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CI RISIAMO.ASSOCIAZIONI ANTIRACKET ED ANTIMAFIA A RISCHIO INFILTRAZIONE MAFIOSE

CI RISIAMO.ASSOCIAZIONI ANTIRACKET ED ANTIMAFIA A RISCHIO INFILTRAZIONE MAFIOSE.LA STRATEGIA DELLE MAFIE  NON SOLO DI INFILTRARLE PER CONTROLLARNE LE AZIONI ED I MOVIMENTI,PER AVERNE LA COPERTURA  AI FINI  DELLA LORO MIMETIZZAZIONE,MA ANCHE DI USARLE COME UNA SORTA DI BANCOMAT PER AVERE SOLDI ,BENI E BENEFICI DALLO STATO.QUANDO DICIAMO CHE  AD ESSE NON VA DATO NEMMENO UN CENTESIMO O QUALUNQUE ALTRA COSA E CHE VANNO GIUDICATE SOLAMENTE IN BASE ALLA LORO OPERATIVITA’ ED AL NUMERO DELLE DENUNCE CHE PRESENTANO CONTRO I MAFIOSI ED I CORROTTI.VIA QUALSIASI FINANZIAMENTO!!!!!!! E’ L’UNICO SISTEMA  ,QUESTO,PER VALUTARNE AL CONTEMPO LA SERIETA’ E L’AFFIDABILITA’ E FUGARE IL PERICOLO DI INFILTRAZIONI DI MAFIOSI E LADRI

 

“Associazioni antiracket a rischio infiltrazioni mafiose”, l’allarme dei magistrati

A denunciarlo è stato il presidente della Corte d’appello, Matteo Frasca, per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Tra i temi evidenziati, la pericolosità ancora elevata delle cosche, l’aumento dei casi di violenza sessuale di gruppo, la “mancanza di volontà politica” contro l’abusivismo edilizio

Redazione

02 febbraio 2020 13:30

L’amara constatazione di una mafia sempre attiva sul territorio, del pericolo di infiltrazioni anche nelle associazioni antiracket, delle ancora troppo esigue denunce di “pizzo”, l’aumento preoccupante dei casi di violenza sessuale di gruppo spesso a opera di minori, la “mancanza di volontà politica” nel combattere il fenomeno dell’abusivismo edilizio e il numero troppo esiguo di magistrati in servizio con l’inevitabile rallentamento del sistema giustizia. C’è tutto questo nella relazione tenuta dal presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Parola dopo parola si tratteggia un quadro con luci e ombre, che si accompagna a un appello al buo senso rivolto agli stessi magistrati, agli avvocati, ai dirigenti degli uffici perchè “sui fatti di rilevanza pubblica rispettino i doveri di sobrietà e verità”. Alla cerimonia, in rappresentanza del ministro della Giustizia ha partecipato il capo del Dap Francesco Basentini, mentre per il Csm era presente l’ex pm di Palermo Nino Di Matteo. Presenti anche il procuratore generale Roberto Scarpinato, il procuratore della repubblica Francesco Lo Voi, il sindaco Leoluca Orlando, il vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, e il prefetto Antonella De Miro.


Frasca sottolinea che “la mafia degli affari, leciti o illeciti, continua a manifestare una forza di penetrazione spesso capillare in quasi tutti i settori che consentono adeguati profitti, anche i più insoliti” e sarebbe “fuorviante con riferimento a Cosa nostra pensare a una progressiva trasformazione in un criminale comitato di affari o, peggio, definirla ‘mafia liquida’”. Per il presidente della Corte di Appello “sarebbe pertanto un errore gravissimo sottovalutare il potenziale criminale dell’organizzazione, prestando minore attenzione alle attuali pericolose dinamiche associative. Deve continuare il processo di logoramento della forza ‘militare’, territoriale, economica e politica di Cosa nostra che ha già dato esiti molto positivi e che, mantenendo fermo l’attuale livello dell’attività giudiziaria, potrebbe fornire, già a medio termine, risultati decisivi”.

