Castellammare. Il sindaco Cimmino chiama il Prefetto: «La mia giunta ha combattuto la camorra»
Tiziano Valle
«Sono felice dell’attenzione che a tutti i livelli istituzionali c’è sulla nostra città. E sono tranquillo, perché sicuro che il Prefetto di Napoli, Claudio Palomba, sta valutando con grande attenzione la relazione dei commissari prefettizi che hanno lavorato a Castellammare». Sono queste le sensazioni del primo cittadino stabiese, Gaetano Cimmino, quando manca poco alla decisione sul possibile scioglimento del consiglio comunale. «Solo pensare a questa ipotesi mi provoca un senso di rabbia. Perché qualora si verificasse mi resterebbe l’amarezza di non sapere cosa avrei potuto fare di meglio per evitarlo», dice il primo cittadino che ieri ha chiesto un incontro proprio al Prefetto Claudio Palomba.
Sindaco, se il consiglio verrà sciolto è perché sono state riscontrate infiltrazioni della criminalità organizzata al Comune.
«Un attimo, vanno distinti i due livelli. Quello politico e quello di gestione amministrativa».
Ma non cambia la sostanza.
«La penso diversamente. Se ci fossero esponenti politici che hanno favorito la criminalità organizzata, il consiglio comunale andrebbe sciolto immediatamente. Se invece ci fossero eventuali responsabilità di dipendenti comunali che ci sono sfuggite, penso che la mia amministrazione abbia dato sufficienti prove di voler contrastare questi fenomeni. Con l’aiuto della Prefettura si potrebbe intervenire anche laddove oggi un sindaco non ha poteri. A meno che non voglia rischiare un’accusa di abuso d’ufficio».
Quali prove avrebbe dato la sua amministrazione?
«Abbiamo presentato denunce, cacciato ditte in odore di camorra che lavoravano in appalto al Comune, licenziato dipendenti che avevano contatti con la criminalità organizzata o riportato condanne. E ancora, siamo entrati nei quartieri a più alta densità criminale con determinazione: per avviare un censimento sulle occupazioni abusive di case popolari nei rioni Savorito e dell’Acqua della Madonna; per abbattere le opere realizzate abusivamente nel quartiere Moscarella; per demolire gli altarini nel centro antico; per riprenderci la vecchia scuola Salvati nel rione Scanzano che veniva utilizzata per i summit di camorra. Un lavoro portato avanti grazie a un’eccellente sinergia con le forze dell’ordine che operano sul territorio. E c’è un particolare…».
Quale?
«Queste cose, lo dimostrano gli atti, le abbiamo fatte prima dell’arrivo della commissione d’accesso».
Lei è davvero così sicuro che la sua amministrazione non sia permeabile alle infiltrazioni camorristiche?
«Personalmente ho la coscienza a posto e la mia giunta dall’inizio della legislatura ha lavorato per erigere un muro contro la criminalità organizzata, approvando anche un piano anti-corruzione ancora più stringente rispetto a quello canonico».
Per le parentele dei consiglieri comunali con esponenti della criminalità organizzata, come la mettiamo?
«Stiamo parlando di professionisti e persone che per quanto mi risulta non hanno mai avuto nulla a che fare con vicende di criminalità. E c’è da dire che all’inizio della consiliatura si procede alla proclamazione degli eletti proprio dopo le verifiche sulla loro eleggibilità».
Senta, ma lei vorrebbe giustificare anche le parole utilizzate da Emanuele D’Apice al momento dell’elezione a presidente del consiglio comunale?
«Alcuni passaggi di quel discorso sono stati sbagliati e li condanno, ma l’eco che ha avuto quella vicenda sembra aver sopraffatto la realtà di un professionista che si è formato, lavora, ha una famiglia e non ha mai avuto problemi con la legge. Ciò che dovrebbe distinguere la politica, prima delle parole, sono gli atti che compie. E qui le potrei fare diversi esempi di storie raccontate che non trovano riscontro nella realtà».
Tipo?
«Ho letto ricostruzioni sui rapporti tra quest’amministrazione, la famiglia Greco e la vicenda Cirio. Ma c’è una verità che nessuno può cambiare perché è scritta negli atti: la mia è la giunta che ha messo fine per sempre a quel progetto di riconversione della Cirio».
Senta, al di là del possibile scioglimento, la sua giunta sembra vivere un lungo momento d’immobilismo.
«Ma non è così, tutt’altro. Stiamo lavorando come matti per non far perdere a Castellammare l’irripetibile opportunità dei fondi del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Il 15 gennaio presenteremo le schede per i progetti candidati ai finanziamenti del Contratto Istituzionale di Sviluppo con il Ministero, sia per la mobilità che per il porto antico. Il 24 gennaio parteciperemo al bando per i beni confiscati, l’8 febbraio a quello per la messa in sicurezza delle scuole, il 28 febbraio a quello per mense e palestre scolastiche e asili nido. Castellammare è pronta a intercettare 50 milioni di euro e c’è una novità anche per le Terme».
Quale?
«Il 23 dicembre, appena pochi giorni fa, è stato approvato il decreto attuativo che inserisce anche i poli termali tra quelli che possono beneficiare dei finanziamenti del Pnrr. Dobbiamo mettere a punto la nostra progettualità, perché potrebbe rappresentare un’occasione fondamentale per rilanciare le Terme».
E se nel frattempo dovessero sciogliere il consiglio comunale?
«Guardi, io so che in città, anche politicamente, c’è chi tifa per lo scioglimento e non fa nulla per nasconderlo. Ma mi consenta dire che sbaglia per due motivi».
Quali sarebbero?
«Il primo è che Castellammare perderebbe un’occasione come quella dei finanziamenti del Pnrr che non ripasserà più per decenni. I tempi sono strettissimi per intercettare i finanziamenti, far partire i bandi e completare le opere. Il secondo è che il marchio che verrebbe affibbiato alla città allontanerebbe investitori, professionisti, affossando le possibilità di sviluppo. Oggi più che mai c’è bisogno di fare fronte unico contro i tentativi d’infiltrazioni camorristiche, con l’aiuto della Prefettura e delle forze dell’ordine, e consentire alla nostra città di poter finalmente ambire allo sviluppo socio-economico e culturale che merita».