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Chi è Nicolino Grande Aracri: il superboss pentito che ora fa tremare politica, imprenditoria e massoneria

Chi è Nicolino Grande Aracri: il superboss pentito che ora fa tremare politica, imprenditoria e massoneria

di Claudio Cordova – Detto “Il Professore” o “Mano di gomma”, con la sua scelta ora forse verranno meno anche gli appellativi propri del mondo criminale. E’ infatti dirompente la notizia (leggi qui) della collaborazione del boss Nicolino Grande Aracri, da decenni capo indiscusso dell’omonima cosca di Cutro, nel Crotonese, ma da anni impiantata in Emilia Romagna. Negli anni ’80, infatti, il suo gruppo criminale, inizialmente riferibile ai Dragone, si sposta al Nord. Per lui la svolta arriva con la carcerazione di Antonio e Raffaele Dragone. Da quel momento, Nicolino Grande Aracri diviene uno degli elementi di vertice della ‘ndrangheta in Lombardia, ma, soprattutto, in Emilia Romagna, da sempre fulcro dei suoi affari. La scissione con il clan Dragone comincia a maturare nei primi anni ’90, mentre il vecchio boss è confinato al nord Italia, fino a sfociare in una vera e propria faida che raggiunge il culmine quando, nel 1999, viene assassinato a Cutro Raffaele Dragone, figlio dell’anziano capobastone. Da quel momento, inizia una lunghissima scia di sangue, che coinvolge non solo la Calabria, ma anche l’Emilia Romagna. E Nicolino Grande Aracri raggiunge la notorietà, anche nazionale, proprio con il coinvolgimento nel maxiprocesso “Aemilia”, che ha svelato come l’Emilia Romagna sia stata pesantemente colonizzata dalla ‘ndrangheta, capace di incidere nella vita economica, politica e sociale della regione.

Il business principale, accanto alle attività tipiche della ‘ndranghetac – le estorsioni e il traffico di droga – è quello dell’edilizia; i Grande Aracri arriveranno a controllare società di costruzioni e movimento terra, riciclando il denaro in attività dalla facciata lecita. Un’egemonia strisciante, grazie alla enorme capacità economica del clan, ma anche violenta all’occorrenza: ne sanno qualcosa i principali villaggi turistici della fascia ionica calabrese, storicamente sottoposti ad una asfissiante cappa di estorsioni: ogni attività, ogni assunzione di personale è decisa dalla cosca. Il 19 luglio 2018 la Corte d’assise d’appello di Catanzaro ha condannato Nicolino Grande Aracri ed il fratello Ernesto entrambi all’ergastolo. Quando, nel gennaio 2015, i Carabinieri arrestano in Emilia Romagna il boss Nicolino Grande Aracri, nel corso di una perquisizione domiciliare rinvengono anche una spada simbolo dei Cavalieri di Malta. L’inchiesta Aemilia mostra, ulteriormente, in tutta la sua ampiezza, la capacità della ‘ndrangheta non solo di penetrare tutti i territori, ma anche di entrare in stanze apparentemente inaccessibili. Da Cutro, paese in provincia di Crotone, Grande Aracri infatti avrebbe costruito un impero in Emilia Romagna, ma si sarebbe mosso in ambienti impensabili, se non si considera la ‘ndrangheta come l’organizzazione criminale più potente d’Italia e tra le più potenti in Europa e al mondo. Le ingerenze di Grande Aracri, infatti, sono da registrare negli ambienti massonici, ma anche in Vaticano e fino alla Corte di Cassazione. Un’inchiesta mastodontica, quella che svela gli affari della ‘ndrangheta crotonese in Emilia Romagna, con cui gli inquirenti scoprono lucrose operazioni finanziarie e bancarie che alcuni soggetti avrebbero messo in atto per conto di Grande Aracri, ponendosi come intermediari tra questi e altri soggetti estranei all’associazione al fine di consentire l’avvicinamento a settori istituzionali anche per il tramite di ordini massonici e cavalierati. Ancora una volta la ‘ndrangheta si mostra per quella che è: non solo una banda armata, ma un’organizzazione che ha come proprio principale scopo quello di tessere relazioni sociali e

