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Beni sequestrati all’estero, il prefetto Francesco Messina: «Così daremo la caccia ai tesori dei boss»

Il Corriere della Sera, 20 GENNAIO 2021

Beni sequestrati all’estero, il prefetto Francesco Messina: «Così daremo la caccia ai tesori dei boss»

Parla al «Corriere» il direttore dell’Anticrimine della polizia dopo l’operazione di Salerno, dove per la prima volta in Italia è stata applicato il nuovo regolamento Ue che consente di congelare i beni senza lunghe rogatorie. Le prospettive e il sogno di Falcone

di Alessio Ribaudo

È stata un’operazione che resterà nella storia giudiziaria italiana e che sarà la pietra miliare nel contrasto alle mafie che infestano il nostro Paese. L’inchiesta portata a termine oggi a Salerno dalla Squadra Mobile sulle infiltrazioni nel settore del trasporto degli infermi e delle onoranze funebri — con il coordinamento del Servizio centrale operativo (Sco) su delega della procura distrettuale di Salerno — va ben oltre gli 11 arresti e il sequestro di beni per circa 16 milioni di euro. Il motivo è semplice la metodologia d’indagine innovativa utilizzata dagli inquirenti ha portato anche al primo congelamento di beni all’estero senza utilizzare le «classiche» rogatorie internazionali. Una novità che potrebbe mettere in ginocchio i «padrini» perché punta dritta verso il riciclaggio e gli investimenti mafiosi all’estero dove danno meno nell’occhio e dove mancano specifiche legislazioni antimafia con il risultato che i sequestri sono stati, sino a oggi, molto più complicati da ottenere. Adesso, è finalmente stato riconosciuto il principio del mutuo riconoscimento tra gli stati dell’Unione.

La nuova procedura europea sui sequestri

«Non sarà più così e proprio nell’operazione conclusa a Salerno, fra i beni sequestrati, c’è anche un terreno a Zimbor in Romania — spiega al Corriere il prefetto Francesco Messina, a capo della Direzione centrale anticrimine della polizia (Dac) — grazie a un provvedimento ottenuto tramite l’attivazione, per la prima volta nel nostro Paese, della procedura introdotta dal nuovo regolamento Ue 1805/2018, entrato in vigore lo scorso 19 dicembre che consente di riconoscere l’efficacia del sequestro direttamente in territorio estero, in base al principio di riconoscimento reciproco dei provvedimenti giudiziari». Proprio Messina è l’autore della circolare che spiega alle Questure come applicare questo regolamento Ue che mette in campo nuovi strumenti di cooperazione tra gli Stati nella lotta al malaffare. Tra l’altro si applica «a tutti i provvedimenti di congelamento e tutti i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di un provvedimento penale».

Il «sogno» di Falcone e Pio La Torre

È il sogno che diventa realtà di tre santi civili uccisi da cosa nostra. Innanzitutto del sindacalista e deputato Pio La Torre, «padre» (con Virginio Rognoni) della legge che stabilì per la prima volta il reato di associazione mafiosa e la possibilità di confiscare i patrimoni mafiosi. Poi dell’allora capo della squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano e di Giovanni Falcone che inventarono un metodo investigativo che si può riassumere nella frase «segui il denaro». Peccato che sino a dicembre, spesso, la «caccia» ai patrimoni sporchi si fermava al confine italiano. Le mafie sono camaleontiche e, da tempo, alle lupare hanno sostituito le penne con cui siglano affari miliardari. Alle rischiose estorsioni preferiscono infiltrarsi negli appalti pubblici o nel riciclo di attività all’estero.

Le nuove tecniche d’indagine

«Dal punto di vista “militare” da anni le nostre azioni di contrasto hanno portato a migliaia di arresti con numeri sempre in crescita che dimostrano come le nostre attività di indagine hanno raggiunto una qualità eccelsa — argomenta il prefetto Messina che è stato nella sua lunga carriera anche questore a Caserta, Perugia, Varese e Torino — ma le mafie corrono veloci e hanno capito che se compiono delitti eclatanti sul territorio la risposta dello Stato è ferma e implacabile, motivo per cui queste dinamiche di forza sono oramai sullo sfondo e hanno, invece, centuplicato gli interessi nelle infiltrazioni nel mondo dell’economia».

