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Ciminnisi scrive a Mattarella: “Noi vittime di mafia discriminate”

12 Febbraio 2015, L’ORA

Ciminnisi scrive a Mattarella:
“Noi vittime di mafia discriminate”

Nella missiva inviata al neo-presidente della Repubblica si sottolinea “l’iniquità delle norme che non prevedono l’equiparazione delle vittime di mafia a quelle del terrorismo mafioso, generando di fatto differenze e discriminazioni che ci fanno sentire cittadini di serie B”

di Alessia Rotolo

12 febbraio 2015
Ciminnisi scrive a Mattarella: <br>“Noi vittime di mafia discriminate”Suo padre Michele fu ucciso da una raffica di proiettili mentre si trovava al bar a giocare a carte, colpito per errore durante una sparatoria che aveva come obiettivo il boss Gigino Pizzuto il 29 settembre 1981, nella strage di San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento. Ora Giuseppe Ciminnisi, vicepresidente dell’Associazione nazionale familiari delle vittime di mafia, scrive al nuovo capo dello Stato per chiedere l’equiparazione dei trattamenti economici tra i familiari dei caduti per mano di Cosa nostra e quelli del terrorismo mafioso. ”L’elezione di Sergio Mattarella – dice – ci riempie di speranza- perché anche lui ha vissuto la perdita di un familiare assassinato dai killer mafiosi, per la prima volta siamo sicuri che le nostre problematiche saranno comprese fino in fondo”.

Ciminnisi, che aveva 13 anni al momento della strage, da anni porta avanti la sua battaglia perché siano abbattute le differenze tra quelle che definisce ”vittime di serie A  e vittime di serie B”, nella galassia delle famiglie squassate dal lutto e poi tartassate dalle spese per seguire avvocati e processi. Eppure lo Stato riconosce diritti differenti, la burocrazia separa e differenzia caso da caso, famiglia da famiglia, a volte anche tra vittime dello stesso evento criminoso, ”come se non si trattasse di innocenti sacrificati alla stessa violenza criminale”. Per questo, i vertici dell’Associazione dei parenti delle vittime lo ripetono da anni: non si tratta di una rivendicazione meramente economica, è una questione di dignità: le pallottole sono tutte uguali.

Nella sua lettera al Quirinale, Ciminnisi sottolinea che  “la storia personale e familiare del capo dello Stato ci accomuna nella sofferenza e nelle emozioni” e ricorda a Mattarella “la situazione di sofferenza e di abbandono in cui versano molti di noi a seguito degli eventi luttuosi subiti, e di iniquità delle norme che non prevedono l’equiparazione delle vittime di mafia a quelle del terrorismo mafioso, generando di fatto differenze e discriminazioni che ci fanno sentire cittadini di serie B”.

“Lo sgomento e il dolore, causato dalla lunga scia di sangue innocente versato nelle strade e nelle piazza del nostro Paese  – scrive ancora – non sono solo una pagina di storia da raccontare o atti giudiziari da leggere, sono una realtà viva e ancora dolente che vogliamo si trasformi in memoria collettiva e lezione di vita per le nuove generazioni affinché possano costruire un futuro e un Paese migliore”.

”Per questo – conclude – chiediamo sostegno e vicinanza perché le vittime innocenti vengano considerate tutte alla stessa maniera e vengano riconosciuti loro uguali diritti, senza discriminazione alcuna, perché uguale è il dolore delle famiglie”.

“Napolitano non ci ha mai voluto ascoltare”, racconta Ciminnisi. “Nel 2013 siamo stati ricevuti da Filippo Bubbico (viceministro dell’Interno, ndr), ma non ha fatto nulla. È assurdo che ci siano queste differenze tra vittime. Nel 2007 abbiamo dato vita ad una protesta, che è durata un mese, davanti alla procura di Palermo. Dopo una serie di manifestazioni e richieste, lo Stato ci ha concesso l’equiparazione solo in alcune parti, ad esempio il vitalizio, ma noi chiediamo che spariscano tutte le differenze di trattamento”.  E conclude: ”Un’assurdità ad esempio riguarda le vittime delle stragi di Falcone e Borsellino: mentre per i due giudici è stato riconosciuto l’attentato terroristico, lo stesso non è stato fatto per gli uomini della scorta”.