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C’è la ‘ndrangheta a Verona, condanne per 150 anni nel processo al clan Giardino

Pena di 30 anni per il boss Antonio Giardino e per il fratello Alfredo, 23 anni per il vice del “capo”. L’esito del primo grado di “Isola scaligera”

Pubblicato il: 04/03/2023 – 16:51

VERONA Anche in provincia di Verona ha operato un’organizzazione di stampo mafioso collegata alla ‘ndrangheta. La sentenza (foto sopra da L’Arena) emessa nei giorni scorsi dal Tribunale di Verona, presieduto da Pasquale Laganà, è uno dei tanti tasselli “storici” di un mosaico che ormai permea tutto il Nord. Erano venti gli imputati accusati di aver operato illecitamente, a vario titolo, a favore per il cosiddetto clan Giardino, un pezzo di criminalità organizzata calabrese trapiantato in Veneto. I pm della Dda di Venezia Lucia D’Alessandro e Stefano Buccini hanno contestato, oltre all’associazione per delinquere di stampo mafioso, anche i reati di estorsione, truffa, riciclaggio, corruzione, turbativa d’asta, fatture false, traffico di droga. Confermato in gran parte l’impianto accusatorio: erano stati chiesti complessivamente quasi 300 anni di carcere. Il quadro ha retto: 150 gli anni di reclusione inflitti, sei le assoluzioni, il tribunale ha disposto la confisca di circa 200mila euro (già sequestrati) a carico di sette imputati e condannato tutti, in solido a risarcire le parti civili.

Condanne pesanti per il boss, suo fratello e il vice. Assolta la moglie del “capo”

La pena più pesante, 30 anni di reclusione, è stata inflitta ad Antonio Giardino, 54 anni, detto “il Grande”, considerato il capo indiscusso del “locale” scaligero. Trent’anni di carcere anche al fratello Alfredo Giardino; 23 anni a Michele Pugliese (considerato dagli inquirenti una sorta di vice del capo); 15 anni a Francesco Vallone (titolare della Centro studi Fermi, dove si sarebbero dovuti svolgere i corsi fantasma per gli operatori dell’Amia, l’azienda municipalizzata di Verona). Assolta invece la moglie di Antonio Giardino, Antonella Bova, titolare della Giardino Costruzioni, per la quale erano stati invocati 26 anni di reclusione in quanto, secondo la pubblica accusa, sarebbe stata utilizzata dal coniuge per rivestire di liceità le proprie operazioni illecite.
Queste le altre condannecome riportate dal sito L’Arena: 9 anni e 8mila euro ad Arcangelo Iedà, otto anni e sei mesi ad Antonio Lo Prete, 5 anni e sei mesi a Brunello Marchio, stessa pena per Agostino Durante e Silvano Sartori (4 anni e 9 mesi) e quattro anni e 8 mesi a Francesco Giardino. Infine 3 anni e 4 mesi a Giuseppe Mercurio, 2 anni e 3 mesi a Francesca Durante, tre anni a Francesco Scino e due anni e mezzo a Francesco Caruso e Luigi Caruso. Reato riqualificato e condanna a 10 mesi e 2mila euro per Giovanni Giardino. Disposta la misura di sicurezza della libertà vigilata per tre anni, una volta scontata la condanna, per «Totareddu», Alfredo Giardino, Iedà e Pugliese.
«Assolto per non aver commesso il fatto» 
Gianandrea Napoli, chiamato in causa da Domenico Mercurio nel corso della sua deposizione del 29 giugno. In quella sede il legale fece emergere alcune discrepanze sostenendo che il teste si stava confondendo con un’altra famiglia Napoli, di Sona, che con i titolari della New Doule up (la sala giochi) non avevano nulla a che fare (Marco Napoli e Andrea Ricciotti erano già stati assolti dal gup di Venezia nel 2021).
Assolto anche 
Luigi Russo per il quale erano stati chiesti 24 anni e 36mila euro. Il 23 ottobre 2020, sei mesi dopo gli arresti, la Cassazione lo aveva escluso dall’associazione mafiosa per mancanza di indizi e annullato l’ordinanza a suo carico.
La sentenza è punto d’arrivo 
dell’inchiesta denominata “Isola Scaligera” che, nel giugno 2020 smantellò quella che, secondo la Procura antimafia di Venezia, costituiva un’articolazione del clan guidato dal boss Pasquale Arena, di Isola Capo Rizzuto.

Il tentativo di infiltrare l’economia del Veronese

Alcuni collaboratori di giustizia hanno spiegato che la gang radicata nel Veronese aveva principalmente il compito di ripulire i soldi sporchi: niente azioni eclatanti, che avrebbero richiamato l’attenzione delle forze dell’ordine. L’obiettivo sarebbe stato quello di infiltrare l’economia: tra gli affari finiti sotto inchiesta, alcuni hanno toccato anche Amia, la municipalizzata dei rifiuti del Comune di Verona, che si è costituita parte civile al processo a fianco di Cgil e Regione Veneto. A quest’ultima il Tribunale ha riconosciuto una provvisionale di 150 mila euro, come anticipo del risarcimento danni da quantificare in sede civile; 15mila ciascuno sono stati liquidati ad Amia e Cgil. La prima tranche del processo, celebrata con rito abbreviato (e in attesa dell’appello), si era conclusa alla fine del 2021 con la condanna di altri 20 imputati.

Il sindaco Tommasi: «La sentenza ufficializza la presenza della ‘ndrangheta a Verona»

«La sentenza era attesa. Non ci coglie di sorpresa ma ha indubbiamente un valore eccezionale perché ufficializza quello che prima era solo un sospetto, una sensazione, ovverosia la presenza strutturata della ‘ndrangheta a Verona». Sono le dichiarazioni di Damiano Tommasi all’indomani delle condanne nel processo nato dall’inchiesta ribattezzata “Isola Scaligera”. «Sappiamo che le infiltrazioni e il radicamento nell’economia dei territori può attestarsi solo in presenza di supporto da parte di alcuni o assenza di contrasto da parte di altri – ha commentato ancora Tommasi -. Questo va detto e ribadito. Da parte nostra sottolineo che la mia amministrazione si è impegnata fin dall’inizio nel mettere a sistema presìdi interni di prevenzione e nel promuovere anche all’esterno la cultura della legalità. Verona è la città più popolosa del Veneto, siamo consapevoli dell’attrattività dei nostri territori e della loro ricchezza. Qui si incrociano persone e merci da tutto il mondo grazie ad una posizione strategica a livello europeo. Multinazionali, importanti aziende e imprese, grandi cantieri già aperti e altri che partiranno a breve rendono la nostra provincia terreno fertile per le mafie. Alla luce di questi elementi confidiamo che la politica nazionale si impegni a dotare la città di strumenti forti di contrasto e a portare, come abbiamo chiesto, la Dia e la Dda a Verona». «Osservo – ha poi sottolineato Tommasi – che nella lista dei soggetti che, nell’ambito del procedimento giudiziario, si sono costituiti parte civile, Regione e Amia in primis, il Comune di Verona non figura. Vorrei precisare che da parte nostra non trascureremo di valutare, in casi analoghi e al ricorrere dei presupposti, l’esercizio di tale facoltà».

Fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2023/03/04/ce-la-ndrangheta-a-verona-condanne-per-150-anni-nel-processo-al-clan-giardino/