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Codice unico antimafia: un passo in avanti, due indietro. Critiche delle Associazioni antimafia. Osservazioni di Avviso Pubblico

Osservazioni dell’associazione “Avviso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie” sullo Schema di decreto legislativo recante il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia

Audizione presso la Commissione Giustizia della Camera dei deputati

Roma, 21 luglio 2011

Il 13 agosto 2010 il Parlamento ha approvato all’unanimità la legge n. 136, denominata Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia. Sulla base di questo provvedimento, al Governo è stata conferita la delega di redigere e proporre al Parlamento un Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia. L’intento è quello di riordinare, razionalizzare e integrare l’intera disciplina penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto alla criminalità organizzata, coordinando la stessa con le misure della disciplina in materia di misure di prevenzione, e adeguandola con le disposizioni dell’Unione Europea. Il 9 giugno 2011, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, uno schema di decreto legislativo relativo al Codice sopra citato.

L’Associazione Avviso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie (d’ora in poi Avviso Pubblico) ha seguito con particolare attenzione l’iter che ha portato all’approvazione della legge 136/10 e il successivo varo dello schema di decreto legislativo relativo al codice unico antimafia da parte del Consiglio dei Ministri, attivando sul suo sito internet due appositi spazi informativi denominati rispettivamente “Speciale Piano straordinario antimafie” e “Speciale codice unico antimafia” in cui sono stati pubblicati i testi dei provvedimenti, i resoconti stenografici e sommari del dibattito parlamentare, i dossier della Presidenza del Consiglio dei Ministri e una serie di articoli di stampa.

Sia nel 2006 che nel 2009, in occasione delle due edizioni di Contromafie, gli stati generali dell’antimafia, organizzati dall’associazione Libera a Roma, Avviso Pubblico ha formalmente e pubblicamente sollecitato il legislatore ad approvare un testo unico delle leggi antimafia nel quale fossero inserite in modo razionale e coordinato tutte le disposizioni di legge attinenti la prevenzione e il contrasto del fenomeno mafioso e della corruzione.

Avviso Pubblico, quindi, ritiene che la discussione sui contenuti di un Codice unico delle leggi antimafia sia un fatto particolarmente significativo e valuta positivamente il coinvolgimento ufficiale delle associazioni della cosiddetta “antimafia sociale” in sede di Commissione giustizia.

L’approvazione di un codice unico antimafia costituisce senza dubbio un fatto di portata storica per il nostro Paese che, sin dalle sue origini unitarie, è stato chiamato ad affrontare un problema molto grave e serio, qual è il fenomeno mafioso, che non può essere considerato esclusivamente come un fenomeno di natura criminale e di ordine pubblico attinente unicamente il Mezzogiorno d’Italia, ma è una questione molto complessa che intreccia i suoi rapporti anche con il mondo della politica, dell’economia, delle professioni, delle forze dell’ordine e della magistratura, sia a livello nazionale che internazionale.

È, dunque, necessario avere coscienza della portata storica rappresentata dall’approvazione del codice unico antimafia. È fondamentale che il legislatore non sprechi questa occasione, ma sappia valorizzare adeguatamente, in tempi e modi consoni, la qualificata esperienza derivante dall’impegno professionale e civile che tantissimi valenti e fedeli servitori dello Stato italiano profondono e, in passato, hanno profuso sino all’estremo sacrificio.

Nelle pagine che seguono, Avviso Pubblico illustrerà una serie di criticità che, allo stato attuale, lo schema di decreto legislativo presenta, richiamando una serie di osservazioni che l’Associazione ha già avuto modo di esporre pubblicamente in un seminario intitolato Verso il codice unico antimafia svoltosi a Roma il 14 marzo 2011, a Palazzo Marini, alla presenza del Ministro Angelino Alfano.

Naturalmente le criticità vengono segnalate con spirito costruttivo auspicando che il legislatore ne tenga conto in questa autorevole sede di discussione prima di procedere alla successiva votazione e approvazione del provvedimento.

