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Carceri: la relazione dell’Antimafia su 41bis e permessi premio. ”Linee guida” e ipotesi riforma

Carceri: la relazione dell’Antimafia su 41bis e permessi premio. ”Linee guida” e ipotesi riforma

Morra: “Le scarcerazioni hanno rappresentato un vulnus per la credibilità dello Stato”

di AMDuemila

Linee guida’ per fornire criteri ai Tribunali di sorveglianza chiamati a decidere sulle istanze di permesso premio presentate dai condannati e soprattutto per reati associativi, per delitti mafiosi e di criminalità organizzata, eversiva o terroristica e per traffico di stupefacenti oltre a due ipotesi di riforma. Sono alcuni dei contenuti della relazione della Commissione parlamentare Antimafia “sull’istituto di cui all’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario e le conseguenze derivanti dalla sentenza numero 253 del 2019 della Corte Costituzionale” (quella che in sostanza ha riconosciuto l’incostituzionalità del divieto di accedere ai permessi in assenza di collaborazione per alcuni reati ostativi). La relazione, approvata lo scorso 20 maggio scorso e con l’astensione dei principali gruppi di minoranza, è stata discussa in conferenza stampa dal presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra e dal senatore Pietro Grasso e dalla deputata Stefania Ascari, membri della Commissione nonché relatori della relazione. Nel lavoro della Commissione Antimafia si sottolinea che la “presunzione assoluta di pericolosità del soggetto condannato per taluno dei reati elencati 4bis dell’ordinamento penitenziario superabile esclusivamente dalla condotta collaborativa, ha costituito un meccanismo fondamentale nel processo di smantellamento delle organizzazioni criminali”. A seguito delle sentenze della Cedu e della Corte Costituzionale, “la trasformazione della presunzione assoluta di pericolosità in presunzione relativa”, secondo la Commissione Antimafia “non può che essere supportata da nuove soluzioni normative”.

Secondo la Commissione occorre fissare un “doppio binario” a seconda dei reati per i quali è avvenuta la condanna e si propone che per i reati “connessi con la criminalità organizzata, terroristica ed eversiva” gravi sul condannato “l’onere di fornire allegazioni, basate su elementi fattuali precisi, concreti ed attuali, dell’esclusione del mantenimento dei contatti con l’organizzazione mafiosa e del pericolo di ripristino”. Si tratta, dicono da Palazzo San Macuto, di elaborare dei “criteri” in base ai quali la magistratura di sorveglianza possa procedere ad una verifica per decidere sull’eventuale accesso ai benefici penitenziari. Secondo la Commissione “l’istanza di concessione dei benefici non potrà essere generica, ma dovrà contenere una ‘specifica allegazione’ degli elementi che comprovino le condizioni richieste; in assenza di tale specifica allegazione, la magistratura di sorveglianza potrà dichiarare inammissibile l’istanza”. “Altri elementi e circostanze che la magistratura di sorveglianza potrà e dovrà valutare ai fini della concessione dei benefici – sottolinea nella relazione la Commissione – possono essere, a titolo esemplificativo: il perdurare o meno della operatività del sodalizio criminale; il profilo criminale del condannato e la sua posizione all’interno dell’associazione; la capacità eventualmente manifestata nel corso della detenzione di mantenere collegamenti con l’originaria associazione di appartenenza o con altre organizzazioni, reti o coalizioni anche straniere; la sopravvenienza di nuove incriminazioni o significative infrazioni disciplinari; l’ammissione dell’attività criminale svolta e delle relazioni e rapporti intrattenuti; la valutazione critica del vissuto in relazione al ravvedimento; le disponibilità economiche del condannato all’interno degli istituti penitenziari nonché quelle dei suoi familiari; la sussistenza di concrete e congrue condotte riparatorie, anche di natura non economica”. Tra gli altri argomenti da tenere in considerazione, l’applicazione di una delle circostanze attenuanti previste dalle norme o “l’intervenuta adozione di provvedimenti patrimoniali ed il loro stato di concreta esecuzione”.