Pur sottolineando come, nell’anno in corso, “la pressione giudiziaria sulla Cosa nostra della provincia di Palermo ha raggiunto la massima intensità”, (“ogni mese di regola – si legge nella relazione – vengono eseguite alcune decine di misure cautelari detentive riguardanti la mafia territoriale palermitana e il traffico organizzato degli stupefacenti”), Frasca evidenzia come “l’efficacia del contrasto sarebbe notevolmente incrementata se i tempi di decisione del gip non fossero, per motivi eterogenei ma soprattutto per carenza di magistrati e di personale amministrativo eccessivamente dilatati”. “L’associazione mafiosa Cosa nostra – si legge nella relazione – continua a esercitare il suo diffuso, penetrante e violento controllo sulle attività economiche, imprenditoriali e sociali del territorio. Se negli anni precedenti il dato statistico aveva mostrato qualche cenno di diminuzione va sottolineato che nell’anno in corso le denunce sono state ben 151 a fronte delle 65 e 69 dei due anni immediatamente precedenti. A livello distrettuale quindi si registra un aumento di ben il +132%”.

Secondo la relazione di Frasca, il traffico di stupefacenti è “la principale fonte di reddito di Cosa nostra”. Droga che viene acquistata, di norma, “dalle o con le organizzazioni calabresi e campane e spacciata, di regola, mediante organizzazioni dedite a tali attività non direttamente riconducibili a Cosa nostra che, però, ha solitamente un referente di fiducia nell’ambito di tali organizzazioni”. Una gestione che “frequentemente” avviene “a livello mandamentale”, “proprio per questo – sottolinea Frasca – un significativo sforzo investigativo è stato ed è indirizzato verso il contrasto di tale attività criminale”.

La seconda fonte di reddito è costituita dalle estorsioni. “In particolare – sottolinea il presidente della Corte di Appello – nei periodi di ‘crisi’, immediatamente successivi ad un’intensa attività cautelare, ciascun mandamento mafioso ricorre soprattutto alle estorsioni che sono lo strumento più semplice da adottare o rimodulare in tempi brevi”. Frasca evidenzia anche come nonostante la “meritoria attività” di alcune associazioni antiracket, “affidabili e realmente attive sul territorio, rimane esiguo il numero delle vittime che, di loro iniziativa, denunciano gli autori delle estorsioni. Sono più numerose quelle che confermano il quadro probatorio già di per sé completo” e “non è certamente irrisorio il numero di quelle che, anche di fronte all’evidenza, negano i fatti. Si tratta di un fenomeno – conclude – che merita attenta riflessione per le sue implicazioni sociali e culturali”.

Secondo Frasca c’è il rischio di infiltrazione mafiosa per le associazioni antiracket. “Particolare attenzione – scrive nella relazione – merita la composizione e la partecipazione alle associazioni antiracket perché la possibilità di infiltrazioni mafiose, assolutamente impensabile un tempo, è attualmente possibile. Occorre, pertanto, una ragionevole prudenza da parte delle associazioni e dell’autorità giudiziaria procedente”. Fra i settori di interesse di Cosa nostra anche le scommesse online, mentre “permane – si legge nella relazione – la presenza mafiosa nel campo degli appalti, ma la gestione e la turbativa riguardano quasi esclusivamente quelli degli enti locali di piccole e medie dimensioni. Più in generale, si può affermare che rimane elevato il rischio di infiltrazioni mafiose in tutti i livelli, siano essi meramente amministrativi che politici, dei Comuni e degli enti di piccole e medie dimensioni del territorio qui di interesse”.

