Castellammare, caccia ai prestanome del clan. Un tesoro da 30 milioni di euro
Ciro Formisano
Insospettabili imprenditori, professionisti affermati e persino bancari. Sono le teste di legno della camorra, i burattini dei clan che custodiscono i tesori dei D’Alessandro. Un impero sconfinato che solo contando i sequestri eseguiti negli ultimi anni dall’Antimafia vale almeno 30 milioni di euro. Soldi che danno l’idea dell’enorme potere di una delle più spietate e longeve cosche della criminalità organizzata campana. Un clan sulla cresta dell’onda da decenni che nel tempo ha accumulato tesori sconfinati, arrivando a mettere le mani su interi settori commerciali e condizionando lo sviluppo di un territorio dove le aziende “sane” sono spesso costrette a chiudere i battenti. Dettagli emersi tra le pieghe delle numerose inchieste che negli ultimi quattro anni sono state in grado di decimare l’ala militare della cosca con base nel rione Scanzano. I numeri sono chiari: oltre un centinaio di arresti, condanne per millenni di carcere e decine di boss sepolti vivi al regime del carcere duro. Una delle ultime indagini coordinate dalla Dda di Napoli ha portato all’esecuzione di un provvedimento di sequestro da 4 milioni di euro a carico di numerose aziende in odore di camorra attive sia nel settore della vendita di prodotti ittici sia in quello delle ambulanze. Ma sono solo due degli ambiti nei quali, in questi decenni, avrebbe agito la cosca per riciclare i soldi sporchi messi insieme con racket, usura e spaccio di sostanze stupefacenti (settore quest’ultimo che vale per il clan 10 milioni di euro all’anno di incassi). Le inchieste e i processi, infatti, hanno accertato che la cosca avrebbe investito anche nel settore immobiliare, arrivando a riscuotere tangenti persino sulle transazioni per la vendita di immobili, palazzi e appartamenti. E sono decine le attività imprenditoriali – impegnate nei più svariati settori – sulle quali sono stati sollevati sospetti e ombre nel corso di questi anni. In un verbale finito agli atti di diverse indagini sfociate in processi e condanne, i pentiti hanno ribadito che la cosca ha avuto per anni il completo controllo sull’assegnazione degli appalti pubblici e privati a Castellammare di Stabia facendo leva anche sulle informazioni che sarebbero giunte direttamente dall’interno degli uffici. L’Antimafia, come dimostra l’ultima indagine sulle ambulanze, sta provando a seguire la scia del denaro per provare a individuare gli insospettabili custodi del tesoro del clan e incastrare i prestanome che proteggono sia i soldi che i misteri della cosca. Da dipanare c’è una intricata matassa di misteri, interessi e omertà. Un intreccio che tiene legati camorristi e professionisti, assassini e colletti bianchi. E mettere le mani su questa zona d’ombra potrebbe voler dire assestare un colpo forse fatale alle sorti di un clan che da tempo semina morte e terrore in provincia di Napoli.