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Casalesi a Trieste racket con le foto di boss e familiari

Il Mattino, MERCOLEDÌ 19 DICEMBRE 2018

Casalesi a Trieste racket con le foto di boss e familiari

Alle vittime venivano mostrate le immagini dei loro parenti e di un fantomatico zio descritto come il capo clan: 7 arresti

di Mary Liguori

L’INCHIESTA

Con l’arresto di Filippo Ronga, catturato a Formia dopo un conflitto a fuoco il 13 gennaio scorso, «baronetto» dalle mala di Sant’Antimo che si mise contro il boss Pasquale Puca «o minorenne» e cercò di imporsi a suon di bombe a nord di Napoli, gli affiliati al suo gruppo di fuoco sono diventati personaggi in cerca d’autore, sgarristi senza capo. E si sono ritrovati a fare il salto di qualità che forse neanche loro avrebbero mai immaginato di poter fare. Un salto lungo tutto lo Stivale, fino a Trieste, e oltre, in Croazia, dove si sono ritrovati a far valere parentele e affiliazioni, vere o presunte, con potenti clan della camorra campana, per costringere i soci-vittime di un trader di successo, Fabio Gaiatto, a restituire migliaia e migliaia di euro bloccati nelle società create, secondo la Dia, per far circolare un fiume di soldi provento di una maxitruffa degli investimenti. Per terrorizzare le vittime hanno anche esibito la foto di loro parenti. «Sappiamo dove sono». Era uno dei sistemi per obbligare i creditori a rinunciare a quanto loro dovuto. Somme importanti, visto che solo nel 2017 sono stati mossi 54 milioni di euro. Tremila i truffati, 800 quelli sui quali lavora la Procura di Pordenone, ma questa è un’altra storia.

TRUFFA MILIONARIA

L’ultima frontiera, quella che ieri ha stabilito che esiste un nesso tra il broker Fabio Gaiatto, di Portogruaro, già in passato al centro di inchieste per autoriciclaggio, e la peggiore camorra campana, è in capo alla Procura di Trieste. Ieri sono finite agli arresti con Gaiatto altre sei persone. Quattro sono napoletani e tre di loro sono ritenuti vicini al clan Ranucci di Sant’Antimo, componenti della «paranza» di Filippo Ronga. Si tratta di Gennaro Celentano, Mario Curtiello, entrambi di Napoli, e di Domenico Esposito, di Sant’Antimo. I primi due erano già detenuti. Oltre che per loro, il gip ha disposto il carcere per Walter Borriello e Luciano Cardone, di Torre del Greco, e per Francesco Salvatore Paolo Iozzino, di Angri, residente a Legnano.

CAMORRISTI IN TRASFERTA

Le indagini della Dia di Trieste, coordinata dal tenente colonnello Giacomo Moroso, si basano su due denunce, quelle dei «soci» pentiti di Gaiatto, e su una serie di intercettazioni. Sul finire del 2017 per il trader cominciano i problemi perché decine di investitori che si rendono conto di essere stati truffati iniziano a battere cassa. A quel punto, il broker ricorre ai campani. Curtiello, Celentano, Esposito, Borriello e Cardone vanno a Venezia dove hanno un doppio incarico. Da un lato proteggono Gaiatto dalla folla di investitori che gli si presenta alla porta di casa, dall’altro ripartono, questa volta per la Croazia, dove i soci di Gaiatto si rifiutano di pagare. Ed è qui che spunta un legame tra il broker, gli investimenti truffa e il clan dei Casalesi. Dice Celentano alle vittime che, dopo il blocco dei conti delle società, negano il denaro a Gaiatto: «Voi siete morti che camminano, sappiamo tutto di voi e delle vostre famiglie… attenti… mio zio è un boss dei Casalesi». Ad altre vittime, gli investitori truffati, mostrano la foto dei loro familiari, così da costringerli a rinunciare al denaro loro dovuto. Che sia vera o presunta la parentela criminale dell’indagato, poco conta. Terrorizzati, i malcapitati consegnano 370mila euro tra denaro, auto e beni immobili. Ed è in questo che la Procura giuliana diretta da Carlo Mastelloni individua l’estorsione con il metodo mafioso che, a Trieste, è uno scenario più unico che raro.

INVESTIMENTI DEI CLAN

I magistrati giuliani ipotizzano un investimento di dodici milioni di euro da parte delle cosche campane sulla piattaforma gli investimenti-truffa. Oltre alle sette persone arrestate, figurano sul registro degli indagati i nomi di altre cinque persone, due delle quali, a quanto pare, legate a doppio filo con la camorra napoletana. È, per la Dda, la liaison tra la camorra e il broker. Ma su questo aspetto le indagini sono ancora in corso. Si sa che le società fondate da Gaiatto si trovano anche in Slovenia e in Gran Bretagna. La Dia, insieme alla guardia di finanza, continua a lavorare per riannodare i fili che legano le piattaforme di trading messe in piedi in diversi Paesi europei per riciclare il denaro della camorra.