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Casal di Principe – Cassino – Formia: linea diretta con i Casalesi

Casal di Principe – Cassino – Formia: linea diretta con i Casalesi
Casal di Principe – Cassino – Formia: linea diretta con i Casalesi

Venerdì 13 gennaio 2017

di Saverio Forte

Le indagini sono avvolte da un comprensibile riserbo e le ha promosse il Commissariato di Polizia di Cassino guidato da uno dei poliziotti pontini più bravi di sempre, il vice-questore Alessandro Tocco.

Grazie al suo apprezzato fiuto investigativo, Tocco la scorsa settimana – era il 5 gennaio – ha inviato un paio di agenti in borghese della Digos in una località che conosce meglio delle sue tasche, Casal di Principe.

Erano in programma all’indomani della sua scomparsa i funerali super scortati dell’ex capozona del clan dei Casalesi, Vincenzo Alfiero, di 84 anni, considerato il fondatore dell’ala-Bidognetti della potentissima organizzazione criminale e padre di Massimo, uno dei membri del gruppo di fuoco guidato all’epoca dal capo del ramo stragista del clan, Peppe Setola.

Gli agenti della Digos, muniti di potenti macchine fotografiche, avrebbero immortalato a Casal di Principe tre personaggi di Cassino conosciuti alle forze dell’ordine che, a bordo una berlina tedesca, hanno “allungato” sino a Formia per permettere ad una persona del posto di recarsi nel luogo in cui si sono celebrati i funerali blindati di Alfiero, la chiesa dello Spirito Santo.

Naturalmente sono ora al vaglio degli inquirenti questi preziosi fotogrammi che testimonierebbero il legame storico di “O’ Capritt” – così era chiamato l’84enne Alfiero – con Formia e Cassino.

L’uomo nei primi anni ottanta fu tra i primi a muovere l’avanzata del nascente clan dei Casalesi verso nord e, in particolare, di Formia diventando il reggente di Francesco Bidognetti.

Le vicende dell’ex capozona dei Casalesi Vincenzo Alfiero

Cassino perché? Alfiero aveva rapporti particolari con rappresentanti del gruppo La Torre-Beneduce di Mondragone, clan che entrò a pieno titolo nell’omicidio avvenuto nel 1995 nella città martire del noto avvocato Enzo Avino. Ma anche perché, stando alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il figlio di Alfiero (nel 2010 scelse di collaborare con la giustizia  ma decise in ultimo di fare un passo indietro dopo un colloquio in carcere con la giovane moglie) dopo la strage del settembre 2008 a Castelvolturno avrebbe esortato il padre a far calmare le acque nel cassinate, laddove  a Campozillone, una frazione di Mignano Montelungo, il 14  gennaio di otto anni fa ebbe fine la latitanza di Setola.

Alfiero da tempo, comunque, era libero, aveva scontato la sua condanna inflitta al processo “Spartacus” ed era tornato nella sua abitazione di via Imola a Casale. In precedenza, all’età di 76 anni, dovette tornare in carcere a seguito di un’ordinanza supportata dalle inchieste della Dda e di uno dei suoi magistrati di punta, il Pm Giovanni Conso.

Il suo primo arresto è davvero datato: risale al 1983 quando finì in carcere, insieme a 116 persone, poiché accusato di associazione per delinquere di tipo mafioso per una presunta affiliazione al cartello della Nuova Famiglia all’epoca facente capo ad Antonio Bardellino. Secondo diversi collaboratori di giustizia Alfiero si sarebbe sempre occupato del settore del movimento terra, arrivando a costruire case e bunker per il clan, ad occuparsi delle estorsioni ai cantieri e agli appalti di opere pubbliche in diversi comuni dell’alto casertano.

fonte:www.casertace.net