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Borsellino: la marcia di protesta delle agende rosse. Alla testa del corteo Salvatore Borsellino e l’ex PM De Magistris. Lo Stato fa poco contro la mafia: colpisce la manovalanza, ma poco, pochissimo i “piani alti”

Al grido di “Resistenza. L’agenda rossa esiste” è partita questo pomeriggio da via D’Amelio la ‘marcia’ voluta da Salvatore Borsellino, per commemorare il fratello Paolo, procuratore aggiunto ucciso il 19 luglio del 1992 assieme agli agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina

Pochissimi politici, pochi palermitani, tanta gente del Nord alla marcia che ha il sapore della protesta più che del ricordo.
Protesta contro lo Stato che “ha fatto – ha detto Salvatore Borsellino – davvero poco in 17 anni” per scoprire i mandanti di quella strage che avvenne a soli 57 giorni dall’uccisione dell’altro magistrato, Giovanni Falcone. Circa trecento persone si sono messe in marcia verso castello Utveggio (ex sede del Sisde, da cui, secondo i parenti di Borsellino, sarebbe forse partito il segnale per uccidere il magistrato) con le agende rosse in mano, che rappresentano quella del giudice che non fu mai ritrovata, e tenendo lo striscione “Via D’Amelio, strage di Stato”.
Alla testa del corteo, oltre a Salvatore Borsellino, c’era anche l’ex pm Luigi De Magistris, esponente di Italia dei valori.

“La lotta alla mafia procede per due vie diverse – ha detto Salvatore Borsellino -. Da un lato una parte delle forze dell’ordine e della magistratura che conduce una lotta serrata, dall’altro lato ci sono altre istituzioni, come la politica, che si contraddistinguono per una fortissima carenza di provvedimenti contro la mafia”.
Le nuove indagini sulle stragi aprono adesso spiragli di speranza verso l’affermazione della verità. “Oggi finalmente, dopo anni di tenebre – ha proseguito Borsellino -, la lotta che si sta conducendo nelle procure di Palermo e Caltanissetta sta andando nel verso giusto”.

La sorella, Rita, parlamentare europeo del Pd, si chiede però “perché queste piste vengano fuori solo dopo 17 anni. Ho molti dubbi, ma non accuso nessuno”. Per Salvatore Borsellino “Se pentiti come Giovanni Brusca e Massimo Ciancimino non avevano parlato fino adesso è perché forse non avevano trovato le interfacce giuste all’interno della magistratura”.
Proprio affinché i pm continuino a lavorare “bisogna vigilare – ha detto De Magistris – perché non vengano fermati da parte di pezzi deviati delle istituzioni che hanno operato e opereranno per ostacolare la magistratura”.

(Tratto da www.aprileonline.info)