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Carla. donna disabile di 52 anni, la cui vera sfortuna è stata crescere in un quartiere, dove le cose funzionano così. E’ COME TROVARSI IN UN ALTRO MONDO,FATTO SICURAMENTE DI BARBARIE!!!!!!

Carla. donna disabile di 52 anni, la cui vera sfortuna è stata crescere in un quartiere, dove le cose funzionano così. E’ COME  TROVARSI IN UN ALTRO MONDO,FATTO SICURAMENTE DI BARBARIE!!!!!!
Carla. donna disabile di 52 anni, la cui vera sfortuna è stata crescere in un quartiere, dove le cose funzionano così di Antonio Crispino /Corriere TV

Alla fine ha dovuto rinunciare alla sua casa. Ha vinto la camorra, hanno vinto quelli che nove mesi fa (il 27 febbraio) hanno sfondato la porta e hanno occupato la casa di Carla. È una donna disabile di 52 anni, la cui vera sfortuna è stata crescere in un quartiere, Soccavo, dove le cose funzionano così. Se esci di casa e stai fuori troppo a lungo al ritorno ci trovi altri “inquilini” che si appropriano della tua abitazione, con le buone o le cattive. A febbraio scorso in effetti l’avevano anche avvisata, un vero e proprio avviso di sfratto. Una donna con i suoi due figli avvicina il fratello di Carla e parla chiaro: «Se non vuoi che occupano casa tua ci devi mettere nello stato di famiglia. Lo diciamo per te, in questo modo nessuno ti darà più fastidio».

Essere parenti rappresenta una corsia preferenziale per ottenere l’alloggio popolare. Una volta che il titolare lascia casa il parente può chiederne l’assegnazione, legittimamente. Antonio Frosolone non ci sta. Risponde che la sorella Carla non ha altri parenti in zona al di fuori di lui. Il giorno successivo riceve una telefonata: «La casa ora è nostra». La occupano con tutte le loro cose dentro: vestiti, mobili, la spesa nel frigo. «Non ci hanno dato nemmeno la possibilità di prendere le foto di famiglia o l’ampolla con due pesciolini rossi a cui Carla è molto affezionata». Antonio usa il verbo al presente perché i pesciolini rossi è riuscito a riprenderseli, con grande felicità della sorella. Ma dopo nove mesi. Tanto ci ha impiegato il Comune di Napoli per fare giustizia e cacciare via gli occupanti abusivi. Nove mesi passati a fare denunce, segnalazioni, proteste quasi ogni giorno. «Mia sorella dalla sera alla mattina si è ritrovata in mezzo a una strada. Se non avesse avuto me dove sarebbe andata, che fine avrebbe fatto?» racconta Antonio con in mano una cartellina zeppa di denunce ai carabinieri e lettere a sindaco e assessori competenti.

Per mesi insegue il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, va anche in televisione a fare un appello. Viene a sapere che il sindaco sarà ospite in un teatro a Pomigliano d’Arco e si presenta lì per parlargli di persona. Lo fa ma nulla cambia. Al rinnovo della giunta dopo le ultime elezioni comunali, Il nuovo assessore al Patrimonio Enrico Panini lo chiama per esprimergli vicinanza e spiegargli che non riesce a capire come mai dopo tre ordini di sgombero lo sfratto non venga eseguito. Frosolone gli fa notare che la mamma di uno dei suoi estorsori ha una relazione con un vigile urbano e che forse è lì il problema. Quando lo chiamano dalla casa comunale per dargli la bella notizia dello sgombero, Antonio non gioisce. Decide di rifiutare quella casa. Perché nove mesi sono troppi per fare giustizia, sono troppi per una donna disabile che non aveva altro che quell’appartamento. «E poi non starei tranquillo mandando mia sorella in quel quartiere, ci hanno fatto capire chiaramente che non ci lascerebbero in pace». Infatti succede che lo scorso 17 novembre, quando si reca in via Eneide, 11 a Soccavo per prendere nuovamente possesso dell’alloggio comunale, viene avvicinato proprio dagli occupanti: «Su questo appartamento abbiamo investito 20mila euro, se li perdiamo ce li ridai tu».

L’investimento di cui parlano è quello che fa la camorra per ristrutturare le case occupate e poi rivenderle al mercato nero a prezzo maggiorato. Quello stesso giorno Antonio entra per l’ultima volta in casa sua, prende l’ampolla con i pesciolini rossi in un’acqua ormai torbida e maleodorante ma miracolosamente vivi e chiude per sempre quella porta. La settimana scorsa ha comunicato al Comune che rinuncia a quell’appartamento. Ci è ritornato solo per accompagnare noi. Ma non è sceso dalla macchina. «Non ho vergogna a dire che ho paura di questa gente, ho paura di questo sistema. Ho dovuto lottare anche per mettere una lampadina della luce nell’androne perché loro vogliono il buio, nessuno deve vedere e nessuno deve sapere». E nessuno di quel condominio li ha chiamati per esprimere solidarietà o semplicemente sapere come stava Carla, se aveva bisogno di qualcosa. Hanno chiamato in tanti, invece, per proporgli di vendere sottobanco l’alloggio comunale. «Mi hanno offerto fino a 10mila euro. Qualche altro vicino voleva pagarmi un pigione a vita per di metterci la figlia. Mi hanno tempestato di telefonate pur sapendo che l’appartamento è del Comune di Napoli e non può essere né venduto né fittato né subaffittato». Il Comune ora gli ha promesso un altro alloggio ma la sfiducia è forte. «Noi abbiamo rinunciato a quell’appartamento e speriamo che vada a persone oneste, che ne hanno realmente bisogno ma io conosco quell’ambiente, so che come hanno taglieggiato noi lo faranno con chi verrà dopo di noi e se non avranno soldi da dargli faranno di tutto per sfrattare anche loro. Qui come in tutte le case popolari in mano alla camorra funziona così».

 

http://video.corriere.it/esce-casa-camorra-occupa-casa-9-mesi-comune-gliela-restituisce-ma-lei-rinuncia/42785a1c-b874-11e6-886d-3196d477f919