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Castellammare. Auto incendiate e pistole puntate al volto: l’inferno delle vittime del racket

Castellammare. Auto incendiate e pistole puntate al volto: l’inferno delle vittime del racket

Tiziano Valle

Imprenditori minacciati di morte dai killer del clan, intimidazioni, aggressioni e raid per riscuotere venti estorsioni. Sono i contorni choc dell’ultima inchiesta imbastita dall’Antimafia sugli affari della camorra di Castellammare di Stabia. Un’indagine che costerà il processo a 21 imputati per i quali la Dda ha chiesto il rinvio a giudizio. Dalle trame di quell’indagine emerge l’asfissiante rete estorsiva imbastita dalle cosche per mettere le mani sul business delle estorsioni. In tutto venti gli episodi ricostruiti grazie alle indagini, che hanno permesso di ricostruire l’inferno patito dalle vittime della cosca. Vittime come Adolfo Greco. In questa inchiesta sono diversi gli episodi estorsivi in cui l’imprenditore stabiese è stato oggetto di richieste di pizzo da parte degli esattori del clan.

Il più clamoroso riguarda la tangente imposta da Renato Cavaliere, il ras pentito del clan D’Alessandro oggi diventato collaboratore di giustizia. Tra il 2006 e il 2007 Cavaliere ha imposto a Greco di pagare una estorsione da 50.000 euro, il 5% dell’ammontare dei lavori di ristrutturazione eseguiti presso l’abitazione dell’imprenditore. In quella circostanza a Cavaliere l’Antimafia contesta, inoltre, di aver minacciato la vittima fin sotto casa, pistola in pugno, all’alba di una mattina da incubo.

Nell’indagine viene fuori anche il nome di Catello Romano, il killer del consigliere comunale Luigi Tommasino. Romano, si legge nel capo d’imputazione, ha incendiato l’auto del figlio di Greco in seguito alle resistenze dell’imprenditore nel pagare la tangente. Sempre Cavaliere ha estorto a Greco altri 30.000 euro per alcuni lavori in un’abitazione di via Panoramica. L’imprenditore stabiese è stato vittima, però, anche di altri episodi estorsivi. Dai 5.000 euro imposti – sostiene l’accusa – da Pasquale D’Alessandro e Sergio Mosca, passando per gli altri 5.000 euro “una tantum” che Greco avrebbe pagato a Vincenzo D’Alessandro, Paolo Carolei e Salvatore Belviso. Estorsioni che si sommano a quelle che Greco ha versato ad altri esponenti del clan, come accertato dal processo con rito abbreviato legato all’inchiesta “Olimpo”.

Processo nel quale è stato deciso il risarcimento all’imprenditore costituitosi parte civile contro i ras dei D’Alessandro. Nella rete del pizzo, oltre a Greco, tante altre vittime. Imprenditori, ma anche professionisti. Tutti costretti a pagare il clan, spesso in seguito a gravi minacce. «Se denunci, ti ammazzo», una delle frasi legate ad un’altra estorsione e attribuita dagli inquirenti a Liberato Paturzo, il costruttore edile ritenuto l’anima imprenditoriale dei D’Alessandro. Ma anche i 200.000 euro di tangente imposti al titolare di un’altra impresa impegnata nell’edilizia. «Devi vedere quanti centimetri ci vogliono per coprire i cristiani», la minaccia proferita all’indirizzo della vittima dagli esattori della cosca. Una indagine che sommata ai risvolti di precedenti inchieste dà il peso della morsa estorsiva che da decenni tiene in scacco la città, arricchendo le casse delle cosche attive sul territorio. Catene che Castellammare sta provando a spezzare, grazie al lavoro degli inquirenti. Inchieste e processi, negli ultimi 4 anni, hanno portato dietro le sbarre circa 200 camorristi, con centinaia di condanne definitive per boss, esattori del pizzo e soldati al servizio dell’esercito dei clan D’Alessandro e Cesarano.

Fonte: https://www.metropolisweb.it/2022/01/30/castellammare-auto-incendiate-pistole-puntate-al-volto-linferno-delle-vittime-del-racket/