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Beni confiscati alla mafia, il report di Libera: “Il 62% dei comuni non è trasparente perché non pubblica l’elenco e non dà informazioni”

Il Fatto Quotidiano

Beni confiscati alla mafia, il report di Libera: “Il 62% dei comuni non è trasparente perché non pubblica l’elenco e non dà informazioni”

A fotografare la situazione è l’ultimo rapporto “RimanDati”: su 1.076 amministrazioni locali monitorate, destinatarie di beni immobili confiscati, 670 non pubblicano l’elenco dei beni e non danno informazioni a riguardo sul loro sito. Primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia, comprese le isole

di F. Q. | 27 FEBBRAIO 2021

Hanno il dovere di promuovere il riutilizzo dei patrimoni confiscati alla mafia per scopi scopi sociali o finalità istituzionali, ma la maggior parte non passa la prova della trasparenza. Su 1.076 comuni italiani monitorati, destinatari di beni immobili confiscati, 670 non pubblicano l’elenco e non danno informazioni a riguardo sul loro sito. Ciò significa che “ben il 62% dei comuni italiani è totalmente inadempiente“. Questo è quanto emerge da RimanDati, il primo report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, pubblicato dall’associazione Libera contro le mafie. Il monitoraggio ha avuto inizio nel mese di maggio 2020 e si è chiuso il 31 ottobre 2020. Come riferisce Libera: “La base di partenza del lavoro coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati ‘destinati’ i beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali”.

Promossi e bocciati – Secondo Libera, il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia comprese le isole, con ben 392 comuni che non pubblicano né l’elenco dei beni né altre informazioni sul loro sito, segue il Nord Italia con 213 amministrazioni comunali e il Centro con 65 comuni che non pubblicano dati. Il report analizza inoltre le modalità di pubblicazione degli elenchi anche su scala regionale. Sui 406 comuni che hanno pubblicato l’elenco, è stato costruito un ranking: su una scala da 0 a 100 la media è pari a 49.11 punti. Sono 11 le regioni che sono al di sotto della media regionale e che risultano “rimandate” sulla modalità delle pubblicazioni: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia, Umbria, con valori che variano da una media 42 a 48. Bocciate Sardegna, Molise, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. È stato anche realizzato un focus su alcuni capoluoghi di regione: ottime le performance di Milano (90.43), Genova (80.87), Roma (80.87) e Napoli (76.52). Oltre la sufficienza Reggio Calabria (65.22) e Palermo (61.72).Solo Bologna (42.61) e Firenze (46.96) non riescono a superare la media di 49.11 del ranking nazionale. In particolare Milano presenta un elenco ed è regolarmente disponibile alla voce “beni immobili e gestione patrimoniodella sezione Amministrazione Trasparente del sito internet istituzionale del Comune. È pubblicato correttamente in un link specifico e risulta regolarmente aggiornato. Anche Genova presenta un elenco è pubblicato nel formato Pdf e contiene gli estremi che permettono di individuare il soggetto gestore del bene.

Open data, questi sconosciuti – Il report, primo appuntamento di una serie di iniziative in occasione dell’anniversario dei 25 anni dall’approvazione della Legge 109/96, osserva anche la fruibilità dei dati pubblicati. Il formato aperto ad esempio consente ai cittadini o a chiunque voglia utilizzarli di accedere ai dati e scaricarli ed è l’unico formato che risponde con coerenza alle disposizioni di legge sul tema della trasparenza. La ricerca però evidenzia come la logica degli open data sia ancora estranea alla stragrande maggioranza degli enti monitorati. Solo il 14% dei comuni (56 in totale) presenta il formato aperto che consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini. Come riferisce Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera: “Il report analizza l’operato dei comuni e ad essi si rivolge: sono loro gli enti più prossimi al territorio e il primo fronte per l’esercizio della cittadinanza; potenziare le loro effettive capacità di restituzione alla collettività del patrimonio sottratto alla criminalità non va inteso solo come l’adempimento di un onere amministrativo, ma come un’opportunità di “buon governo” del territorio”.