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Attentati nel sud pontino, chiusa l’inchiesta

Attentati nel sud pontino, chiusa l’inchiesta

Latina Oggi, Giovedì 9 Novembre 2017

Attentati nel sud pontino, chiusa l’inchiesta

II sostituto procuratore Mattei ha inviato la relazione al gip di Roma dopo un anno e mezzo di verifiche Da settembre 2014 una scia di episodi aveva colpito aziende, negozi, cantieri e piccoli imprenditori del sud pontino

Arriva alla sua tappa più delicata e importante l’inchiesta sugli attentati avvenuti dal 2014 nel sud della provincia di Latina. Le verifiche sono durate più di un anno e mezzo, l’ultimo episodio è del settembre 2016, più di un anno fa.

Ma messi insieme hanno rappresentato la più lunga prova di forza tra criminalità ed economia legale dopo un’ondata assai simile che si era registrata negli anni 90 più o meno con le stesse modalità, ossia con spari e incendi dolosi.

Di GRAZIELLA DI MAMBRO

 

Tra settembre del 2014 e settembre del 2016 una serie di attentati di chiara origine dolosa ha praticamente stravolto l’assetto dell’ordine pubblico tra Minturno, Santi Cosma e Castelforte.

L’esito

Da qualche giorno è stata chiusa l’indagine condotta dal sostituto procuratore Alfredo Mattei, nella sua qualità di applicato della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, e adesso gli esiti sono al vaglio del gip per eventuali provvedimenti. Questa indagine è stata tra le più lunghe e delicate degli ultimi anni anche se ha riguardato episodi le cui modalità erano assai simili e per certi versi mutuate dal passato, da un periodo egualmente buio che a metà degli anni 90 ha riguardato lo stesso territorio. In due anni si è ripetuta una serie di attentati consistiti per lo più in atti dolosi incendiari e spari contro attività commerciali e, in un caso, contro un palazzo in cui era ubicato uno studio professionale, in pieno centro a Minturno.

Il primo atto

Ad essere presa di mira, prima di tutti, è stata l’azienda di trattamento dei rifiuti di Enrico Giuliano; contro l’abitazione dei genitori furono esplosi alcuni colpi di fucile. La stessa famiglia dopo qualche mese subì un secondo attentato. Da quel momento una scia senza soluzione di continuità di atti simili: incendi nei cantieri, colpi di fucile contro le vetrine e un unico legame fra tutti di tipo economico. Di qui l’ipotesi di una serie di (almeno) tentate estorsioni in danno delle aziende colpite dagli attentati.

Le prove possibili

Le verifiche questa volta non sono state semplici sul fronte della collaborazione di eventuali testimoni, ciò che invece ha funzionato meglio sarebbero state le videocamere di sorveglianza nonché alcune tracce lasciate dagli autori degli episodi di intimidazione. La vicenda attentati al sud ha avuto anche una contaminazione politica, finora non supportata da ulteriori prove, perché uno dei fatti oggetto di indagine ha riguardato una palazzina che era anche sede professionale di un candidato alle elezioni comunali di Minturno del 2016.

Due audizioni

Del nuovo «caso sud pontino» si sono occupate sia la Commissione parlamentare antimafia che la Commissione regionale per la sicurezza e i fenomeni criminali della Regione Lazio, dove sono stati sentiti in audizione i sindaci di Minturno, Castelforte e Santi Cosma e Damiano che, tra le misure di contrasto proposte, hanno inserito un potenziamento degli impianti di videosorveglianza pubblica e la maggiore presenza di forze dell’ordine sul territorio.

La collaborazione

A latere degli interventi pubblici va detto che anche in questo caso la quasi totalità delle vittime di attentati avrebbe dichiarato agli inquirenti di non aver ricevuto minacce in precedenza né richieste di denaro a supporto del tentativo di estorsione. In due sole circostanze le aziende sono state colpite due volte e per entrambe si tratta di imprese che si occupano del servizio rifiuti, ossia la Csa di Castelforte e la Ecocar di Minturno (quest’ultima affidataria del servizio di nettezza urbana pubblico in quel Comune). Per tutti gli altri episodi si è trattato di singoli attentati poi non ripetuti nel tempo.

Una prima informativa degli accertamenti eseguiti dai carabinieri di Formia era stata inviata per competenza alla Procura di Cassino; in seguito c’è stato il trasferimento alla Dda di Roma con delega al sostituto Mattei.