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CHE SORPRESA H AH AH AH AH !!!!!!!…………………….SCOPRONO L’ACQUA CALDA!!!!

CHE SORPRESA H AH AH AH AH !!!!!!!…………………….SCOPRONO L’ACQUA CALDA!!!! ED ORA SOTTO AD INDAGARE CHI SAPEVA ED HA COPERTO TUTTO,I COLLEGAMENTI FRA CAMORRA E POLITICI,CHI NON HA VOLUTO INTERROGARE GLI AUTISTI ED I PROPRIETARI DEI CAMION DEI QUALI CARMINE SCHIAONE HA FORNITO LE TARGHE,CHI E PERCHE’ HANNO UCCISO DON BOSCHIN,.CHI HA BLOCCATO LE INDAGINI DELL’ISPETTORE DELLA MOBILE DI LATINA …..E TUTTO IL RESTO…

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Latina, l’ex super-poliziotto: “Bloccato quando ho toccato livelli politico-istituzionali”

https://youtu.be/lRcPak0J8Ag

 

 

L’Espresso

 

Ecomafia

Le mani di Gomorra sulla discarica laziale di Borgo Montello

La relazione appena approvata dalla commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti descrive uno scenario inquietante. Veleni industriali sversati con la complicità del clan dei casalesi, della politica e delle aziende. Ognuno con un ruolo ben definito

di Giovanni Tizian

20 dicembre 2017

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«Sulla discarica di Borgo Montello aleggia da anni il sospetto di un utilizzo illecito per lo sversamento di rifiuti industriali pericolosi, sotto forma di fusti o di fanghi». Basterebbe questo passaggio per comprendere quanto questo luogo sia da sempre stato al centro di interessi trasversali e milionari.

«Dalle indagini e acquisizioni della Commissione risulta che nell’area di Borgo Montello sono stati stoccati – extra ordinem e, in alcuni casi, illegalmente – rifiuti speciali pericolosi, tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90».

Di questo grande immondezaio se ne è occupata la commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. E nella relazione sul Lazio approvata il 20 dicembre 2017 dedica un’intero capitolo alla questione, sviscerando storie e intrecci rimasti nell’ombra per decenni. Si parla di veleni, certo. Ma anche di presunte complicità ad altissimi livelli tra inquinatori seriali dell’ambiente, spesso legati alle cosche, e politici.

Un segreto ben custodito per almeno 20 anni. Che ora torna a galla e che con cui qualcuno dovrà fare i conti. In realtà nella lunga vita della discarica di Borgo Montello, in provincia di Latina, molti aspetti restano avvolti da una nebulosa narrazione ufficiale. Narrazione che contrasta, però, con le nuove testimonianze raccolte dalla commissione e i riscontri effettuati dalla stessa. Il lavoro di inchiesta dei parlamentari permette di aggiungere un pezzo di verità in più alla misteriosa vicenda della discarica del basso Lazio. Inanzitutto è utile ricordare l’architettura societaria su cui si fonda la gestione dell’invaso.

È considerata la quarta in Italia per estensione e per volume di rifiuti abbancati. Incamera rifiuti solidi urbani dal 1971 e si estenda su un’area di circa 50 ettari. Divisi tra due società, la Ind.Eco S.r.l., riconducibile al gruppo Green Holding di Milano e la Ecoambiente S.r.l., con quote divise tra Latina Ambiente (gestore del servizio di raccolta del comune di Latina, partecipata al 51 per cento dall’ente locale e al 49 per cento da società riconducibile alla famiglia Colucci) e società della holding Cerroni.

Nella relazione si legge: «Oggi la discarica è ferma per l’esaurimento delle volumetrie (fino ad oggi sono stati sversati negli anni più di 6 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, secondo stime conservative). In un caso, l’area gestita dalla Ind.Eco, il sito è stato sottoposto a sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziaria; l’altro gestore, Ecoambiente, ha operato e opera su terreni confiscati dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma, nell’ambito di un procedimento penale nei confronti dell’imprenditore De Pierro, accusato di riciclaggio. Una situazione complessa, che si è sviluppata su un’area compromessa dal punto di vista ambientale, come documentato dagli studi ARPA e ISPRA».

