belgio e Olanda) emerge come territorio di transito sia per gli individui mafiosi in sé, sia per le loro attività e soldi», spiega a IrpiMedia Anna Sergi, professoressa e ricercatrice all’università di Essex e una dei maggiori esperti del fenomeno di internazionalizzazione della ‘ndrangheta.
L’alleanza tra Mammola e Siderno nel Minett
L’analisi della rete di persone che circondano Santo Rumbo in Minett sembra confermare l’importanza del Lussemburgo non solo come paese di transito, ma come vera e propria base per gli affari della ‘ndrangheta moderna – non certo quella coppola e lupara dei sequestri, ma quella in giacca e cravatta che parla francese e inglese fluentemente. Capace di sedersi tanto al tavolo delle trattative per i container di cocaina a Rotterdam, quanto al cospetto di una rispettabile istituzione bancaria o presente agli eventi delle ambasciate. Una ‘ndrangheta camaleontica, invisibile, strategicamente posizionata sulla triplice frontiera tra Belgio, Francia e Lussemburgo.
È infatti dalle cittadine di Differdange e Niederkorn che la ‘ndrangheta di Siderno può gestire indisturbata le sue operazioni nel cuore d’Europa, appoggiandosi ai primi arrivati fra i loro alleati in Lussemburgo, i clan di Mammola.
«Storicamente – spiega Sergi – mentre il Siderno Group of Crime stava sfruttando le opportunità date dalla loro presenza in Canada e in Australia, i clan di Mammola avevano le entrature giuste per colonizzare il Benelux grazie a relazioni personali e familiari già presenti nell’area.
E, come hanno svelato indagini come la nota “Crimine”, i clan di Mammola sono sempre stati parte della ‘ndrangheta di Siderno, dalle cui gerarchie hanno preso ordini e direzioni.
Analizzando i beneficiari effettivi delle società lussemburghesi, il progetto #OpenLux ha notato come una fetta di queste siano state aperte da persone del sidernese, principalmente da una rete di giovani imprenditori di Mammola – un paese di 2mila abitanti arroccato ai piedi dell’Aspromonte con lo sguardo al Mar Jonio.
Giovani imprenditori
Tra questi, spicca un gruppo di venticinquenni che hanno registrato due aziende di ristorazione poi passate nelle mani di due figli di boss, uno di Mammola e uno di Siderno. Nel caso di Rumbo, l’azienda in questione si chiama I Bronzi Sarl, aperta da due fratelli mammolesi nel 2014 con 12.500 euro di capitale sociale.
La prima attività de I Bronzi è una yogurteria, Happy Yogo, nel centro storico di Differdange. Una vetrina su una delle vie principali, tra storici palazzi nel tipico stile architettonico di quelle zone, tra mattoni rossi e cornicioni grigi a disegnarne le ombre. Ma la yogurteria ha avuto vita breve e l’azienda è stata dichiarata “dormiente”, cioè senza nessun movimento finanziario, nel 2015. Poi, a gennaio 2019 è stata rilevata da un giovane sidernese che ha nominato Santo Rumbo e un venticinquenne di Siderno amministratori.
A marzo 2019 i tre hanno inaugurato la nuova gestione di un bar sport a quattro minuti di auto dal centro, il Diff K’Fé Bar, trasferendoci anche la sede sociale de I Bronzi.
I bilanci depositati da quest’ultima danno solo informazioni sullo stato patrimoniale della società, evitando per altro di spiegare la ragione delle perdite (88.000 euro nel 2019), e non danno un quadro del conto economico. Il Lussemburgo infatti, come accade in generale nei regimi forfettari, non richiede che un’azienda di questa taglia dichiari i profitti o si sottoponga ad un auditing regolare. Non vi è, in breve, l’obbligo di avere un professionista che controlli i bilanci.
È quindi impossibile sapere quanti soldi ha realmente gestito l’azienda in questi anni. Stando alle dichiarazioni però, dal 2015 l’azienda è “dormiente” e il flusso economico si è completamente fermato nel 2017 e nel 2018, per ripartire nel 2019. Anno in cui Santo Rumbo ne ha preso le redini come amministratore per gestire il Diff K’Fé Bar. OpenLux ha chiesto lumi all’avvocato di Santo Rumbo in merito: «Rumbo – spiega il legale – è un mero dipendente e pertanto non aveva nè titolo nè ragioni di compartecipazione alle vicende economiche dell’azienda». Strano che un amministratore di un’azienda non abbia idea delle vicende economiche che la riguardano.