“L’acquisizione di tali elementi imporrà l’avvio delle verifiche che vedranno impegnate le autorità competenti a fornire le necessarie informazioni: Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, direzione del carcere”, evidenzia ancora la relazione della Commissione Antimafia. “Tenuto conto di quanto emerso dal ciclo di audizioni sul tema” e “dal dibattito emerso in Commissione a seguito della pronuncia delle sentenze della Cedu e della Corte Costituzionale, secondo la Commissione sono possibili “due ipotesi di riforma”. La prima ipotesi formulata dalla Commissione parlamentare è “prevedere una giurisdizione esclusiva in capo al tribunale di sorveglianza di Roma in materia di valutazione dell’accesso ai benefici” previsti dal 4bis compresi i permessi premio. “In tal caso – continua – la competenza a decidere sui reclami avverso i provvedimenti emessi dal tribunale di Roma in materia di permessi premio potrebbe essere affidata ad un organo di seconda istanza, quale una sezione della corte d’appello di Roma integrata dalla presenza di esperti, ovvero allo stesso tribunale di sorveglianza di Roma in composizione diversa rispetto al collegio che ha emesso il provvedimento impugnato. Potrebbe in alternativa escludersi il reclamo e prevedersi esclusivamente il ricorso in Cassazione per saltum”. “La concentrazione della competenza in un unico tribunale a competenza nazionale ovvierebbe al rischio di una giurisprudenza ‘a macchia di leopardo’, e cioè di orientamenti giurisprudenziali eterogenei e difformi pur in situazioni identiche o analoghe – spiega la Commissione – Questa soluzione, tuttavia, presupporrebbe necessariamente una modifica della pianta organica nonché un corrispondente e congruo ampliamento del numero dei giudici, degli esperti e del personale amministrativo addetto al disbrigo degli affari”. La seconda ipotesi formulata dalla Commissione Antimafia, si spiega nella relazione, “è quella che prevede un ‘doppio binario’ con una disciplina differenziata in ragione della tipologia di reati per cui il soggetto è stato condannato”. “In tale ipotesi andrebbe attribuita al tribunale di sorveglianza territoriale la competenza per le istanze di permesso premio presentate dai condannati e dagli internati per reati associativi, per delitti mafiosi e di criminalità organizzata, eversiva o terroristica e per traffico di stupefacenti – precisa la Commissione parlamentare Antimafia – Tale soluzione, che sembrerebbe immediatamente praticabile, risponderebbe all’esigenza che si impone quando si verte in materia di reati gravi e associativi, di una più articolata ponderazione in quanto assicurata da un giudizio collegiale e rafforzata anche dalla presenza dei componenti esperti non togati e delle relative professionalità, nonché dalla partecipazione all’udienza della pubblica accusa”. “Quanto al reclamo, la competenza potrebbe essere affidata ad una sezione territoriale della corte d’appello integrata dalla presenza di esperti ovvero al Tribunale di Sorveglianza di Roma. Potrebbe in alternativa escludersi il reclamo e prevedersi esclusivamente il ricorso in Cassazione per saltum”, osserva la Commissione. Per i reati di natura monosoggettiva previsti dall’articolo 4-bis, comma 1 dell’ordinamento penitenziario “rimarrebbe ferma l’attuale competenza del magistrato di sorveglianza con reclamo al tribunale di sorveglianza territorialmente competente – osserva ancora la Commissione – In ogni caso appare, altresì, utile intervenire sul termine, attualmente previsto in sole ventiquattro ore, per il reclamo avverso il diniego o la concessione dei permessi premio”. In conclusione, spiega la Commissione, ”al fine di garantire un’adeguata circolarità delle informazioni e di favorire il lavoro dei magistrati di sorveglianza, anche in ragione dei trasferimenti dei detenuti da un carcere all’altro”, la Commissione Antimafia propone “che nei confronti di tutti i condannati per i reati di cui all’articolo 4-bis, comma 1 dell’ordinamento penitenziario sia efficacemente implementato il fascicolo elettronico del detenuto o dell’internato (Sidet), nel quale, tra l’altro, dovrebbe confluire la cartella clinica digitale, al fine di consentire ai medici che lo prendono in carico di conoscere in tempo reale le condizioni di salute del detenuto o dell’internato, senza attendere il passaggio dei dati dalla Asl di provenienza”. “Dovranno essere conseguentemente previste adeguate misure che garantiscano l’aggiornamento e la completezza del fascicolo, affinché i dati contenuti possano essere adeguatamente valorizzati dal magistrato e/o dal tribunale di sorveglianza, oltreché dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, ai fini delle pertinenti valutazioni sulla concessione dei benefici penitenziari”, conclude la Commissione. Nella relazione, infine, si sottolinea che, anche alla luce del lavoro svolto e di quanto avvenuto nel corso dell’emergenza Covid, si è manifestata la necessità di uno specifico futuro approfondimento da parte della Commissione sul “tema del potenziamento della sanità penitenziaria”.

Scarcerazioni sono state vulnus in credibilità Stato”
Il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra ha commentato stamani le scarcerazioni di boss avvenute nelle settimane passate durante l’emergenza Covid-19 che, a detta del senatore, sono state “un esempio di inefficienza delle autorità preposte dal punto di vista simbolico”. Soprattutto alla luce del fatto che “la mafia vive di simboli”. “Tutto questo ha rappresentato un vulnus per la credibilità dello Stato”. “E’ sotto gli occhi di tutti – ha aggiunto – che qualcosa non è stato perfetto, ma anche che c’è stata una pronta reazione da parte dello Stato”. In questo senso secondo Morra “è nostro dovere morale scongiurare un ritorno al periodo antecedente alle stragi di mafia, bisogna intervenire celermente attraverso strumenti normativi, la mafia è un fenomeno complesso, la storia della mafia ci insegna che un mafioso resta mafioso fin quando non muore o decide di collaborare”. “La Commissione – ha aggiunto – è intervenuta sul 4 bis anche tenendo conto della necessità di coniugare la sicurezza dei cittadini con i diritti dei detenuti”. “Ricordiamoci che la forza della mafia è da individuare nella capacità di relazione. Il testo che oggi vi presentiamo, purtroppo, non ha ottenuto l’unanimità, come si auspicava, ha registrato l’astensione di gruppi di minoranza”, ha poi ricordato.

03 Giugno 2020

fonte:http://www.antimafiaduemila.com/