I.Beni confiscati alle mafie,un campo nel quale fare ordine e chiarezza.Non se ne conoscono il numero preciso e l’uso che di essi viene fatto
Sono 9 mila i beni confiscati alle mafie, ma lo Stato non lo fa sapere

Il dato è aggiornato al 30 giugno 2015, ma non è disponibile sul sito dell’istituzione preposta (Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati). Repubblica. it lo apprende dall’anticipazione del lavoro del progetto Confiscati Bene, che sarà presentato a Smart City Exhibition il 16 ottobre
di ALESSANDRO LONGO
“Confiscati bene” rilascerà a breve i nuovi dati sui beni confiscati (divisi per regione, provincia e comune), sarà una nuova mappa estremamente aggiornata rispetto a quella pubblicata a settembre del 2014, che riportava i dati fermi al 7 gennaio 2013. Confiscati Bene è riuscita ad aggiornare i dati “con un lavoro d’inchiesta, attraverso cui li abbiamo ottenuti direttamente dalle Regioni e da vari enti”, dice Gianluca De Martino, uno degli autori dello studio. I Comuni hanno l’obbligo di pubblicare l’elenco dei beni confiscati nella sezione Amministrazione trasparente.
“A breve pubblicheremo le mappe complete dei beni. L’obiettivo è arrivare a una geolocalizzazione dei beni, recuperando anche indirizzi, numeri civici e quindi coordinate geografiche. Ne nascerebbe un processo di monitoraggio civico qualitativo e quantitativo sul riutilizzo dei beni confiscati”, aggiunge. “Partiremo, con le mappe, da circa 400 beni destinati ad associazioni e consorzi, che operano sul territorio nazionale. Vogliamo geolocalizzare le buone e cattive pratiche di riuso sociale dei beni sottratti alla criminalità organizzata”.
In parallelo, “è in fase di conclusione di un’inchiesta europea sui beni confiscati, alla luce della direttiva del Parlamento europeo del 2014 che chiede ai Paesi membri di trasmettere alla Commissione europea report statistici annuali sui beni confiscati. Stiamo lavorando con un team composto da giornalisti di Francia, Spagna, Germania, Regno Unito”, spiega De Martino.
“Quello di Confiscati Bene è un progetto meritorio”, dice Ernesto Belisario, avvocato tra i massimi esperti di open data in Italia. “Per quanto riguarda i ritardi, non credo ci sia mancanza di volontà di pubblicare i dati. Non lo credo possibile, da parte di un’Agenzia che abbia nel proprio dna la legalità”. “Il problema- spiega Belisario- è invece spia di una arretratezza dei processi amministrativi. Non esiste nelle PA un centro di competenza (e una figura) per la raccolta dei dati. Per avere dati sempre aggiornati, nella pubblicazione, è importante che l’amministrazione ragioni con processi digitali, non cartacei. In questo modo i dati sono acquisiti in modalità informatica e così sarà facile pubblicarli, come richiesto dalla legge”.
http://www.repubblica.it/tecnologia/2015/10/13/news/beni_confiscati_mafia_big_data-124980323/