istituzionali al fine di arricchirsi e condizionare i territori su cui opera. Come emerge dalle intercettazioni agli atti dell’inchiesta Kyterion, Grande Aracri sarebbe stato molto ben inserito in ambienti massonici, ottenendo anche l’investitura a Cavaliere. È lo stesso boss originario di Cutro a confermarlo in una conversazione captata: «Io ho avuto la fortuna di capire certe cose… sia dei Templari… sia dei Cavalieri Crociati… di Malta… la Massoneria di Genova…» Sono gli stessi soggetti intercettati nell’inchiesta a dar peso al legame tra massoneria e criminalità organizzata: «E lì ci sono proprio sia ad alti livelli istituzionali e sia ad alti livelli di ‘ndrangheta pure». Il meccanismo è quello che nasce con la Santa. Grazie alla massoneria, alcuni soggetti, pur se non affiliati alla ‘ndrangheta, sono in grado di assicurare al sodalizio entrature nelle sedi istituzionali più disparate come quelle della Chiesa e della magistratura, per garantire – è scritto negli atti processuali – «pressioni e capacità di intervento circa le vicende processuali degli affiliati». Grande Aracri avrebbe cercato di aggiustare un processo a Roma per far annullare la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro che aveva confermato l’arresto del cognato. Quella sentenza fu effettivamente annullata con rinvio dalla Cassazione, ma gli inquirenti non riusciranno ad accertare il coinvolgimento di un magistrato. Sempre per aiutare il cognato, Grande Aracri avrebbe speso (senza successo, tuttavia) anche le proprie amicizie in Vaticano. L’obiettivo è spostare il parente detenuto dal carcere di Sulmona a quello di Siano, a Catanzaro, in modo tale che fosse più vicino ai familiari: la provincia crotonese, infatti, non dista molti chilometri dal capoluogo di regione. Tramite un’amica giornalista, Grande Aracri prova a intervenire in Vaticano. La donna, infatti, è in stretto contatto con un monsignore, nunzio apostolico e, nel 1995, “cappellano di sua Santità”. Un prelato che sarebbe capace di smuovere cardinali e non solo. «Il nostro piccolo Giovanni tra una settimana starà vicino casa sua» dice la donna dopo l’incontro, avvenuto in Vaticano. Il monsignore manda anche i saluti alla moglie del detenuto: «Ha detto che è stata generosa e splendida. Gli ha lasciato 500 euro che lui ha preso volentieri per i suoi poveri». Nicolino Grande Aracri da tempo recluso nel carcere milanese di Opera dove sta scontando un ergastolo, ormai divenuto definitivo con sentenza della Cassazione del giugno 2019, che gli è stato inflitto nell’ambito del processo “Kiterion” per l’omicidio del vecchio capobastone di Cutro, Antonio Dragone, avvenuto nel 2004 nelle campagne del Crotonese, del quale Nicolino Grande Aracri era stato il braccio destro. Ora la scelta di collaborare con la giustizia e riversare, quindi, l’imponente patrimonio conoscitivo accumulato in questi decenni. A tremare sono non solo boss e gregari della ‘ndrangheta, non solo della provincia crotonese. Sono storici e consolidati i rapporti dei Grande Aracri anche con le cosche del Catanzarese e del Reggino. Ma, soprattutto, i “colletti bianchi”: politici, imprenditori, professionisti, tutti all’ombra della massoneria, che in Calabria e in Emilia Romagna hanno consentito ai Grande Aracri di entrare nel gotha della ‘ndrangheta.

Venerdì, 16 Aprile 2021 10:02

fonte:https://ildispaccio.it/primo-piano-2/270041-chi-e-nicolino-grande-aracri-il-superboss-pentito-che-ora-fa-tremare-politica-imprenditoria-e-massoneria