Abusivismo edilizio, lotta impari se la politica non collabora

“Il settore delle demolizioni d’ufficio degli immobili abusivi continua ad essere una delle più ardue sfide, fra quelle che impegnano la magistratura sul versante del ripristino della legalità violata e della credibilità dello Stato democratico”. Scrive Frasca, che dedica partee della relazione al lavoro della Procura di Termini Imerese, che ha affrontato un impegno “davvero immane, concernente il dovere di dare esecuzione agli oltre 800 ordini di demolizione di manufatti abusivi disposti con sentenza, in alcuni casi rimasti ineseguiti da oltre vent’ anni”. Per portare a termine tale compito, la Procura ha costituito un apposito ‘Dipartimento demolizioni’, coordinato dal procuratore e composto da due sostituti procuratori, un funzionario e un ufficiale di polizia giudiziaria. Ma, avverte Frasca, “l’impresa è molto ardua e necessiterebbe di ben altre risorse umane”, così al momento “i risultati ottenuti nel settore dell’esecuzione degli ordini di demolizione disposti con sentenza, sono stati oggettivamente modesti”. Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto, per Frasca, “le numerose leggi di condono edilizio susseguitesi nel tempo, quasi tutte farraginose ed ‘elastiche’, fra le quali alcune di condono ‘mascherato'”; ma anche “l’inerzia dei Comuni quanto all’attività di controllo del territorio; quanto alla rapida disamina delle pratiche di sanatoria o di condono; quanto al reperimento delle risorse per la realizzazione degli abbattimenti degli immobili abusivi; quanto alla leale collaborazione con le Procure della Repubblica dinamiche in questo settore; quanto al mancato esercizio di un’efficace moral suasion presso la popolazione, per convincere i cittadini dei vantaggi – anche economici – della tutela del territorio (anzi, al contrario, spesso si strizza l’occhio agli abusivi, con lusinghe elettorali di indirizzo diametralmente opposto). Tutta una serie di fattori – conclude Frasca – che possono essere compendiati sotto la formula ‘mancanza di volontà politica’, che oppongono un muro quasi invalicabile all’esecuzione di sentenze pronunciate in nome del popolo italiano”.

Tribunali con molto lavoro e poco personale

“A fronte di un andamento della domanda di giustizia in fortissima crescita, si registra un sostanziale deficit di risorse umane, peraltro soggetto a continue contrazioni, che rende molto alto il rischio di dovere trascurare interi settori di attività o addirittura bloccarli”. Parole nett, che suonano come un vero e proprio grido d’allarme quelle di Frasca. Un rischio, quello della paralisi degli uffici, precisa, finora “scongiurato grazie al grande senso di responsabilità e ai pesanti sacrifici del personale, ma oggi, a causa anche dei sempre più frequenti pensionamenti, la situazione è diventata ancor più pesante e quasi insostenibile, ed è molto forte la preoccupazione che i livelli di normale efficienza raggiunti negli ultimi anni vadano perduti”.

Il branco contro le donne

Nell’ultimo triennio, i delitti contra la libertà sessuale che riguardano minori hanno fatto registrare un “costante andamento in crescita particolarmente preoccupante, anche per il raddoppio del numero dei casi di violenza sessuale di gruppo, passati da 6 a 12, connotati dalla presenza di minori non imputabili che hanno assunto il ruolo di ‘leaders negativi’ nella vicenda”. E’ quanto emerge dai dati della Procura presso il tribunale per i minorenni contenuti nella relazione del presidente della Corte d’Appello Frasca. Sono 72 in totale i procedimenti iscritti per reati contro la libertà sessuale, stalking e pornografia, di cui 46 al registro noti e 26 ignoti (a fronte dei 56 del scorso anno), con un aumento del 29%. Gli indagati-imputati sono 71 minori noti, di cui 40 soggetti imputabili e 31 non imputabili. Le vittime sono quasi tutte di sesso femminile e di età inferiore ai 14 anni. Dodici i casi di violenza sessuale di gruppo commessi su vittime minorenni. “Un dato costante, sia nelle violenze di gruppo che in quelle con un unico autore – si legge nella relazione – è l’assenza di qualsiasi percezione, da parte degli agenti, non solo della grande sofferenza delle vittime ma anche della gravità dell’atto commesso, che li lascia assolutamente indifferenti e non altera, nemmeno minimamente, la loro quotidianità”.