L’attacco ai patrimoni mafiosi

È proprio qui che la Polizia vuole incidere con un cambio di passo e prospettiva nella lotta alle mafie per infliggere alle cosche colpi mortali. «Il mafioso quando sceglie la malavita mette nel conto che dovrà sporcarsi le mani di sangue, potrà finire anche per un lungo periodo in carcere — prosegue Messina, 59 anni, che lo Stivale lo conosce tutto per essere stato anche capo Centro del Sisde a Palermo e capo della Squadra Mobile di Milano — ma lo fa perché sa che diventerà ricco e che quei soldi li troverà anche dopo il periodo di detenzione». Proprio per evitare questo «movente» i poliziotti hanno cambiato metodi. «L’indagine di Salerno è infatti la plastica rappresentazione dell’efficacia del metodo innovativo adottato dalla Dac ed è una sorta di doppio binario d’intervento che da una parte incide attraverso l’esecuzione di arresti per una serie infinita di reati e dall’altra completa e ottimizza l’azione di contrasto con l’ulteriore contemporanea esecuzione di un sequestro di beni avvenuto anche all’estero», dice Messina. Un provvedimento innovativo perché aumenta ancora di più la collaborazione e la condivisione delle inchieste fra polizia giudiziaria e magistrati con il risultato che viene accelerato l’iter d’inchiesta: «è frutto di una proposta di misura patrimoniale firmata congiuntamente dal procuratore e dal questore che nel caso di Salerno ha consentito di sequestrare una società italiana, due associazioni di soccorso, 26 automezzi, 7 conti correnti bancari, 12 terreni fra Capaccio Paestum e Zimbor in Romania».

La circolare

Un congelamento avvenuto senza bisogno di rogatorie internazionali e dell’intervento di Interpol ed Europol: «Ho emanato una circolare per chiedere alle nostre divisioni Anticrimine di applicare, in collaborazione con la magistratura, le procedure richieste dal nuovo regolamento europeo». In buona sostanza «una volta emanato il provvedimento di congelamento o confisca viene inviato al nostro ministero della Giustizia che, a sua volta, lo trasmette o all’autorità straniera preposta senza indugio a eseguirlo o al suo omologo e, a quel punto, la loro polizia esegue il provvedimento». Un bel risparmio di tempo che spesso è determinante per il buon esisto dei sequestri e questo Regolamento europeo è applicabile per tutti i provvedimenti di congelamento e di confisca emessi nel quadro di un procedimento penale ed anche per tutti quelli emessi nell’ambito di procedimenti di prevenzione, disciplinati dal Codice Antimafia. C’è di più: «I sequestri adesso non sono limitati all’arco temporale della singola indagine ma da quando si accerta e determina la pericolosità del malavitoso e la sua appartenenza alle cosche». Una potente arma in più per gli inquirenti. «Il mafioso sa che con il patrimonio accumulato — conclude il prefetto Francesco Messina — quando finisce in galera i suoi affari fuori continuano, la sua cosca continua a ricevere lo stipendio, i suoi familiari anche e quando esce dalla galera il suo carisma criminale è intatto e può ritornare a comandare come prima. Se noi invece gli portiamo via questa provvista quando uscirà sarà economicamente rovinato e non avrà più i suoi uomini. Per questo per i boss è importante accumulare soldi e tenerli al sicuro spesso delocalizzando all’estero».

Le reazioni

L’importanza del risultato ottenuto ieri dalla polizia e dalla procura di Salerno è stato sottolineato dal presidente della Commissione antimafia, Nicola Morra: «Ringrazio il procuratore di Salerno Borrelli, il questore Maurizio Ficarra, la squadra mobile di Salerno, lo Sco diretto da Fausto Lamparelli e lo Sca diretto da Giuseppe Linares per un’operazione che mette in luce la cronicità dell’attività criminale che lucrava anche sul trasporto degli infermi e come più volte ho ripetuto che le mafie non hanno nessun onore, e questo tipo di operazioni mostra il volto più brutale delle stesse attività criminali». Per Giuseppe Antoci — ex presidente del Parco dei Nebrodi, scampato ad un attentato mafioso nel maggio 2016 l’operazione «è un apripista importante che consentirà di attaccare i patrimoni dei mafiosi e dei loro fiancheggiatori anche all’estero, una vera e propria rivoluzione, un salto di qualità che consentirà di affrontare il tema della lotta alle mafie in maniera più incisiva». Antoci va oltre: «Sono certo che grazie all’intelligenza investigativa e alla bravura dei nostri inquirenti finalmente saranno migliaia i provvedimenti da inoltrare agli Stati stranieri e quindi sarebbe auspicabile la creazione di una vera e propria task force dedicata al ministero di Giustizia perché così si eviterà di perdere anche un solo giorno per le notifiche all’estero».