Il Corriere della Sera, Martedì 18 aprile 2017
Case Bianche, l’«impero» degli amici di quartiere: ovuli di cocaina e botte
I viaggi dall’Argentina a Milano, tra ville esclusive ed escort
di Andrea Galli
Tranne uno che aveva precedenti, i cattivi ragazzi delle Case bianche arrestati dai carabinieri erano incensurati. A tradirli è stata l’inesperienza criminale. Non tanto nella costruzione della banda e dei traffici, che per un gruppo di debuttanti nella cocaina aveva raggiunto alti livelli, quanto nella gestione dei risultati. Anziché tacere e mantenere un basso profilo per non dar nell’occhio, si bullavano dell’enorme villa in Argentina dove ricevevano costosissime escort e soprattutto i personaggi della malavita sudamericana con i quali fare affari, e si vantavano di come, puntualmente dopo aver ingerito gli ovuli di droga, gabbavano i controlli negli aeroporti di Buenos Aires e Roma Fiumicino. Di certo non erano auto-celebrazioni urlate: gli otto della banda (con la condanna nei giorni scorsi dell’ultimo arrestato, l’inchiesta può dirsi definitivamente chiusa) si lasciavano andare a confidenze soltanto nei caseggiati popolari, convinti d’essere ancora in un inaccessibile fortino di impuniti.
Nei caseggiati
Forse cinque anni fa, quando le pattuglie nemmeno potevano avvicinarsi pena il lancio di oggetti dalle finestre e la rabbiosa resistenza degli abitanti, non sarebbe successo niente: invece adesso i carabinieri della stazione Porta Romana e Vittoria, che sorge proprio ai piedi delle Case bianche, beneficiano della capacità, costata fatica e numerosi tentativi, di «infiltrarsi» nel contesto sociale e di aprire fondamentali canali di dialogo. Gli uomini comandati dal maresciallo capo Giuseppe Palumbo hanno nel tempo avvicinato i residenti, ascoltato le istanze, difeso dai prepotenti la brava gente — che resta la maggioranza —, e hanno condotto indagini che dagli scippi alle rapine fino alle occupazioni abusive hanno contrastato la quotidiana percezione d’insicurezza. L’operazione contro gli ovulatori è la miglior sintesi dell’attività dei carabinieri e vale come un «premio». La strategia dei trafficanti, a suo modo, era semplice. A Ezeiza, novantamila abitanti vicino a Buenos Aires, la banda dimorava in una villa dall’affitto mensile di tremila euro. Gli otto acquistavano la cocaina, la trattavano per formare ovuli che ingoiavano, compravano il biglietto aereo e tornavano in Italia. La droga aveva in media una «purezza» dell’85%. A Milano veniva rivenduta al prezzo di 45 euro al grammo. Il più «vecchio» era il 48enne Moreno Uroni, il più giovane Mirko Pappalardi, 25 anni. Gli altri erano Luigi Castaldo (34 anni), Christian Belusini (41), Danilo Mancini (38), Stefano Bianchi (42), Alessandro e Domenico Settecase (31 e 33).
Andata e ritorno
Da Buenos Aires gli ovulatori atterravano a Fiumicino e si trasferivano in hotel come l’Ibis di Roma Magliana, per scaricare le dosi. Il passaggio successivo era il rientro alle Case bianche in treno oppure in macchina. A volte, con l’obiettivo di avere una copertura, i criminali si facevano raggiungere a Roma dalle famiglie: trascorrevano il fine settimana insieme a moglie e bimbi, quindi erano pronti per raggiungere Milano. Quanti effettivi carichi siano stati trasportati è difficile dirlo. L’unica certezza è che il tenore di vita dei trafficanti era esponenzialmente aumentato. Fin quando una fonte confidenziale aveva imbeccato Palumbo. Il maresciallo capo dirige dodici carabinieri, in maggioranza giovani e con gran voglia di fare. Ha l’abitudine, Palumbo, di concentrare le forze in maniera pragmatica senza inseguire suggestione da super-detective chiamato a salvare il mondo. C’era stata quella segnalazione e il maresciallo capo aveva deciso d’inseguirla fino in fondo. I suoi cagnacci sono partiti da un nominativo e grazie ad appostamenti, pedinamenti e analisi dei social network (i balordi avevano l’abitudine di comunicare su Facebook utilizzando falsi profili e identità femminili) hanno ricostruito la rete.
Calci e pugni, sequestri, stupri
All’inizio abbiamo ricordato l’inesperienza criminale degli otto. Questo non toglie che fossero violenti e feroci. A un certo punto s’erano fatti l’idea che uno di loro avesse cominciato a «cantare» coi carabinieri. Non gliel’avevano perdonata commettendo un errore letale, poiché quella persona dai carabinieri era andata per davvero. Ma per denunciare successivamente al raid. Un pomeriggio Bianchi era nei giardinetti dei caseggiati. Era stato avvicinato da due compagni, picchiato a calci e pugni, obbligato a salire nel suo appartamento dove le violenze erano proseguite. Gli erano stati rubati passaporto, cellulare e chiavi dell’abitazione cosicché gli altri potessero entrare a piacimento, magari per stuprare sua moglie: avevano giurato che sarebbe stato il punto finale della vendetta. Le Case bianche erano la base della banda, che aveva scelto altri alloggi fuori Milano per depistare le forze dell’ordine. Missione fallita. Al settimo piano di un condominio in viale Kennedy 36 a San Donato Milanese, i carabinieri hanno trovato 3 ovuli dal peso di 17 grammi di cocaina, 5 mila euro in contanti, materiale da taglio e confezionamento. Le chiavi di quell’appartamento le aveva Castaldo, che rintracciato ha negato ogni coinvolgimento spiegando che dovevano chiedere ad Alessandro Settecase, il quale ha ammesso le responsabilità. Successive perquisizioni hanno svelato ulteriori «tesori». Lì la gang s’è sbriciolata, i suoi componenti via via catturati hanno fatto nomi, si sono traditi e hanno tradito. Sono rimasti in sette, gli ovulatori. A uno è scoppiato il cuore. Letteralmente. È esploso. Oltre che trasportarla, pippava cocaina in quantità esagerate, senza risparmiarsi.