Una gestione ancora più anomala si incontra nel caso di un’altra azienda, la SAA Sarl, aperta dall’ex amministratore e proprietario mammolese dei I Bronzi con 1.000 euro di capitale sociale. Registrata nel giugno del 2019 la SAA avvia un ristorante il “Romeo & Giulietta” posizionato proprio alle spalle della ex yogurteria de I Bronzi. L’attività ha però vita breve e ad agosto 2020 abbassa le serrande.
Balletti societari
Ma la gestione a lungo termine di queste attività di ristorazione non sembra essere l’obiettivo principale di questi imprenditori. Infatti come nel caso de I Bronzi, anche stavolta il giovane mammolese apre la società (questa volta con altri tre coetanei) SAA SARL-S, proprietaria appunto del ristorante “Romeo & Giulietta”, per uscirne solo dieci mesi dopo. Resta come unico socio e amministratore un altro soggetto cresciuto in un contesto di ‘ndrangheta: Salvatore Scali.
Salvatore è figlio di Rodolfo Scali, ritenuto capo locale di Mammola e per questo condannato nel processo scaturito dall’inchiesta Crimine del 2010. Secondo l’indagine Minotauro della Dda di Torino, Rodolfo Scali non solo è il capo-locale di Mammola ma anche responsabile per l’assegnazione delle doti nella locale (cellula strutturata di ‘ndrangheta) di Cuorgnè, in Piemonte. Scali, in libertà dal 2016, è stato tratteggiato nell’inchiesta Crimine come un boss di peso, uno dei pochi in cui aveva fiducia Giuseppe Commisso alias U Mastru, capo dell’omonima ‘ndrina di Siderno e dell’intera Provincia all’epoca. Diverse fonti di polizia concordano sul fatto che Rodolfo Scali continui ad essere il capo locale a Mammola, e che risponda alla ‘ndrangheta di Siderno.
Nell’ambito di recenti indagini antidroga, gli inquirenti hanno notato diversi viaggi che Rodolfo Scali e suo figlio Salvatore avrebbero fatto dalla Calabria a Charleroi, città del Belgio vicino a Bruxelles, e dove avrebbero incontrato due fratelli di Mammola da tempo espatriati e titolari di attività di commercializzazione e import-export di cibo italiano. Sarebbero lo stesso nucleo che nel 2005 avrebbe facilitato in quella zona la latitanza dei due omonimi cugini Bruno Giorgi, di San Luca, ricercati per narcotraffico internazionale, i quali lavoravano con un altro trafficante arrestato in Belgio, Sebastiano Signati.
Mentre Scali jr non è mai stato indagato per mafia, gli inquirenti non ritengono sorprendente la sua presenza in Lussemburgo, in un circuito di persone appartenenti a famiglie mammolesi alleate degli Scali e in contatto con Rumbo.
È evidente dalla lettura dei documenti depositati presso la camera di Commercio del Lussemburgo, che sia Rumbo sia Scali si siano appoggiati allo stesso giro di giovani mammolesi per avere accesso ad aziende con cui aprire ristoranti. Nel caso di Rumbo, le redini sono state condivise con due giovani sidernesi, come dimostrano le carte ma anche le foto dell’inaugurazione del Diff K’Fé Bar pubblicate su Facebook.
A stappare una bottiglia di spumante con Rumbo, ci sono i due soci. Non direttamente connessi alla ‘ndrangheta, ma comunque con un profilo notevole.
Uno di loro è il diretto nipote di Tito Figliomeni, alleato di Riccardo Rumbo (padre di Santo) come ha dimostrato l’indagine Recupero-Bene Comune del 2010 che ha portato alla condanna per mafia di entrambi. Tito riuscì a scappare in Canada dove aveva potuto sfruttare la parentela con i Figliomeni canadesi. Viene arrestato ed estradato nel 2018.
L’altro è noto all’intelligence europea come narcotrafficante attivo in Nord Europa. Il 24 febbraio 2006 era stato arrestato in Francia, a Saint Melaine, con un carico di anfetamine.