Terreni dei clan
Il primo dato inquietante è la proprietà di alcuni terreni poi diventati discarica. Appartenevano a Michele Coppola, parente di Carmine Schiavone, il padrino perntito di Gomorra. Lo stesso che dirà ai magistrati molte cose sulla discarica del basso Lazio e sul business della monezza. Terreni acquistati da una delle società per l’ampliamento del sito di smaltimento rifiuti.

«Per quanto riguarda la presenza criminale nell’area, di particolare rilievo è la figura di Michele Coppola, soggetto già indicato nel 1996 dal collaboratore di giustizia del clan dei casalesi Carmine Schiavone come contiguo al gruppo criminale di Casal di Principe. Coppola fin dal 1988-1989 ha vissuto a ridosso della discarica di Borgo Montello. Parte delle proprietà a lui affidate dal clan – secondo quanto ricostruito dallo Schiavone – sono poi state vendute ad uno dei gestori della discarica, la società Indeco. Coppola poteva disporre di diverse armi, come verificato dalla Commissione. Nel dicembre del 1995 venne arrestato nell’ambito del procedimento penale contro il clan Schiavone (processo “Spartacus”); sentenze successive, relative ad altri procedimenti, passate in giudicato, hanno dimostrato la sua appartenenza al clan», si legge nella relazione, che prosegue:

«Nel corso dell’inchiesta condotta da questa Commissione sul sito di Borgo Montello sono emersi dettagli significativi rispetto ai contatti stretti tra Coppola e lavoratori della discarica (uno dei testimoni ha raccontato di essere andato a Casal di Principe, dove avrebbe incontrato anche Carmine Schiavone, prima dell’inizio della sua collaborazione, quando, dunque, era pienamente operativo all’interno del clan, in posizione apicale), alcune testimonianze de relato hanno poi indicato punti di contatto tra Coppola ed esponenti politici e delle forze di polizia locali, che destano preoccupazione».

Per scavare ulteriormente sulle origini di questi terreni, la Commissione ha convocato i responsabili dell’azienda: il 9 giugno 2016 sono stati auditi Luca Giudetti, avvocato difensore di Ind.Eco S.r.l., l’avvocato Salvatore Pino, difensore della Green Holding S.p.A., e Paolo Titta, responsabile dell’area legale di Green Holding. Il legale di Green Holding – gruppo che controlla oggi Ind.eco. Srl – ha dichiarato: «Credo si tratti semplicemente di una circostanza (l’acquisto dei terreni della famiglia Schiavone per l’ampliamento della discarica, ndr) che era già oggettivamente esistente. Se c’è una questione da indagare, è quella di verificare come mai i terreni limitrofi alla zona destinata a discarica fossero già di proprietà degli Schiavone, credo del cugino dello Schiavone. La società si è limitata a dover prendere atto di questa circostanza, che se anche suona sinistra, non può certo suonare sinistra per la società: può suonare sinistra per il momento in cui questi terreni sono stati acquistati da questi signori, ma non per il momento in cui la società li va ad acquistare. Si tratta dei terreni limitrofi, quindi gli unici che potessero consentire un ampliamento dell’area, o comunque un ampliamento della zona di lavorazione».

Più che sinistri, gli eventi sembrano legati da una catena di intrecci criminali. Con sullo sfondo la presenza di uomini dello Stato al soldo del clan di Gomorra.

Veleni e omissioni
«Questa Squadra Mobile ha avviato specifiche attività info-investigative da cui è scaturito che in una specifica porzione dell’area- ove insiste la discarica di Borgo Montello, che questo ufficio è in grado di raggiungere seguendo indicazioni precise, gestita attualmente dalle società Ecoambiente srl, per quanto attiene agli invasi denominati S0, S1,S2 e S3, ed Indeco srl, per l’area contrassegnata dalle sigle S4, S5, S6 e B2- sono stati interrati, tra il 1987 ed il 1990, rifiuti altamente pericolosi, tali da inquinare le falde acquifere».

I detective della Mobile, dunque, sono certi della presenza di materiale altalemente inquinante e pericoloso. E individuano anche uno dei presunti responsabili, mai indagato. «L’interramento dei fusti contenti rifiuti pericolosi sarebbe avvenuto utilizzando la ditta di […], specializzata nel movimento terra. Il […] sarebbe stato ingaggiato, ricevendo per la sua opera ed il suo “silenzio” una cifra oscillante tra 60 ed 80 milioni del vecchio conio, da tale Proietto Andrea».

