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Camorra in Emilia-Romagna

L'ombra della camorra

 

 

RIMINI. Due tra i principali personaggi dell’inchiesta Mirror (sull’esistenza di un sodalizio criminoso che puntava a radicarsi in Romagna) senza sapere di essere intercettati, si rivolgevano con deferenza a un misterioso “zio Pio”, dandogli del voi, accettando i suoi consigli e contando sulla sua protezione.

 

E perfino a un commerciante taglieggiato dai napoletani un altro indagato consigliava di “rivolgersi, prima di sporgere denuncia, proprio a zio Pio, “perché se uno dice di essere un capo, poi deve dimostrarsi tale”. Lo spunto investigativo non è caduto nel vuoto e, a partire dalla identificazione dell’uomo, si è sviluppato un nuovo filone investigativo che ieri ha portato all’arresto di sei persone (due in carcere e quattro ai domiciliari) con accuse che, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e alla bancarotta, all’esercizio abusivo del credito, passando per l’intestazione fittizia intestazione di beni, truffa e riciclaggio. Per altre tre persone il Gip Vinicio Cantarini, che ha negato l’arresto per il venire meno delle esigenze cautelari per sette soggetti, ha disposto l’obbligo di firma. Complessivamente gli indagati sono venti. L’operazione del Nucleo investigativo dei carabinieri di Rimini è stata chiamata “Idra”: è partita tre anni fa e riguarda fatti accaduti fino al dicembre 2013.

Tutta la rete degli “affari”, secondo l’accusa, ruotava attorno alla figura di “zio” Pio Rosario De Sisto, 58 anni, napoletano residente a Santarcangelo (domiciliato a Borghi all’epoca dei fatti) che si avvaleva, tra gli altri, della collaborazione del genero Nicola Borghetti, riminese di 32 anni, residente a Santarcangelo. I due, difesi dagli avvocati Maurizio Valloni e Giuliano Renzi, sono stati accompagnati rispettivamente nelle carceri di Parma e Pesaro, in isolamento e con divieto di colloquio con i difensori fino all’interrogatorio. Ai domiciliari sono finiti invece Renato Schetter, napoletano, 54 anni, residente in provincia di Trento; Enrico Francesco Pasquini, ragioniere corianese di 65 anni, residente a Savignano (è difeso dall’avvocato Graziana Bettuelli), oltre a Antonio e Pasquale Nuvoletta, di 71 e 74 anni, arrestati a Marano di Napoli con la collaborazione dei carabinieri della Compagnia di Giugliano, diretta dall’ex comandante di Riccione Antonio De Lise. L’obbligo di firma riguarda, infine, Antonio Orlando, napoletano; Domenico Buonanno ed Eugenio Conocchia. L’aggravante “mafiosa” non è contestata nell’ordinanza di custodia emessa su richiesta del pm Marino Cerioni, ma l’ombra della camorra si allunga comunque sulla vicenda per frequentazioni e contatti, ancora da approfondire. De Sisto, per gli investigatori, è il manovratore, riferimento autorevole e carismatico che non si limita a dispensare consigli, ma detta tempi e modi delle condotte illegali e decide sulla ripartizione dei proventi da assegnare agli associati a titolo di “stipendio”.

Una parte dei proventi veniva dalle “truffe”: l’acquisto di merce di ogni genere, attraverso assegni post-datati e privi di copertura. I beni (vino, piadine, pasta, pomodori, lavatrici), trasferiti in magazzini sotto il controllo e rivenduti a prezzi dimezzati, finivano in negozi e supermercati “compiacenti” del napoletano. Gli accordi iniziali di pagamento non venivano onorati, mentre i ricavati delle vendite sottocosto andavano a riempire le tasche degli indagati: la società creata ad hoc, intestata a prestanome, veniva fatta infine fallire senza troppe precauzioni. Il ragioniere aveva il compito di distruggere le scritture contabili e gli amici in Campania si occupavano di fornire le dritte, per evitare problemi. Una specie di garanzia. Per raggiungere l’accordo con loro, zio Pio, il 12 aprile 2013, a Bellaria avrebbe organizzato un incontro al quale parteciparono i fratelli Antonio e Pasquale Nuvoletta, vicini all’omonimo clan camorristico  di Marano di Napoli, e un esponente di primo piano della malavita romana (poi arrestato e condannato di recente a 30 anni per un omicidio del 2001).  Il “vertice” e l’accordo con i fratelli Nuvoletta avrebbe dato lustro a De Sisto e dato vita alla società dedicata agli acquisti fasulli (che ora costa loro anche il reato di bancarotta fraudolenta).

De Sisto prestava abitualmente denaro a una moltitudine di soggetti (tra i quali anche piccoli imprenditori e commercianti della zona) e parallelamente poteva contare su una efficiente rete di “recupero crediti”. I debitori che non pagavano rischiavano di subire minacce ed estorsioni e finivano per mettere a repentaglio i loro stessi beni personali. Nel corso delle indagini è stata documentata l’avvenuta estorsione ai danni di un imprenditore. Per evitare misure patrimoniali nei suoi confronti da parte della giustizia, De Sisto si sarebbe fatto assumere da un albergatore bellariese, così da giustificare le sue entrate e la sua presenza in zona. Lo stesso albergatore era stato poi “invitato” dal suo “dipendente” a comprare una lavatrice industriale per ottomila euro.  Nel corso delle indagini sono stati sequestrati al napoletano, 126mila euro frutto di una truffa a un cittadino russo intenzionato ad entrare in affari con lui, senza sapere bene chi si trovasse di fronte.