Catania, così i soldi del covid arrivavano nelle casse del clan Santapaola: cinque arresti
Ventisei indagati, tra i coinvolti un carabiniere, funzionari di banca, imprenditori, commercialisti
Di Laura Distefano e Fabio Russello | 05 Ottobre 2023
Dieci misure cautelari, cinque in carcere e per altre cinque l’obbligo di dimora e l’obbligo di firma, 380 mila euro sequestrati e 26 persone indagate. Sono i “numeri” dell’operazione Lockdown, condotta dalla Polizia di Catania e coordinata dal pm Andrea Bonomo.
I provvedimenti cautelari emessi dal gip hanno coinvolto un carabiniere, due funzionari di banca, commercialisti e imprenditori. Tutti sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alle truffe aggravate ai danni dello Stato, all’indebita percezione di erogazione in danno dello Stato ed ai delitti di falso in scrittura privata, falso ideologico in atti pubblici nonché altri delitti contro la fede pubblica, con l’aggravante, per le persone finite in carcere di agevolare l’associazione mafiosa e in particolare il clan Santapaola-Ercolano.
In carcere sono finiti: Paolo Marragony di 50 anni, carabiniere, Alessandro Mirabella, 62 anni, funzionario di banca, Andrea Pappalardo , 46 anni, direttore generale della Co.Fi.San. Consorzio Fidi, Michele Adolfo Valerio Pilato di 65 anni e Gabriele Santapaola, di 39 anni. Quest’ultimo è fratello di Francesco Colluccio, ritenuto fino al 2016 il rappresentante provinciale del clan, cugino di secondo grado del padrino Nitto. Nell’esecuzione della misura cautelare nei confronti del militare, i poliziotti della mobile hanno operato con la collaborazione dei carabinieri del comando provinciale di Catania.
Obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria ed obbligo di dimora per Alberto Angelo Casisi di 32 anni, Paolo D’angelo funzionario di banca di 62 anni, Concetto Massimino di 56 anni, Paolo Monaco di 38 anni e Claudio Nicotra di 46 anni.
L’inchiesta coordinata dalla Dda di Catania e condotta dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dalla Squadra Mobile risale al periodo tra il marzo ed il novembre del 2021 e si è avvalsa di intercettazioni telefoniche, intercettazioni telematiche e videoregistrazioni e ha ha consentito – dicono gli investigatori – di acquisire gli elementi di prova a carico di un sodalizio criminale dedito, alla truffa per ottenere benefici e finanziamenti grazie al decreto liquidità emanato per fronteggiare l’emergenza Covid. Tali finanziamenti garantiti dallo Stato, secondo quanto emerso dalle indagini, venivano erogati sulla base di documentazione falsa e presentata da soggetti che non avevano i presupposti di legge.
Secondo l’accusa al vertice dell’associazione vi sarebbero il funzionario di un noto istituto di credito catanese Alessandro Mirabella ed il direttore generale della Co.Fi.San. Consorzio Fidi Andrea Pappalardo, che avrebbero promosso ed organizzato l’attività di Gabriele Santapaola, Alberto Casisi, Paolo D’Angelo, Paolo Marragony, Concetto Massimino, Paolo Monaco, Claudio Nicotra e Michele Adolfo Pilato. Gli indagati, sfruttando anche la semplificazione delle procedure considerando la legislazione d’urgenza varata nella pandemia. Precisamente si trattava della concessione del finanziamento garantito a imprese, lavoratori autonomi e liberi professionisti titolari di partita Iva. Gli indagati avrebbero assicurato a beneficiari compiacenti l’accesso fraudolento ai finanziamenti, istruendone la relativa pratica sin dalla predisposizione della falsa documentazione reddituale ai fini dell’indebita erogazione del contributo.
Secondo l’inchiesta un ruolo centrale sarebbe stato rivestito dal direttore generale della Co.Fi.San Andrea Pappalardo che, grazie all’incarico apicale svolto nel consorzio, avrebbe convogliato le istanze prodotte dai vari professionisti verso dirigenti di istituti di credito come Alessandro Mirabella. Quest’ultimo avrebbe assegnato le pratiche a fidati funzionari della banca, come Paolo D’Angelo, che, dietro indebito pagamento di denaro, le avrebbe deliberate positivamente o, se irrimediabilmente viziate, ne avrebbe consigliato il ritiro così da poter essere ripresentate una volta rettificate.
I professionisti Adolfo Michele Pilato, Alberto Angelo Casisi, Claudio Nicotra, Concetto Massimino e Paolo Monaco, questi ultimi due titolari di un’agenzia di disbrigo pratiche finanziarie – sempre facendo riferimento a Andrea Pappalardo – avrebbero reperito “clienti” a nome dei quali proporre le richieste di finanziamento garantito, predisponendo la falsa documentazione da allegare alle istanze, per poi riscuotere dal beneficiario compiacente le somme pattuite dopo l’indebita erogazione.
Nel gruppo Santapaola ci sarebbe anche Paolo Marragony, brigadiere capo dei Carabinieri in servizio a Catania. Il militare avrebbe collaborato stabilmente con il ragioniere commercialista Adolfo Michele Pilato, presentando numerose richieste di finanziamento garantito dallo Stato intestate a prestanome e corredate da falsa documentazione appositamente predisposta da Marragony. Quest’ultimo, al quale viene contestato anche il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico protetto, avendo più volte consultato le banche dati di polizia per finalità diverse da quelle connesse al servizio, secondo l’accusa, avrebbe anche collaborato nelle realizzazione delle condotte fraudolente con Gabriele Santapaola, in quanto, oltre a curare i rapporti con i funzionari di banca, si sarebbe occupato della predisposizione della documentazione essenziale per l’indebita percezione del contributo come l’attivazione della partita Iva, la predisposizione della falsa documentazione reddituale e l’inoltro telematico, oltre l’apposita attivazione di un’utenza telefonica e di una casella email nella quale pervenivano le varie comunicazioni bancarie alle quali rispondeva personalmente.
Ad Alessandro Mirabella, Andrea Pappalardo, Paolo Marragonye Adolfo Michele Pilato è stata contestata l’aggravante del favoreggiamento ai clan perché le indagini hanno consentito di ritenere la sussistenza della gravità indiziaria anche in ordine alla consapevolezza del fatto che Santapaola fosse esponente della famiglia catanese di Cosa. Per gli investigatori una parte dei proventi dell’illecita attività sarebbero stati destinati al clan mafioso.
Gli elementi acquisiti durante l’inchiesta analizzati insieme alla documentazione fornita dalla banca Unicredit – totalmente estranea ai fatti, oltre che direttamente danneggiata dalle condotte illecite dei dipendenti Alessandro Mirabella e Paolo D’Angelo – hanno permesso di rilevare numerose difformità in almeno 13 istanze di contributi garantiti, determinando l’indebita erogazione di finanziamenti garantiti per la somma complessiva di circa 380 mila euro. Ai dieci destinatari della misura restrittiva, nonché agli ulteriori 15 indagati, beneficiari degli indebiti finanziamenti, per la maggior parte titolari di esercizi commerciali, il gip ha disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente, della complessiva somma di 380 mila euro costituente il profitto dell’illecita attività posta in essere.
Gabriele Santapaola è già in carcere (fu arrestato l’anno scorso nel blitz Agorà), per questo gli è stata solo notificata l’ordinanza. Per gli altri 4 invece si sono aperte le porte di un istituto penitenziario. La Polizia ha anche eseguito il sequestro della somma di 380.100 euro disposto dal gip.