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CLAN DEI CASALESI & APPALTI DI STATO. 68 richieste di rinvio a giudizio, anche per la fuga di notizia. La Dda presenta il conto a Nicola Schiavone O’ Monaciello e al fratello Vincenzo O’Trick

CLAN DEI CASALESI & APPALTI DI STATO. 68 richieste di rinvio a giudizio, anche per la fuga di notizia. La Dda presenta il conto a Nicola Schiavone O’ Monaciello e al fratello Vincenzo O’Trick

2 Agosto 2022 – 11:30

Rispetto all’ordinanza eseguita lo scorso tre maggio, ci sono due nomi in meno, quelli dei deceduti Tommaso Mangiacapra e Gennaro Palmese, entrambi coinvolti nel filone relativo a Dante Apicella, e quattro nomi in più. Si tratta di tre soggetti coinvolti nell’altra indagine, poi evidentemente riunita, sulla fuga di notizie che poi permise di scoprire tutto a Nicola Schiavone dell’inchiesta nel gennaio 2019 e infine la moglie del citato Dante Apicella

CASAL DI PRINCIPE (g.g.) – Dopo aver chiuso già da diverse settimane, in pratica pressoché contemporaneamente agli arresti dello scorso tre maggio, l’indagine preliminare sugli appalti di Rete Ferroviaria Italiana, accaparrati dal gruppo imprenditoriale costituito da Nicola Schiavone O’ Monaciello, 68enne di Casal di Principe, trapiantato a Napoli e a Roma, dopo essere stato il pupillo di Francesco Schiavone Sandokan, dal fratello Vincenzo O’Trick Schiavone, che pupillo era stato di Walter Schiavone detto Scarface, fratello maggiore (un anno di differenza) dello stesso Sandokan, il pubblico ministero nella Direzione distrettuale antimafia, Graziella Arlomede, dopo che i termini previsti dalla legge, cioè l’articolo 415 bis del codice di procedura penale che consente agli indagati, raggiunti da decreto di conclusione delle indagini, di chiedere di essere interrogati, di presentare memorie difensive o elementi che possano discolparli, ha proceduto alla sua richiesta di rinvio a giudizio, comprendendo nella sua istanza anche gli esiti dell’indagine parallela condotta dalla Dia e compiuta sul sistema degli appalti e sui meccanismi di intestazione fittizia che facevano capo all’imprenditore di camorra Dante Apicella, da Casal di Principe.

Nessuna sorpresa, nessuna posizione stralciata. Sessantotto erano gli indagati e sessantotto sono gli imputati che dovranno rispondere di diversi reati, che vanno dall’intestazione fittizia di beni alla corruzione, passando per falso e per altri ancora. Naturalmente, com’era prevedibile, la richiesta di rinvio a giudizio è stata formulata anche per l’aggravante camorristica, quella che un tempo era regolata dall’articolo 7 della legge 203 del 1991 e che oggi è stata inglobata nell’articolo 416 bis del codice penale, precisamente nel suo comma 1.

Dunque, la pubblica accusa mantiene il punto, nonostante il fatto che il tribunale del Riesame, riconoscendo l’esistenza di tutti i reati contestati e oggetto delle misure cautelari, abbia ritenuto non sussistente i motivi di accusa relativi all’aggravante camorristica. Argomento su cui, tra le altre cose, ci siamo lungamente soffermati proprio nell’articolo di ieri (LEGGI QUI), ennesima puntata del nostro lungo focus sull’ordinanza eseguita, come si diceva, lo scorso tre maggio.

Nel dettaglio, questo l’elenco dei 68 imputati per diversi dei quali, ripetiamo, nonostante il pronunciamento del Riesame, peraltro impugnato dalla Dda davanti alla Cassazione, viene contestata l’aggravante camorristica, ai sensi dell’articolo 416 bis comma 1.

Come ben ricordano i nostri lettori, gli indagati furono 66. Tra questi sono stati depennati i nomi dei deceduti Tommaso Mangiacapra e Gennaro Palmese, entrambi coinvolti nel filone riguardante Apicella. Ai 64 rimanenti si sono aggiunti, però, tre nomi coinvolti nell’indagine formalmente parallela, ma in realtà pienamente connessa ai fratelli Schiavone, riguardante la fuga di notizia su ci abbiamo scritto molto negli ultimi mesi, che consentì a Nicola Schiavone, che ne parlò a lungo con Crescenzo De Vito, anche lui indagato in questo filone parallelo, ma coinvolto anche (prima come indagato, ora come imputato) nell’inchiesta principale relativa a i due Schiavone. Imprenditore di Giugliano, De Vito è stato il titolare di fatto della Macfer, società in grado di fatturare 18 milioni di euro all’anno, anch’essa inserita nel giro degli appalti ferroviari e divenuta stretta partner di Nicola Schiavone all’interno del consorzio Imprefer, in cui la società controllata dal De Vito sottoscrisse una quota di capitale pari al 45%.

Per questa fuga di notizie che consentì a Schiavone N. di sapere tutto dell’inchiesta 4 mesi prima delle perquisizioni del 3 aprile 2019 furono indagati (CLICCA E LEGGI PER I DETTAGLI): il sottoufficiale dei carabinieri in servizio presso la polizia giudiziaria della procura di Napoli, Giuseppe Febbraio, l’avvocato del foro di Aversa-Napoli Nord Matteo Casertano, il funzionario della Banca Popolare di Torre del Greco, Francesco Chianese, che avendo ricevuto la segretissima richiesta da parte degli inquirenti, cioè dei carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Caserta, di consentire l’acquisizione di documenti bancari sulle attività di alcuni indagati, avvertì immediatamente Crescenzo De Vito, fornendogli anche il numero del procedimento e il nome del magistrato inquirente.

L’ultimo dei quattro nuovi inserimenti è quello di Caterina Coppola, moglie del già citato Dante Apicella.

Onte:https://casertace.net/clan-dei-casalesi-appalti-di-stato-68-richieste-di-rinvio-a-giudizio-anche-per-la-fuga-di-notizia-la-dda-presenta-il-conto-a-nicola-schiavone-o-monaciello-e-al-fratello-vincenzo-otrick/