In linea generale Avviso Pubblico ritiene che l’articolato proposto dal Consiglio dei Ministri non possa qualificarsi né come un codice né come un testo unico antimafia. Dalla lettura attenta dello schema del DLgs si ravvisa la mancanza di una visione organica e di una profonda azione di revisione e di aggiornamento della normativa esistente in termini di prevenzione e di contrasto alle mafie.

In particolare, a livello generale, si registra la mancanza di:

a) una serie di disposizioni di legge rientranti nell’attuale legislazione antimafia;

b) norme e procedure che permettano una più marcata e concreta semplificazione ed un coordinamento efficace ed efficiente della legislazione antimafia attualmente vigente;

c) specifiche e nuove fattispecie di reato;

d) modifiche di fattispecie di reato già esistenti e relative al contrasto dei rapporti tra mafia e politica e tra mafia ed economia;

e) una chiara definizione ed elencazione delle norme che si intende abrogare;

f) di un raccordo con altre iniziative legislative (es. DDL n. 2156 “anticorruzione”, le recenti innovazioni legislative introdotte dal “decreto sullo sviluppo” in materia di appalti, ecc.);

g) misure di sostegno alle azioni di antimafia civile e sociale;

h) provvedimenti che recepiscano convenzioni europee ed internazionali in materia di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata transnazionale e alla corruzione.

In forma specifica si rilevano le seguenti criticità, sulle quali si chiede al legislatore di intervenire prontamente:

1. mancanza della previsione della fattispecie di reato di autoriciclaggio, più volte sollecitata in sedi ufficiali dal Procuratore nazionale antimafia e dal Governatore della Banca d’Italia;

2. mancanza della revisione dell’articolo 416-ter del codice penale, che sanziona il voto di scambio politico mafioso. La formulazione presente nello schema di decreto legislativo riprende il testo dell’attuale codice penale, il quale ritiene che il reato sussista quando vi è scambio di denaro versus la promessa di voti. Un’ipotesi che nella realtà è sensibilmente residuale. Pertanto, nel nuovo testo dell’articolo 416-ter, insieme all’erogazione di denaro, va previsto che il reato sopra citato sussista anche quando vi è “la promessa di agevolare l’acquisizione di concessioni, autorizzazioni, appalti, contributi, finanziamenti pubblici o, comunque, la realizzazione di profitti e altre utilità”;

3. mancanza di una serie di norme specifiche che regolamentino l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza da un incarico pubblico qualora una persona sia rinviata a giudizio e condannata per gravi reati (mafia, corruzione, traffico di droga, estorsione, usura, ecc.), secondo le previsioni contenute nei codici di autoregolamentazione dei partiti approvati all’unanimità dalle Commissioni parlamentari antimafia del 2007 e del 2010.

Avviso Pubblico ritiene che siano da prevedere specifiche norme che introducano dei meccanismi sanzionatori effettivi per i partiti che non rispettano i codici di autoregolamentazione, agendo sulla riduzione della quota di rimborso delle spese elettorali loro spettante.

Avviso Pubblico manifesta la propria contrarietà rispetto alle previsioni di cui all’’art.8 del DDL n. 2156 (cd. DDL Anticorruzione) in cui si prevede di conferire una delega al Governo per l’adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;

4. mancanza dell’introduzione dei reati contro l’ambiente;

5. mancanza di riferimento alla normativa di prevenzione e contrasto ai fenomeni del racket e dell’usura;

6. mancanza di riferimento alla legislazione in materia di contrasto alla tratta degli esseri umani;

7. mancanza di inserimento di norme contro il fenomeno del caporalato;

8. mancanza di riferimento alle norme che regolano il trattamento dei collaboratori e dei testimoni di giustizia prevedendo, nel caso dei primi, la possibilità di estendere il termine temporale di 180 giorni attualmente previsti dal legislatore per rendere le proprie confessioni, in casi specifici caratterizzati da particolare complessità delle indagini;