La Commissione sul punto precisa: «Va aggiunto che i nomi citati non risultano iscritti nel registro degli indagati nell’ambito del procedimento e che – a conclusione delle indagini – il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’archiviazione, accogliendo al richiesta della procura della Repubblica di Latina».

Secondo la commissione «il risultato dello sforzo investigativo della squadra mobile di Latina ha portato alla individuazione puntuale di almeno due invasi dove sono stati sversati rifiuti pericolosi. I due punti individuati corrispondono con l’invaso denominato “B2”, inserito nella parte della discarica attualmente gestito dalla società Indeco srl, e la zona compresa tra i siti S3 e S1, oggi gestita dalla società Ecoambiente srl. Nel primo caso (B2) vi è una certezza per tabulas rispetto allo sversamento di rifiuti speciali pericolosi, comprovata nel corso di un processo penale (il giudicato sulla declaratoria di prescrizione conferma l’accertamento che aveva portato alla condanna in primo grado dell’unico imputato); nel secondo caso (S1-S3) vi sono almeno due testimonianze dirette concordanti e una testimonianza de relato particolarmente attendibile. Dai documenti allegati all’informativa citata è possibile ricostruire la storia del sito denominato “B2” – gestito dalla società Ecotecna – e della serie di autorizzazioni, concesse tra il 1990 e il 1991, in regime di emergenza (attraverso ordinanze del presidentedella Giunta regionale), che hanno consentito lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali, anche pericolosi».

Monnezza e potere
Ma chi è l’Andrea Proietto che per gli investigatori avrebbe guadagnato sugli sversamenti? È stato uno dei due soci della società Pro.Chi., azienda responsabile della gestione della discarica di Borgo Montello dall’inizio degli anni ’80 fino al 1989.

C’è una seconda informativa della polizia di Latina che spiegherebbe i contatti di Proietto. Si parla di appoggi istituzionali di un certo peso. I legami di tali rapporti con il potere politico vengono rintracciati nei collaboratori di un ex senatore, Maurizio Calvi, socialista e in passato vice presidente della commissione antimafia.

Calvi in un’intervista del 2014 descriveva Proietto con queste parole: «Lo conosco bene perché erano profughi della Tunisia, e quindi come socialista ho sempre guardato con attenzione ai profughi tunisini che sono entrati nel nostro terriotorio a piedi scalzi e poi sono diventati grossi imprenditori. E poi, i tunisini erano grandi amcici del partito socialista di Craxi. Dal punto di vista politico sono stato sempre attento al rapporto con questa comunità che ha fatto crescere l’economia locale».

La squadra mobile nei suoi atti investigativi descrive così la vicinanza tra Proietto e Calvi: «Da quanto descritto sono emersi univoci elementi informativi circa contiguità, non meglio specificate, se non per ciò che riguarda rapporti di lavoro di collaboratori del senatore Calvi (Giorgi e Fraulin) con società riconducibili alla famiglia Proietto. E’ plausibile ritenere che i predetti collaboratori fossero remunerati dalle società riconducibili ai Proietto. Altro particolare che rileva è il fatto che i Proietto nel periodo in cui hanno gestito la discarica avessero chiesto, ed ottenuto un ampliamento della stessa, da 5 a 42 ettari, da parte del presidente della regione Lazio. Il Presidente pro tempore è stato identificato in Santarelli Giulio, anch’egli esponente del partito socialista come il senatore Calvi».

A conferma di questa contiguità tra Proietto e i collaboratori di Calvi, la squadra mobile riporta alcuni fatti: l’utilizzo da parte del segretario dell’ex senatore di una utenza telefonica intestata a un’azienda di Proietto; l’indirizzo usato come segreteria politica acquistato dal figlio di Proietto; l’automobile su cui per un periodo ha viaggiato Calvi era intestata a un’azienda sempre di Proietto.

