Cerca

Cassino. Confiscati beni per un valore di 150 milioni ai Terenzio. Secondo la DIA sarebbero collegati ai Casalesi

Sequestrati i beni dei Terenzio. Sigilli a quarantuno immobili tra cui un vecchio castello trasformato in hotel

All’alba di ieri un centinaio di agenti della Direzione Investigativa Antimafia del centro operativo di Roma hanno apposto i sigilli ai beni della famiglia Terenzio di Cassino, dislocata anche nel vicino centro montano di Cervaro. Ecco nel dettaglio i beni, già sottoposti a sequestro, finiti, in virtù della legge La Torre, nella disponibilità dello Stato: quarantuno unità immobiliari fra Roma, Frosinone e Cassino, due ville lussuose, una situata a Cervaro e l’altra in pieno centro a Cassino, un ristorante con collina panoramica ad Amaseno, dodici vetture di grossa cilindrata, due yacht ormeggiati fra a Gaeta e Capri, una decina di quote societarie, un albergo, ventidue terreni e dieci società. Il decreto di confisca del Tribunale di Frosinone, sezione misure preventive, ripercorre passo passo quello che è il sequestro preventivo operato nel 2009 che fece seguito all’operazione «Grande Muraglia» sulle attività e i legami dei due soggetti con il clan dei Casalesi e con la banda della Magliana, almeno questo c’è agli atti a seguito delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia. In particolare con l’operazione «Grande Muraglia» del 2008, quando ci fu l’arresto dei due imprenditori, era stato scoperto l’illecito commercio di oggetti contraffatti e apparecchiature elettroniche che riproducevano marchi prestigiosi e importati illegalmente dalla Cina che gestivano i Terenzio in accordo, secondo gli investigatori, con la famiglia napoletana dei Giugliano, un tempo operativa a Forcella e poi costretta a trasferirsi nel Frusinate e a Cassino dopo aver perso la «guerra» con il clan dei Mazzarella. «La maggior parte dei soldi venivano dal contrabbando, dalla vendite di capi d’abbigliamento contraffatti. Le proprietà confiscate oggi alla famiglia Terenzio sono frutto di quel giro di malaffare», hanno spiegato gli inquirenti della Dia. «In dieci anni sono state effettuate circa 15.000 movimentazioni bancarie per un totale di settanta milioni di euro», hanno riferito sempre dal centro operativo della Dia di Roma, diretto dal colonnello La Forgia. Ma il provvedimento del Tribunale di Frosinone muove i passi da quelle che sono le dichiarazioni dei redditi dei soggetti interessati. C’è sproporzioni fra le somme dichiarate, poche migliaia di euro, e il patrimonio accumulato. «Attese le dichiarazioni reddituali non si può ragionevolmente non desumersi che le ingenti risorse finanziarie ritenute nella disponibilità dei Terenzio costituiscano anche provento e reimpiego del reato di evasione fiscale», si legge in un passo del decreto. Dunque un patrimonio accumulato illecitamente.

Vincenzo Caramadre

(Tratto da Il Tempo – Frosinone)