9. mancanza della previsione di un provvedimento legislativo che ratifichi la Convenzione di Strasburgo contro la corruzione, firmata dall’Italia nel 1999;

10. mancanza di un riferimento alle previsioni contenute nella Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale delle Nazioni Unite – e i due relativi protocolli – presentata e firmata a Palermo nel 2000 e ratificata dal Parlamento Italiano con legge n. 146/2006;

Si fa presente che nel mese di agosto 2010, pochi giorni prima dell’approvazione della legge n. 136, il Senato ha approvato due emendamenti nei quali si impegnava il Governo a recepire nella delega una serie questioni che sono state illustrate come mancanze nelle righe soprastanti (ved. allegati n. 1-2).

Inoltre si segnalano le seguenti criticità in merito a:

APPALTI

mancanza di un esplicito riferimento alla possibilità da parte degli enti pubblici di avvalersi di white list di imprese quando ricorrano le condizioni per cui gli stessi possono avvalersi delle procedure di affidamento con procedura riservata (tenendo conto delle nuove soglie previste dal DL n. 70 del 13 maggio 2011, convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106). Sul punto si rimanda a quanto previsto dalla circolare del Ministro dell’Interno del 23 giugno 2010;

mancanza della previsione di una norma che stabilisca che, all’atto dell’affidamento di una gara d’appalto ad una impresa, quest’ultima sia obbligata a sottoscrivere un atto in base al quale si impegna a restituire tutto il denaro che essa ha ricevuto dall’ente affidatario, qualora successivamente risulti coinvolta in procedimenti giudiziari per reati di tipo mafioso.

BENI IMMOBILI CONFISCATI

mancanza dell’abrogazione delle norme introdotte con la legge finanziaria del 2009 che prevedono la possibilità di vendere i beni immobili confiscati ai mafiosi. Il collocamento sul mercato delle ricchezze sottratte alle organizzazioni mafiose alimenta sensibilmente il rischio che, tramite prestanome, esse ne ritornino in possesso, alimentando in tal modo quell’aura di invincibilità, di impunità e di potere che sono alla base del consenso sociale e dell’omertà di cui le mafie si nutrono;

eccessiva ristrettezza della tempistica prevista per l’efficacia del sequestro – 2,5 anni al massimo – considerato che le indagini di natura patrimoniale richiedono tempi superiori;

mancanza di una norma che preveda la possibilità di utilizzare la liquidità confiscata e confluita nel Fondo Unico Giustizia per progetti di riutilizzo sociale dei beni immobili confiscati;

mancanza dell’adeguamento della normativa vigente alle previsioni della decisione quadro n. 783/2006 del Consiglio d’Europa che permette la confisca dei beni mafiosi situati in un paese comunitario sulla base del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca;

mancanza di norme che prevedano misure di sostegno in favore dei Comuni che si impegnano ad utilizzare per finalità di carattere sociale i beni confiscati alle mafie sul loro territorio, secondo quanto previsto dalla legge n. 109/96. È opportuno prevedere una norma in base alla quale gli investimenti fatti in questa direzione non siano conteggiati nel computo previsto dal rispetto del patto di stabilità;

mancanza di norme che prevedono un coordinamento tra la legislazione nazionale e quella regionale;

mancanza di norme che impediscano il manifestarsi di possibili criticità per l’attività di gestione di beni confiscati svolta da reti di enti locali (es. i consorzi) con la recente evoluzione normativa e regolamentare dell’ordinamento degli enti locali.

Avviso Pubblico manifesta la completa contrarietà rispetto a quanto previsto dall’art. 56 dello schema di codice antimafia, la “Restituzione per equivalente”, che prevede un risarcimento da parte dell’amministrazione affidataria. Una norma di questo tipo non incentiva affatto gli enti locali ad un utilizzo dei beni confiscati alle mafie.

COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE DEGLI ENTI LOCALI

a) necessità di provvedere alla modifica della nuova disciplina introdotta dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 sull’accesso al Fondo di cui alla legge 22 dicembre 1999, n. 512 per i Comuni che si costituiscono parte civile in processi contro le mafie. Gli enti locali devono essere non solo risarciti delle spese legali, ma è necessario ristabilire la possibilità che le comunità che hanno subito il danno dalla violenza mafiosa possano venire risarcite con un congruo emolumento economico da utilizzare per realizzare opere pubbliche e interventi di altro tipo tesi a migliorare la qualità della vita sul territorio;

COMUNI SCIOLTI PER INFILTRAZIONE MAFIOSA

b) la legge 15 luglio 2009, n. 94 ha modificato l’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali in materia di scioglimento di consigli comunali e provinciali conseguenti a fenomeni infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Secondo le nuove disposizioni vi è bisogno di “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata”, condizioni che, secondo diversi operatori del diritto e persone operanti nella pubblica amministrazione incontrati da Avviso Pubblico, rendono molto più difficile di un tempo la possibilità di bonificare un’amministrazione locale dall’infiltrazione della criminalità organizzata. Avviso Pubblico ritiene che nel Codice unico antimafia vada prevista una riforma di questa normativa;

c) Avviso Pubblico ritiene necessaria l’istituzione dell’Albo nazionale dei commissari straordinari chiamati a gestire i comuni sciolti per infiltrazione mafiosa.

d) Avviso Pubblico ritiene che nel codice antimafia debbano essere inserite delle norme che, in modo specifico, prevedano l’attuazione di appositi piani di investimento e di sviluppo nei comuni sciolti per mafia, al fine di testimoniare in modo visibile il principio della convenienza della legalità.

MISURE DI PREVENZIONE

a) Avviso Pubblico ritiene che il legislatore dovrebbe cogliere l’occasione del codice unico antimafia per disciplinare adeguatamente il numero (oggi particolarmente ampio) e la tipologia di soggetti che possono legittimamente disporre del potere di proposta di misure patrimoniali;

b) Avviso Pubblico ritiene che si debba rivedere quanto previsto dall’articolo 38 del codice antimafia in materia di revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione richiesta quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione.

Allegato 1

PIANO STRAORDINARIO ANTIMAFIE – LEGGE 136/2010

Ordine del Giorno n. G1 al DDL n. 2226

VIZZINI, BIANCO, BERSELLI, DELLA MONICA, D’ALIA, LI GOTTI, BODEGA, PISTORIO

Approvato

Il Senato,

premesso che:

il disegno di legge A.S. 2226 delega il Governo alla redazione di un codice delle leggi antimafia, attribuendogli competenza legislativa in un ambito assai ampio ed articolato pur senza indicargli puntuali principi direttivi;

da tempo, le forze di polizia, il procuratore nazionale antimafia e alcune procure distrettuali, impegnati con rigore nelle attività di indagine e di contrasto alla mafia, sollecitano il Parlamento a rendere più stringente e più attuale il corpo normativo perché consenta di intercettare e colpire adeguatamente le nuove manifestazioni e gli interessi di questo potere criminale;

l’efficace azione di contrasto svolta in questi anni ed il processo di elaborazione avviato in ambito europeo per la cooperazione giudiziaria contro il crimine organizzato, sollecitano importanti scelte di politica criminale, tra le quali:

1. tenere ferma la definizione di associazione di stampo mafioso di cui all’articolo 416-bis cp, distinguendo il delitto di promozione, direzione e organizzazione dal delitto di partecipazione ad associazione mafiosa ed adeguando le pene edittali alla gravità dei fatti commessi, confermando in ogni caso la competenza del Tribunale;

2. disciplinare specificamente il concorso esterno in associazione mafiosa;

3. stabilire specifiche norme incriminatrici del cosiddetto “auto riciclaggio” giungendo così a colpire, insieme alle condotte già vietate del riciclaggio e dell’impiego di denaro, beni o utilità

di provenienza illecita (articoli 648-bis e ter del codice penale) anche i responsabili dei reati presupposti, caratterizzati in sé da un autonomo e rilevante disvalore;

