Riforme, il Cav. rilancia sulla giustizia e “chiama” il popolo
Da Sofia Silvio Berlusconi rilancia sul versante delle riforme istituzionali. Compresa quella della giustizia. Il Cavaliere pensa a una riforma della Costituzione “che prenda il toro per le corna e faccia del nostro paese una democrazia vera non soggetta al potere di un ordine che non ha legittimazione elettorale”. Ricorda poi che la legge costituzionale “prevede l”intervento degli elettori, del popolo. Credo che un cambiamento così debba essere fatto anche attraverso il ricorso al popolo”. La direzione di marcia è chiara: il progetto riformatore destinato a caratterizzare la seconda parte della legislatura – con le Regionali a fare da spartiacque – comprenderà il dossier giustizia. Che con ogni probabilità non sarà lasciato per ultimo – come nei giorni scorsi auspicava il finiano Italo Bocchino – ma procederà, sui binari delle riforme, in linea con gli altri “vagoni”. Né Gianfranco Fini né Giulia Bongiorno, ribadendo il no a qualsiasi ipotesi volta a collocare i pubblici ministeri sotto il controllo del potere esecutivo (ma il Pdl non ha mai pensato di farlo, hanno puntualizzato i tre coordinatori del partito), hanno sollevato questioni intorno alla tempistica riformatrice. Oggi Fini da Pisa ha segnalato l”opportunità di cercare, sulle riforme costituzionali, giustizia compresa, il consenso dell’opposizione. Ricordando che le larghe intese consentirebbero di evitare il referendum confermativo – lo strumento che bloccò nel giugno 2006 il varo definitivo della “grande riforma” del centrodestra approvata dal Parlamento.
Anche la seconda carica dello Stato, Renato Schifani, ha auspicato che le riforme siano largamente condivise. Neppure Berlusconi esclude tale chance. Ma palesa scetticismo verso l”attuale opposizione. “Noi siamo per il dialogo ma è difficile pensare alle riforme con una sinistra che non è riformista”, mette in chiaro a nome del governo Paolo Bonaiuti. Non solo: se i presidenti delle Camere, interpretando anche il loro ruolo istituzionale, esortano a riforme trasversali, Berlusconi indica nel ricorso al popolo – quasi obbligato in caso di approvazione della riforma costituzionale a maggioranza semplice – un momento democraticamente auspicabile anziché da scongiurare. Un appuntamento referendario sul controverso dossier giustizia richiederebbe naturalmente un’adeguata mobilitazione popolare – anche per evitare il bis della sconfitta del 2006 – e un’accorta pianificazione dal punto di vista della tempistica (allora si scelse di rimandare il referendum all’inizio della legislatura successiva, opzione che si rivelò perdente). Su come procedere, il ministro leghista Roberto Calderoli ha già una proposta. E suggerisce di “splittare” la grande riforma in due, inserendo nel primo pacchetto la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo perfetto, l’introduzione del Senato federale e il riequilibrio dei poteri tra l”Esecutivo e il Legislativo – temi su cui si è già profilata in passato un’ampia convergenza. “La seconda riforma costituzionale, invece, sarebbe inerente alla giustizia, ovvero – accenna Calderoli – alla separazione delle carriere dei magistrati, al Consiglio superiore della magistratura, alla Corte costituzionale, al referendum e ad ogni altro punto della nostra Carta che necessiti di una manutenzione”.
Sul secondo pacchetto, lascia intendere il ministro del Carroccio, le larghe intese sono auspicabili ma improbabili. Dunque il referendum potrebbe essere una via obbligata. “Sulle riforme ha parlato Bossi, ha parlato Fini ed ora ha parlato Berlusconi: a questo punto – conclude Calderoli – anche l”opposizione, mettendo da parte gli interessi elettorali o di bottega, batta un colpo”. Al momento, però, il principale partito d’opposizione pensa ad altro. In vista delle primarie, i candidati alla segreteria Pd cercano consenti nei settori filo-dipietristi anche alzando i toni verso maggioranza e governo. Un trend che potrebbe protrarsi fino alle Regionali. Né basta un breve scambio di battute come quello di Villa Madama tra Berlusconi e Massimo D’Alema a determinare un cambio di clima politico. Tra i temi caldi del confronto maggioranza-opposizione c’è anche quello dell’informazione. In proposito hanno fatto riflettere le considerazioni fatte dal premier riguardo alla fuga degli italiani dal canone Rai – e in generale da un servizio pubblico troppo orientato a sinistra. Parole che hanno fatto insorgere l’opposizione, pronta a metterle in contrapposizione con l”invito di Giorgio Napolitano a promuovere un”informazione sempre più libera e pluralistica. Sottolineature che tendono però a mettere in ombra quanto il capo dello Stato – lodato dal senatore Pdl Gaetano Quagliariello per la “coraggiosa” presa di posizione contro il reato di vilipendio – ha ricordato anche a proposito della necessità di bilanciare la libertà di stampa con la tutela della privacy e in generale col dovere di informare in modo responsabile. Sullo sfondo s’intravede lo scontro – che oggi continua – tra i due principali quotidiani italiani sul modo di intendere la libertà di informazione. E sul ruolo che al voto dei cittadini dev’essere riconosciuto.
(Tratto da Il Velino)