Rimangono invece invariati dallo scorso anno i dati sui casi di stalking riguardanti i minori – 55 casi – mentre aumentano del 17% i casi di pedopornografia: 28, di cui 20 contro noti e 8 contro ignoti, contro i 24 dello scorso anno, di cui 18 a carico di noti e 6 di ignoti. E’ quanto emerge dai dati della Procura presso il tribunale per i minorenni contenuti nella relazione del presidente della Corte d’Appello. Sebbene il dato sul reato di stalking sia stabile, si sottolinea come si tratti di “una realtà negativa con la quale anche la magistratura minorile deve confrontarsi e contro la quale deve efficacemente intervenire con massima attenzione, soprattutto nella ricerca, progettazione e attuazione di forme di informazione e prevenzione del fenomeno. Si tratta di casi di emulazione da parte dei minori delle condotte violente degli adulti che diventano un pessimo modello familiare e sociale”. Una particolare attenzione va dedicata anche ai reati di pedopornografia e al fenomeno del cosiddetto cyberbullismo, “spesso sconfinante nello stalking”, puntando prima che su “interventi repressivi” su “un potenziamento dell’attività di prevenzione tra i minori”. “Questi – si sottolinea nella relazione – appaiono particolarmente sensibili al fenomeno tanto nelle vesti di autori che di vittime, sia per la naturale fragilità della loro personalità in quanto soggetti in età evolutiva, che in considerazione dell’estrema familiarità e facilità di accesso a strumenti informatici, i quali consentono la trasmissione di immagini e scritti in tempo reale a un numero indeterminato di destinatari. Appare, quindi, indispensabile l’attuazione di più incisivi sistemi di controllo nell’accesso agli strumenti informatici da parte di soggetti in giovane età e, al contempo, necessaria una più efficace attività di informazione sull’uso consapevole delle risorse informatiche specificamente destinate ai minori”.

Magistratura nella tempesta

Frasca riflette anche sul ruolo della magistratura e sulla percezione che ne hanno i cittadini. “Lentamente e con fatica, tra diverse contraddizioni ma al tempo stesso con determinazione, la magistratura italiana, anche in nome della sua storia gloriosa che l’ha vista sempre impegnata per la tutela dei diritti e per il controllo di legalità, si sta prodigando per uscire dalla tempesta che l’ha investita e che ha riproposto con durezza l’esistenza e l’attualità della questione morale dalla quale per tanto tempo aveva creduto di essere immune, forse per un’aristocratica presunzione o forse anche perché un diffuso sentire ha ritenuto la Magistratura destinataria del compito di realizzare la pulizia morale della società”. Sono le parole del presidente della Corte d’Appello, che parla di “una tempesta senza precedenti che ha posto in discussione il ruolo e la credibilità dello stesso organo di governo autonomo della Magistratura che però, con alto senso istituzionale e nutrendosi del pluralismo ideale che alimenta la crescita della democrazia, sta mostrando di impegnarsi per superare il difficilissimo momento che attraversa”

“E’ indispensabile – richiama Frasca – che nelle relazioni dirette con gli organi di informazione si osservino scrupolosamente principi che esprimano una cultura dell’informazione appropriata per contenuto e tempistica, che si abbia la consapevolezza che la giurisdizione si esercita nelle aule di giustizia e non nei salotti televisivi, che i magistrati non devono parlare dei processi in corso, che i dirigenti degli uffici ai quali compete di fornire informazioni sui fatti di rilevanza pubblica rispettino i doveri di sobrietà e verità. Analogo invito all’impegno va rivolto all’Avvocatura – prosegue Frasca – che deve fare la propria parte superando la fase della denuncia delle inefficienze e della critica e proseguendo e intensificando quella della proposta autentica e responsabile. L’avvocatura rivendica il rafforzamento del proprio ruolo nella Costituzione e ciò è pienamente condivisibile; ma tutto ciò richiede anche la coerente disponibilità all’assunzione di responsabilità sempre più elevate”.

(AdnKronos)

fonte:http://www.palermotoday.it/