La comunità migrante italiana nel mirino delle cosche
Nascere in un contesto criminale non significa necessariamente crescere criminali. Anna Sergi sottolinea come la comunità mammolese presente nel sud-ovest del Lussemburgo rischi però di diventare essa stessa un obiettivo della criminalità organizzata. «Mammola – spiega Sergi – è un paese minuscolo che non offre molte opportunità ai giovani, e perciò diventa fin troppo facile che i ragazzi vengano illusi dall’allettante possibilità di trasferirsi all’estero e aprire attività commerciali per e grazie alla ‘ndrangheta e ai suoi soldi e contatti».
I ristoranti e i bar che OpenLux ha identificato a Differdange sembrano cadere esattamente all’interno di questo contesto. Giovani che non sono necessariamente parte della criminalità organizzata caduti vittima della fascinazione di una vita facile dando la disponibilità a colonizzare nuovi territori con attività che sono, di fatto, una copertura per altro.
Analizzando il registro dei beneficiari effettivi OpenLux ha identificato una rete di 17 famiglie di Mammola – per lo più tutti ristoratori nel Minette. Molti di loro hanno ristoranti vicini, sono residenti nelle stesse vie e sono tutti in tutti “amici” sui social network. Alcuni di questi ristoranti presentano dei chiari riferimenti folkloristici alla mafia: tra grembiuli con il Padrino e poster di Scarface sui muri.
Una stranezza che accomuna buona parte di queste attività dalla vita breve. Ristoranti che, a giudicare dalle fotografie delle inaugurazioni, erano stati aperti con investimenti significativi e con cura minuziosa chiudono dopo pochi anni, a volte dopo pochi mesi, eppure i soggetti che li avevano aperti trovano prontamente i capitali per aprirne di nuovi.
Secondo gli inquirenti che hanno arrestato Rumbo, la stranezza di vedere società con una prima iniezione di capitale derivante dalla Calabria, che aprono un ristorante, e poi poco tempo dopo lo chiudono e ne aprono un altro, potrebbe essere sintomo di una precisa strategia che la ‘ndrangheta ha utilizzato in altri contesti – per esempio nella vicina Germania – per riciclare fondi illeciti.
Per confermarlo però, servirebbero indagini approfondite, difficili da portare avanti in rogatoria con un Paese, il Lussemburgo, che della segretezza bancaria e fiscale ha fatto la sua caratteristica principale.
Secondo il Financial Secrecy Index (indice di segretezza finanziaria) elaborato da Tax Justice Network, tra i vari problemi del Lussemburgo dal punto della trasparenza fiscale vi è anche l’assenza di dialogo tra le banche private e la locale Camera di Commercio. Nelle opache banche private del Paese ci sono oltre 350 miliardi di euro, e l’accessibilità a questo sistema bancario è la vera attrattiva del Granducato. Non è quindi il ristorante in sé il vero obiettivo per i clan, quanto invece la possibilità, tramite la costituzione di una piccola società di ristorazione in Lussemburgo, di aprire un conto bancario nel Paese.
L’analisi dei documenti ottenuti da OpenLux e la presenza di alcuni soggetti legati alla ‘ndrangheta nel Minett rappresenta solo un primo passo all’interno di un’enorme nuova frontiera investigativa. Emerge dai dati analizzati come sia almeno dal 1996 che soggetti legati a famiglie di Siderno e Mammola registrano imprese in Lussemburgo, mentre sono oltre vent’anni che le procure antimafia perdono traccia di capitali, attività e interi rami di famiglie mafiose nel momento in cui approdano nel Granducato.
Nel caso specifico della ‘ndrina Rumbo-Figliomeni, il progetto OpenLux ha riscontrato la presenza di un soggetto sospettato di gestire imprese immobiliari per la ‘ndrina tra gli anni 2002 e 2009 e che proprio nel 2008 ha aperto anche nel Granducato una immobiliare assieme a due ristoratori di Mammola oggi famosi nel Minett.
Il progetto OpenLux sta mettendo molta pressione sulle autorità del Granducato. In una conferenza dei giorni scorsi il governo ha ribadito che il Paese è «sotto attacco da parte di un gruppo di giornalisti guidati dalla gelosia causata dalle economie dei loro Paesi». Al contrario l’auspicio di OpenLux è quello di portare verso una mappatura reale della penetrazione criminale nel Lussemburgo, sollecitando alla collaborazione gli organismi investigativi dei rispettivi Paesi
fonte:https://irpimedia.irpi.eu/openlux-ndrangheta-in-lussemburgo/