4. concepire il reato di scambio elettorale politico mafioso, previsto dall’articolo 416-ter del codice penale, con una controprestazione che non sia solo in denaro, visto, nei fatti, che gli “appoggi” mafiosi sono stati ricambiati anche con altri favori (appalti, posti di lavoro, agevolazioni);

la disciplina dei collaboratori di giustizia non ha consentito di gestire nei tempi necessari situazioni complesse sia in riferimento alla personalità del collaboratore sia in riferimento a circostanze oggettive, anche indipendenti dal soggetto collaborante. Per non svilire un istituto strategico nella lotta alla mafia si potrebbe consentire la proroga del termine di centottanta giorni in ragione dell’entità o della durata di un impedimento legittimo o per la complessità della collaborazione;

impegna il Governo:

ad accogliere, nell’esercizio della delega, tutte le indicazioni emergenti dall’attività di lotta alla mafia e dalla cooperazione in ambito europeo, come indicate in premessa e, comunque, a sostenere la discussione e la approvazione entro il 30 novembre 2010 delle proposte di legge già presentate al Parlamento in materia dei reati di associazione di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, autoriciclaggio e scambio elettorale politico mafioso;

a favorire l’adozione, entro il 30 novembre 2010, di norme che consentano lo svolgimento delle collaborazioni più rilevanti e quindi di maggiore interesse per la giustizia prevedendo che, in condizioni ben determinate e con provvedimento motivato, il Giudice possa concedere una proroga fino ad ulteriori centottanta giorni per l’acquisizione dei contenuti da documentare nel “verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione”;

a favorire l’introduzione di misure che rendano più rapido ed efficace il procedimento di adozione delle misure di prevenzione patrimoniale, stabilendo, per i casi di maggiore complessità e per peculiari esigenze di acquisizione probatoria, specifiche cause di sospensione dei termini di efficacia del sequestro;

a prevedere l’Istituzione, presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, lavori, servizi e forniture, di una banca dati anagrafe pubblica dei contratti pubblici, finalizzata ad acquisire in tempo reale informazioni sui soggetti attuatori, sui contratti, sulle imprese partecipanti alle gare, sulle imprese esecutrici, sulle imprese sub appaltatrici e sui noli;

a tenere conto in modo puntuale dei pareri espressi in sede parlamentare sul merito dei decreti legislativi adottati in materia, nonché delle valutazioni espresse dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia.

Allegato 2

Ordine del Giorno n. G103 al DDL n. 2226

Approvato

DELLA MONICA, D’ALIA, CAROFIGLIO, CASSON, CHIURAZZI, D’AMBROSIO, GALPERTI, LATORRE, MARITATI, DE SENA, ARMATO, GARRAFFA, LEDDI, LUMIA, SERRA, GHEDINI, CECCANTI, SANNA, ADAMO, INCOSTANTE, BASTICO, BIANCO, MARINO MAURO MARIA, VITALI

Il Senato,

al fine di prevenire e combattere i casi di infiltrazioni mafiose e di corruzione sia a livello istituzionale nazionale che regionale e locale, e al fine di estendere una parte che riteniamo essenziale delle norme previste dal testo unico degli enti locali in materia di cause ostative alla candidatura anche per le cariche elettive nazionali,

impegna il Governo:

ad attivarsi, nel rispetto delle prerogative del Parlamento e nell’ambito delle proprie competenze a favorire l’introduzione di norme che prevedano l’incandidabilità alle elezioni, nazionali, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali nonché di decadenza dal mandato per coloro che hanno riportato o riportano nel corso del mandato condanna definitiva per il delitto previsto dall’articolo 416-bis del codice penale o per i delitti di produzione, traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope e di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati, o per il delitto di cui all’articolo 416-ter, nonché per tutti i delitti per i quali vi sia stata contestazione dell’aggravante di mafia di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991 e per coloro che hanno riportato o riportano nel corso del mandato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d’ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale.