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Carceri, torna dentro Barivelo. Via il capo dell’ufficio detenuti dopo le “liberazioni” dei mafiosi

La Repubblica, 23 Maggio 2020

Carceri, torna dentro Barivelo. Via il capo dell’ufficio detenuti dopo le “liberazioni” dei mafiosi

Era stato condannato per l’omicidio dell’agente Magli. Giulio Romano era al vertice della struttura che si occupa specificatamente del controllo sui detenuti. Si sarebbe dimesso “per ragioni personali”

di LIANA MILELLA

Per intenderci, quando al vertice di questa struttura c’era l’attuale pm di Marsala Roberto Piscitello fu lui che seguì i casi di Riina e Provenzano che chiedevano, per gravi motivi di salute, di lasciare i rispettivi penitenziari per essere trasferiti in normali ospedali. Piscitello invece propose soluzioni interne, cioè le sezioni degli ospedali già attrezzate per ospitare i detenuti posti al 41bis. Il vertice dell’ufficio detenuti, lo dice la parola stessa, è strategico nella gestione di chi entra ed esce dalle carceri, della sua sistemazione, dei suoi trasferimenti per i processi, dei compagni di cella. Si tratta di un vero e proprio osservatorio che deve avere una sensibilità estrema su quanto accade ogni giorno nelle prigioni. 

Giulio Romano era al Dap da febbraio, quindi da pochi mesi. Proveniva dalla Cassazione, dov’era stato sostituto procuratore generale dopo un passato da magistrato di sorveglianza. Lo scrive il sito Poliziapenitenziaria.it che dà la notizia delle dimissioni, senza fornire ulteriori informazioni.

Il ministero della Giustizia incece parla di dimissioni “per ragioni personali”. Anche il vertice del Dap sostiene che è stato Romano stesso a lasciare. Ma inevitabilmente le sue dimissioni sorprendono dopo le polemiche dei giorni scorsi sulle scarcerazioni dei quasi 500 mafiosi (di cui però la metà non definitivi, quindi in stato di carcerazione preventiva), di cui tre al 41 bis, ma gli altri collocati nell’area cosiddetta di Alta sorveglianza Tre, quella più attenuata, nella quale comunque sono reclusi capi e picciotti organici a Cosa nostra.

Ormai è noto che una causa scatenante delle scarcerazioni decise dai magistrati di sorveglianza è stata  la circolare del 21 marzo in cui il Dap scriveva ai suoi provveditori e direttori delle carceri per sollecitare l’invio senza ritardo alla magistratura, in relazione al rischio Covid, degli elenchi di detenuti con gravi patologie (di cui c’era anche l’elenco), nonché di quelli che superavano i 70 anni.  Un foglio firmato di sabato da una funzionaria. Che invece, proprio per il suo significato e le conseguenze che poteva produrre (come in effetti ha prodotto), avrebbe dovuto essere firmato da un responsabile ad alto livello delle prigioni. Quel foglio, comunque, una volta giunto sui tavoli dei magistrati, ha sortito l’unico effetto che poteva avere: valutare la segnalazione del Dap come un motivo in più per scarcerare e mettere ai domiciliari chi chiedeva di uscire in quanto malato. Così è avvenuto.

La circolare, di fatto, è già costata la testa del direttore Basentini, che il primo maggio ha rassegnato le dimissioni. Nel frattempo il Guardasigilli Alfonso Bonafede aveva nominato anche un vice capo del dap, l’ex pm Roberto Tartaglia, occupando una poltrona che era rimasta vuota. Nonché il nuovo capo, l’ex procuratore generale di Reggio Calabria Dino Petralia. Adesso, con il passo indietro di Romano, si chiude il cerchio delle responsabilità che hanno portato alle scarcerazioni, anche non valutando a fondo le conseguenze di una circolare come quella del 21 marzo. Ma nel frattempo non solo è scoppiata la polemica su Bonafede, ma il governo ha dovuto fare ben due decreti legge per rivalutare le scarcerazioni già fatte. Sono tornati dentro Francesco Bonura, Cataldo Franco, Carmine Alvaro, Antonino Sacco. Ieri è stata rinviata, per difetti nella notifica, la seduta del tribunale di sorveglianza di Sassari che deve rivalutare i domiciliare di Pasquale Zagaria.