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Camorra, politica e rifiuti: l’omicidio Orsi

Due ipotesi. Due piste che gli investigatori seguono per dare un nome e un volto agli assassini di Michele Orsi, freddato a pistolettate domenica a Casal Di Principe. La prima: uno «sgarro» a una fazione del clan dei Casalesi nemica di quella capeggiata da Francesco Bidognetti, noto nell’ambiente col nomignolo di Ciccio e’ mezzanotte.

 La seconda: una sanguinosa rappresaglia per aver svelato i segreti dell’organizzazione.
Sì, perché sebbene la vittima non fosse ancora un pentito, come hanno sottolineato ieri i magistrati della Direzione distrettuale antimafia, ma soltanto un «dichiarante», la sua collaborazione con la giustizia per la Camorra rappresentava un pericolo. Orsi aveva iniziato a rivelare al pm Alessandro Milita informazioni «utili per le indagini» sul consorzio «Eco4», che gestiva lo smaltimento dei rifiuti a Mondragone e di cui lui era titolare assieme al fratello Sergio. E il 17 giugno avrebbe dovuto testimoniare davanti al Gup Enrico Campoli nell’udienza preliminare che vede fra gli imputati l’ex presidente della Commissione di Vigilanza Rai Mario Landolfi. Un’udienza in calendario il 20 maggio, slittata per difetti di notifica. Forse allora Orsi avrebbe vuotato il sacco sui rapporti fra i clan e la politica e sarebbe assurto al rango di «superpentito», potendo così usufruire della protezione che invece gli è mancata l’altro ieri quando è sceso sotto casa a comprare un paio di bibite ai figli.
Quale che sia il movente dell’agguato mortale di domenica, non è il primo episodio (e, probabilmente, non sarà l’ultimo) di un’offensiva camorrista a base di polvere da sparo e sangue. Obiettivi: rese dei conti fra clan, o all’interno dei clan, e, soprattutto, intimidazioni. Dopo gli arresti degli affiliati alla fazione di Ciccio, scaturiti anche dalle dichiarazioni di Anna Carrino (ex donna del boss), sono caduti sotto il piombo dei killer Umberto Bidognetti (padre del cugino di Ciccio, Domenico, che sta collaborando con i pm), e Francesca Carrino, sorella di Anna, ferita gravemente venerdì. Il messaggio è chiaro: chi parla muore e la stessa fine la fanno i familiari delle «spie».
Insomma, meglio stare zitti. Un comportamento seguito da molte delle persone (pregiudicate e non) interrogate ieri dai detective che indagano sull’omicidio, che hanno dovuto ricostruire la dinamica dei fatti senza l’ausilio di testimoni oculari. I sicari hanno atteso a lungo Orsi davanti al «Roxy bar» e, una manciata di minuti prima delle 13.30, hanno scatenato l’inferno premendo 18 volte i grilletti di due automatiche, una calibro «9×21» e una «9 short». Un proiettile rimbalzato sull’asfalto è stato recuperato dagli investigatori. Poi, quando Orsi era già a terra ferito, uno dei killer gli ha esploso il colpo di grazia in testa. Per Roberto Saviano, l’imprenditore era «il Salvo Lima della Camorra». Per il suo legale era una vittima: «Per quattro anni la loro società – ha spiegato Carlo De Stavola – aveva versato 15 mila euro al mese al clan mondragonese». E a prendere tangenti dai due sarebbero stati anche i Casalesi.
Ieri il prefetto di Caserta ha presieduto un vertice straordinario del comitato per l’Ordine e la sicurezza. Massimo il riserbo sulle decisioni adottate. Ma la linea emersa dalla riunione è chiara: lo Stato c’è, e risponderà colpo su colpo all’offensiva della Camorra.

(da iltempo.it)