Il Mattino, Giovedì 4 Agosto 2016
Camorra, duplice omicidio a Napoli:«Dopo il raid fuochi d’artificio»
di Melina Chiapparino
«Hanno esploso i fuochi di artificio in piazza Mazzini dopo la sparatoria nel vicolo». Lo ripetono alcune donne affacciate ai balconi sui vicoli adiacenti al luogo dell’omicidio. «Non è una coincidenza, era tutto programmato nei minimi dettagli, forse una trappola» dicono le signore che rimarcano un particolare. «Una ventina di minuti prima del blitz di fuoco c’erano i carabinieri che stavano effettuando dei controlli – insistono le donne dai balconi mentre agitano i ventagli per il caldo – i killer sono stati fortunati ad agire indisturbati perché all’ora della sparatoria il vicolo era desolato».
Fortuna dunque o forse freddo calcolo, un piano a tavolino che, a quanto pare, non ha avuto particolari intoppi. Sono le 17.30 e mentre procedono i sopralluoghi dei carabinieri, il quartiere si riempie del vociare degli abitanti e dei tanti curiosi scesi in strada. «Ho sentito una raffica di colpi esplosi uno dopo l’altro, a ripetizione – racconta un anziano che si trovava in casa al momento del duplice omicidio – ho capito che si trattava di spari e non mi sono affacciato alla finestra perché ho avuto paura». Con il trascorrere delle ore via Salvator Rosa si riempie di gente che rimane con gli occhi fissi su vico Nocelle e intreccia ipotesi sull’accaduto mentre i negozianti, quelli a pochi passi dall’inseguimento dei killer, non aprono bocca. «Non mi sono reso conto di cosa stesse accadendo – spiega uno dei commercianti affacciato al negozio- ho pensato ad un incidente tra scooter e non immaginavo la sparatoria». Eppure qualcuno che bisbiglia e si confida a bassa voce con gli amici del quartiere, racconta che «è successo tutto in una manciata di secondi e un T-Max con a bordo un uomo col casco integrale ha percorso il vicolo controsenso, dileguandosi verso piazza Enrico De Leva».
È con un filo di voce che un ragazzino non più grande di 14 anni lo riferisce ad un amichetto ma si ammutolisce quando i passanti incuriositi, gli chiedono cosa sia accaduto. I più anziani del vicolo si ricordano che quella stradina anni fa era stata teatro di altri agguati perché la curva a gomito dove è stato freddato Ciro Marfè «non lascia scampo. La chiamano curva della morte ed è anche pericolosa quando la si percorre ad alta velocità- dicono gli anziani riuniti in un capannello a pochi metri dalla scientifica- chi viene preso di faccia dopo questa curva, non ha scampo perché è troppo stretta e non riesce a fuggire via». Il vociare costante e sottotono intorno a vico Nocelle non cessa neanche quando i carabinieri intorno alle 19, cominciano a far transitare i residenti accompagnandoli lungo l’area ancora interdetta al pubblico, in attesa dell’arrivo del pm di turno.
Due anziane percorrono la stradina scortate dai militari e terrorizzate dall’abbassare lo sguardo sul corpo di Ciro Marfè, schiacciato dallo scooter e ricoperto da un lenzuolo bianco. «Signora guardate avanti, vi faccio io strada non vi preoccupate» dice uno dei carabinieri che rassicura le donne mentre percorrono il vicoletto disseminato dei cartelli indicativi della scientifica e le macchie di sangue fresco sui ciottoli. La scientifica lavora senza sosta per cogliere il più piccolo indizio e alle 20.30, dopo tutti accertamenti dei militari e l’arrivo del pubblico ministero, il vicolo è nuovamente percorribile da pedoni e traffico ma la calma è apparente. «La verità è che ormai non si può stare più tranquilli neanche alle 4 del pomeriggio» concludono le donne che rientrano nelle case dopo aver trascorso l’intero pomeriggio al balcone tra la paura e la curiosità di sapere cosa sia effettivamente accaduto.