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Chiacchiere su chiacchiere,parate a non finire ed ……..ecco la realtà!!!!!!…………….

L’EDITORIALE. Lo Stato si riempie la bocca, i nostri politici sono dei miserabili. Chiudono posti di polizia e presidi nelle capitali della camorra

Mai come in questo momento, invece, lo Stato avrebbe avuto la necessità per riappropriarsi veramente di quelle aree, attraverso l’unico modo definitivo che esiste, alza le mani arrendendosi alla sua bancarotta economica e morale 

Lo Stato sa solo riempirsi la bocca, affollando di se, della sua evanescenza, convegni, raduni di partito, varie comparsate televisive e gli inutili e folkloristici cocktails organizzati dalle varie prefetture ogni 2 giugno.
Si era detto e rappresentava tesi pacifica e unanimemente sostenuta che un percorso reale di riscatto dalla camorra che ha infestato per decenni l’agro aversano, si sarebbe potuto realizzare se, oltre alla fase repressiva, frutto della qualità, della passione e dell’abnegazione oltre ogni limite mostrata da magistrati e forze dell’ ordine, fosse stato innescato un concreto, concretissimo meccanismo di ripresa di fiducia da parte del cittadino nei confronti dell’istituzione.

Mai, infatti, come in questi anni, mai come in questi tempi successivi alle più grandi operazioni che hanno condotto all’arresto di centinaia, forse di migliaia di persone tra boss, semi boss, affiliati e colletti bianchi, ci sarebbe stato bisogno di una presenza fisica che si sarebbe automaticamente configurata anche come presenza morale. Chiaro che i fenomeni di microdelinquenza abbbiano cominciato a interessare quelle aree venuta meno la protezione dell’antistato e dove nessuno avrebbe potuto
consentirsi il lusso di compiere una rapina, un furto al di fuori della volontà dei clan.

Lo Stato che si riempie la bocca e, per dirla alla De Andrè, continua “a gettare la spugna con gran dignità” non si pone il problema che per un cittadino comune la microcriminalità, che si materializza nella figura furtiva di un italiano o di un immigrato che gli penetrato nella sua casa armato di fucile o coltello, è un problema ancor maggiore di quanto non lo fosse una faida criminale che semina a terra i morti delle fazioni in lotta o che opera attività di spoliazione estorsiva ai danni di imprenditori più o meno facoltosi.

Quando Paolo Borsellino diceva che la partita finale con la mafia si sarebbe giocata sul terreno del consenso, manifestato anche in senso lato attraverso l’omertà, il silenzio mostrato dalla maggior parte del tessuto sociale siciliano nei confronti delle cosche, voleva dire anche questo. Mai, come nel tempo presente sarebbero occorsi, in quella zona più Stato, più forze dell’ordine, più presidio.

Perchè alla gente di Casal di Principe, di San Cipriano, di Casapesenna, a coloro i quali girano di brutto le balle nel sapere che di notte possono essere visitati dai ladri, o di giorno scippati in strada mentre prima “quelli si ammazzavano ma quantomeno a rubare non ci veniva nessuno”, una presenza marcata di carabinieri, di poliziotti e anche di militari stavolta non schierati per i boss ma per i cosiddetti microdelinquenti, avrebbe fatto bene anche e soprattutto da un punto di vista psicologico. Avrebbe iniettato fiducia e adesione nei confronti di un ordine costituito, verso l’Ordine dello Stato di diritto che per decenni è stato surrogato e anche totalmente sostituito dai camorristi-sceriffi.

E invece succede, come spiega amaramente il pubblico ministero della dda Catello Maresca (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO), che la sezione distaccata di Casaldi Principe della Squadra Mobile e addirittura 11 poliziotti del più datato ma da sempre fondamentale Posto Fisso di Casapesenna vengano trasferiti a partire dal dirigente Maisto che da Aversa dovrà fare il diavolo a 4 per coordinare il lavoro su questo territorio.

Ma ripetiamo non è tanto un problema di contenuto dell’attività di presidio, quanto di presenza materiale e visibile. Uno Stato che chiude le sue strutture che, addirittura crea una condizione in cui non si sa neppure bene se i carabinieri di Casal di Principe potranno operare nell’immobile in cui stanno al punto da costringere il prefetto Raffaele Ruberto, nella conferenza stampa di insediamento, svoltasi stamattina, a garantire che mai e poi mai l’Arma lascerà Casale, viene totalmente meno l’offerta fiduciaria di uno Stato nei confronti di cittadini, fondamentalmente disabituati alle regole della Costituzione e delle leggi su di essa modellate. 

Un errore sesquipedale di cui già si colgono le prime conseguenze perchè oggi la leva dei nuovi delinquenti, pur tornando a una condizione quasi ancestrale di collaudo di se stessa, ha cominciato da zero, dalle basi criminali, cioè dai raid nelle campagne, dai danni inferti alle colture di quei contadini che non accettano di “dare qualcosa”. Un tempo era lo storico boss Mario Iovine a sovraintendere a queste forme arcaiche di estorsione e a mitigare qualche bollente spirito. Oggi, neanche i boss ci sono più.

Dunque, molti di questi giovani sono degli autentici cani sciolti tra le altre cose adusi al consumo della droga, della cocaina e perciò anche in grado di essere immediatamente violenti ancor prima di diventare dei criminali “di livello”.
Lo Stato italiano, questa nazione sono maglia nera d’Europa per tante cose. ciò accade perchè la politica di oggi che eredita i
disastri economico-finanziari della politica di ieri, non è in grado assolutamente di stabilire una scala di priorità per determinare i
fondamentali di quel poco che si può fare, attivando la leva della spesa pubblica.

Quella della sicurezza, nelle zone che sono state ad alta densità camorristica, rappresenta un elemento cardinale. E’ evidente. Non lo è chiaramente agli occhi di questi 4 cretini di politici casertani che assommano in loro, da miserabili quali sono, tutte le miserie di questo territorio.

Gianluigi Guarino

22/05/2017

fonte:www.casertace.net