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Beppe Lumia nella Commissione Parlamentare antimafia. I tuoi intenti, caro Beppe, sono lodevoli e noi sulla tua onestà intellettuale mettiamo le mani sul fuoco ma consentici di non nutrire alcuna speranza sul buon operato di una Commissione nella quale ci sono membri alquanto chiacchierati. La nostra soddisfazione nasce dal fatto che tu con queste dichiarazioni riconosci la validità di quanto noi dell’Associazione Caponnetto andiamo sostenendo da anni a proposito della necessità di cominciare a fare un’azione il “giorno prima” e non il “giorno dopo”. Ce n’é di cammino da fare. Tanto, tantissimo, da quello che riguarda la necessità di convincere tutta la cosiddetta “’antimafia “sociale a passare dalla fase della retorica, del racconto della nonnina, delle commemorazioni a quella dell’indagine e della denuncia. Oggi l’antimafia è diventata, purtroppo, un palcoscenico e anche un business per molti. Gestione di beni confiscati, corsi della legalità ed altre cose del genere sono diventate un modo per molti di camparci. Non è questa l’antimafia che serve per sconfiggere i clan e soprattutto i colletti bianchi, i politici, gli uomini delle istituzioni che li appoggiano, a cominciare magari da alcuni che siedono sugli stessi scranni della Commissione dove stai tu. E, poi, c’é il mal funzionamento delle forze di polizia. Bisogna indurle a cambiare strategia e metodologie di contrasto per passare dai livelli bassi a quelli alti. Indagini patrimoniali, indagini patrimoniali, indagini patrimoniali ed ancora indagini patrimoniali. Comunque, buon lavoro.

La Commissione parlamentare antimafia prende il via.Polemiche e difficoltà per stabilire chi deve guidarla. Adesso la scelta è stata fatta: Rosy Bindi è la nuova presidente.

 

Farò parte anche di questa Commissione che avvia i suoi lavori. La mia lunga esperienza nell’antimafia mi suggerisce una regola d’oro: la differenza per fare della Commissione uno strumento efficace di lotta alle mafie sta nel lavoro e nell’impegno. Mi riferisco alla capacità di impegnarsi e lavorare con determinazione, attraverso un progetto moderno e in grado di utilizzare quei poteri speciali che la legge istitutiva le attribuisce. Un lavoro da radicare nel territorio dove ancora si consumano violenze e collusioni, senza che lo Stato riesca a sostenere pienamente quanti si espongono per promuovere legalità e sviluppo, colpendo quanti, invece, operano impuniti e protetti.

 

Ancora una volta non mi voglio arrendere. Sogno e mi batto per una Commissione antimafia che sia un autorevole e concreto punto di riferimento per una sfida senza precedenti contro le mafie.

 

In Italia siamo purtroppo bloccati all’antimafia del “giorno dopo”, quell’antimafia che reagisce solo dopo che i boss hanno deciso una nuova strategia o si sono riorganizzati dopo che lo Stato magari ha inferto loro un duro colpo. Ad esempio, dopo la cattura del capo di turno le mafie, come se niente fosse, ne selezionano uno nuovo: prima Riina, poi Provenzano, adesso Matteo Messina Denaro. Cosa fa lo Stato? Rincorrere all’infinito i vari boss che si susseguono alla guida dell’organizzazione. Non si è mai riusciti a colpire le giovani leve in modo sistematico e capillare prima che possano diventare delle vere e proprie guide. Stesso ragionamento va fatto per le mafie quando organizzano il racket, il controllo degli appalti, il riciclaggio e sopratutto quando colludono con la politica e le burocrazie.

 

Abbiamo bisogno di fare un salto di qualità. Dobbiamo progettare e organizzare un’antimafia del “giorno prima”, capace di colpire e mettere all’angolo le organizzazioni criminali in anticipo. Sì, è necessario aprire una vera e propria guerra sistemica e integrale alle mafie. Parole non astratte che ci aiutano ad indicare un salto di qualità che potremo fare quando decideremo di colpire il sistema mafia su tutti i versanti: politico-istituzionale, economico-finanziario, socio-culturale, organizzativo-militare. Così pure, il salto di qualità lo faremo quando agiremo sia sul versante territoriale e globale. Due dimensioni che le mafie sanno tenere bene insieme, mentre l’antimafia ancora è al massimo proiettata sul piano locale ed è del tutto assente sul piano globale. Quante cose potremmo fare se riuscissimo a potenziare i poteri della Procura nazionale antimafia e se creassimo un collegamento stabile con la Commissione antimafia europea e con gli organismi dell’Onu a ciò preposti.

 

Sogno e mi batterò per colpire e vincere le mafie con delle leggi che potrebbero aiutarci a scatenare una guerra senza precedenti: portare le pene da 20 anni in su, fino all’ergastolo, per evitare che con pene più basse si assista impotenti ad un ritorno dei boss all’azione, come sta avvenendo in questi mesi dove per fine pena sono in giro ed in piena attività il fior fiore dei boss mafiosi. Penso, inoltre, alla legge sulla denuncia obbligatoria degli operatori economici per fare tesoro dell’esperienza delle associazioni antiracket, della stessa Confindustria che ha deciso di espellere gli imprenditori che pagano il pizzo anche se non sono collusi. Così sul riciclaggio e sull’incandidabilità dei politici collusi con la mafia. Gli esempi potrebbero continuare, perchè su ogni aspetto della lotta alle mafie abbiamo alla nostra portata tante ed incisive proposte, frutto dell’esperienza maturata in questi anni e alla luce dei successi e soprattutto dei tanti insuccessi che hanno impedito all’antimafia di diventare la più grande priorità, la prima priorità del Paese su cui impegnare le migliori energie dello Stato e della società civile.

 

Sogno e mi batterò per fare piena luce sulla stagione delle stragi di mafia ’92/’93, dove le responsabilità politiche sulle varie fasi delle trattative Stato-mafia sono ancora tutte da accertare e da svelare pienamente. Così pure steso impegno va rivolto ai tanti casi irrisolti di chi ha perso la vita per servire lo Stato o per portare avanti la propria missione professionale e civile e ancora non ha ricevuto giustizia o al massimo è riuscito a strappare delle prime e parziali verità giudiziarie.

 

All’avvio di questa nuova attività della Commissione antimafia ripenso ancora una volta all’esperienza fatta da presidente della Commissione sul “caso Impastato”, quando utilizzammo per la prima volta i pieni poteri della Commissione e arrivammo a svelare le responsabilità istituzionali di quel depistaggio di Stato e di quel sistema di collusioni istituzionali che portarono alla orribile morte di Peppino. Quella fu un’esperienza inedita e positiva da cui dobbiamo prendere esempio per lavorare in modo efficace e credibile contro le mafie.

 

Io a quest’impegno non ci rinuncio. Tra le mille difficoltà tornerò a riprovarci.

 

Giuseppe Lumia