AMDuemila 03 Marzo 2023
Repici: mafia di Barcellona Pozzo di Gotto è “potremmo dire, una mafia di Stato”
“Attilio era un tipo gioioso, allegro, ironico, intelligente, solare. Dove entrava lui entrava la luce, la voglia di vivere, la felicità. Il 12 febbraio (2004 ndr) noi apprendiamo, verso le 13.00 che nostro figlio era morto. Siamo rimasti scioccati però noi quando abbiamo cominciato a capire che eravamo stati ingannati” capendo “che mio figlio era morto per overdose” e “non per aneurisma cerebrale”, abbiamo “capito che c’era un tutto un raggiro intorno a noi”. Così Angela Gentile, madre del giovane medico siciliano Attilio Manca, ha ancora una volta raccontato quell’evento dolorosissimo e terribile di diciannove anni fa.
La versione ufficiale (oggi smentita) aveva sempre parlato di suicido causato da un’overdose di eroina e farmaci.
Ma la relazione della commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura ha ribaltato completamente le conclusioni della magistratura di Viterbo: è stato acclarato, come ha spiegato su ‘Repubblica Tv’ il fratello di Attilio, Gianluca Manca che “Attilio non avesse mai fatto uso di sostanze stupefacenti” e che anche tutti i suoi amici e colleghi che hanno lavorato con lui “lo hanno sempre escluso. Anche per il tipo di intervento in cui Attilio si era specializzato, che era la prostatectomia radicale, doveva essere lucido. Anche la relazione tossicologica ha escluso proprio che Attilio fosse dipendente occasionale, ne tanto meno abituale”.
Secondo i commissari Attilio Manca è stato ucciso, e la sua morte (questa è una “certezza”) è stata “una conseguenza dei contatti avuti” con Bernardo Provenzano.
Un omicidio che “non appare essere stato il classico assassinio mafioso, ma il frutto di una collaborazione tra la cosca mafiosa barcellonese e soggetti istituzionali estranei a Cosa Nostra”.
E la mafia barcellonese non è una mafia ‘comune’: la sua “caratteristica principale – ha l’avvocato della famiglia Manca Fabio Repici – è quella di essere, potremmo dire, una mafia di Stato. Le relazioni tra i vertici della mafia Barcellona ed esponenti istituzionali non hanno pari in nessun altro assembramento mafioso d’Italia”.
Per fare chiarezza non è ancora chiara la natura dei contatti avuti tra Attilio e il padrino corleonese.
Di certo è che nel 2003 Attilio Manca era “degli urologi italiani più esperti nella cura del tumore alla prostata che era proprio il problema sanitario che aveva Bernardo Provenzano“, ha spiegato Repici. “Per ragioni non solo di conoscenze ma perfino parentali Attilio Manca era persona che poteva essere contattata da quel circuito“.
La parole dei pentiti
“Il racconto dei pentiti, tutti quanti – ha detto Angela Gentile su ‘Repubblica Tv’ – sostengono che Attilio è stato ammazzato perché ha visitato Bernardo Provenzano, perché lo ha curato, perché lo ha assistito durante la sua malattia“. Ma “secondo me è stato ucciso perché lui, mio figlio, si è rifiutato” ha detto.
Come ha spiegato la deputata Stefania Ascari, prima firmataria della relazione, “parliamo di cinque collaboratori di giustizia che di fatto non hanno avuto interazioni tra di loro ma tutti e cinque parlano di omicidio e tra questi ce n’é uno in particolare, Carmelo D’Amico“.
Quest’ultimo, ha detto Repici, “è un importantissimo esponente della mafia barcellonese, che ha confessato oltre trenta omicidi commessi personalmente da lui. Anni dopo fu detenuto al carcere di Opera e lì ebbe modo di avere relazioni con un importante esponente di Cosa nostra palermitana, un capo mandamento come Antonino Rotolo, persona legatissima a Bernardo Provenzano. Ha ricevuto informazioni importantissime e riscontrate. E tra queste ce n’é una riferibile all’omicidio di Attilio Manca e al coinvolgimento nella fase esecutiva dell’omicidio di Attilio Manca di personaggi appartenenti ai servizi segreti”.
Nella relazione abbiamo fatto un altro nome: quello di “Rosario Cattafi” ha continuato Ascari.
Cattafi, come descritto da Repici, è “pregiudicato per altri reati, e tutt’ora sotto processo per associazione mafiosa” e “ha riportato una condanna da ultimo ribadita in un giudizio di rinvio della corte di Appello di Reggio Calabria. Possiamo già dire che è stata accertata in sede processuale la appartenenza di Rosario Cattafi alla famiglia mafiosa barcellonese e anche la sua capacità di intrattenere relazioni di alto livello, sia all’interno di Cosa Nostra, con i vertici di Cosa Nostra, sia di intrattenere relazioni con importanti esponenti del potere legale. Che si tratti di politici, sia che si tratti di magistrati, sia che si tratti di apparti di polizia e intelligence”.
tratto da: video.repubblica.it
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