Alle osservazioni dei detective seguno quelle della Commissione, che specifica: «Il citato Giulio Santarelli aveva preceduto nella guida della regione Lazio Bruno Landi, politico dello stesso partito. Fu lo stesso Landi ad autorizzare l’utilizzo dell’invaso ex 2B di Borgo Montello per accogliere i rifiuti pericolosi; durante il suo mandato la Pro.Chi. della famiglia Proietto ha poi visto ampliare il volume d’affari, fino alla cessione delle quote alla famiglia Maruca(sponsorizzata invece dall Democrazia Cristiana andreottiana). Bruno Landi alla fine degli anni ’90 entrerà nel management del gruppo Cerroni, fino ad arrivare alla nomina di amministratore delegato della Ecoambiente S.r.l., uno dei due attuali gestori».

I testimoni segreti della commissione
Tra i primi a raccontare di sversamenti criminali all’interno della discarica c’è il collaboratore di giustizia Carmine Schiavone: ha parlato di collegamenti tra il clan dei Casalesi e la discarica di Latina, indicando – nel 1996 interrogato dai pm e poi, poco prima della sua morte, in interviste a diverse testate giornalistiche – nomi e circostanze riconducibili a gravi illeciti nell’area della discarica.

L’indagine della Commissione, però, non si è limitata a raccogliere vecchie voci di anziani padrini scomparsi. È andata avanti, scoprendo dettagli destinati a pesare sulle scelte future che la politica dovrà compiere sul quel sito. Nel 2008 gli investimenti della famiglia Schiavone nell’area di Borgo Montello vengono dismessi. E l’area di diciassette ettari nella via adiacente la discarica viene ceduta a favore della società Indeco. Tuttavia i misteri non svaniscono da quell’area.

Agli atti della commissione, infatti, ci sono quattro nuove testimonianze. Addetti ai lavori che in alcuni casi sono stati spettatori degli sversamenti. Per proteggere la loro identità la commissione li ha soprannominati A, B, C e D.

Il primo dei testi auditi ha spiegato che «i fusti indicati nella zona compresa tra gli invasi S1 e S3, in realtà, erano stati sversati negli anni ’90 da autocarri di cui lui (il testimone B ndr) vedeva e firmava le bolle di ingresso nella discarica e mi riferiva che in realtà erano contenitori di plastica di forma cubica». Inoltre, A ha riferito che B «faceva dei viaggi fino a Treviso dove cambiavano le bolle e tornavano con lo stesso materiale per poi sversarlo a Borgo Montello o in altri posti». Ma l’ignoto A riferirà anche dei rapporti di B con il clan dei casalesi.

E il testimone B che cosa ha detto? Ha confermato o negato? Ha ammesso di aver conosciuto l’uomo del clan di Gomorra, mentre sull’interramento dei fusti ha risposto che non gli risulta. Ma ciò che ha colpito di più i commissari è che B «si è rifiutato di firmare il verbale di sommarie informazioni, mostrando alla fine dell’interrogatorio un evidente stato di agitazione e paura».

A seguire la commissione ha convocato l’ignoto C, che ha chiesto di restare anonimo per paura di perdere il posto di lavoro. Ecco quel che ha rivelato: «In quel periodo tutti quello che abitavano o lavoravano in zona sapevano che i mezzi entravano in discarica e scaricavano dei fusti (bidoni da 200 litri in lamiera e altri fusti in plastica) in mezzo ai rifiuti e che questi fusti venivano mescolati e interrati con i mezzi della discarica. Questa operazione all’interno della discarica la faceva soprattutto in quanto aveva accesso alle ruspe e faceva lavori di spargimento di rifiuti per riempire gli invasi S3 e S1. In pratica i fusti venivano buttati in mezzo ai rifiuti normali e con le ruspe venivano compattati in mezzo agli altri rifiuti. Le voci dell’epoca dicevano che venivano dal nord Italia, Grosseto, Perugia, Rieti ed erano fusti normalmente utilizzati per raccogliere rifiuti industriali e non di certo rifiuti domestici».

L’Ignoto C ha specificato di occuparsi ancora oggi di raccolta rifiuti e di avere il patentino per rifiuti speciali e «di essere quindi in grado di “capire la differenza tra tipi di rifiuti… Ha specificato, inoltre che fino a quando la discarica è stata gestita da Andrea Proietto [il 1989] il flusso di rifiuti industriali gettati negli invasi raggiungeva la quantità di 300-400 fusti al mese».