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Assurdo che ad un mese dall’informativa e con una situazione di emergenza che potrebbe comportare pericolo di vita,i rappresentanti dello Stato sul territorio ancora non hanno adottato alcun provvedimento di tutela!!!!!!! Questa é ………collusione!!!!!!!

 

Intimidazioni

«A quel giornalista gli spacchiamo la testa»

Un camorrista e il fratello in libertà parlano della vendetta contro il cronista che con le sue inchieste ha fatto scattare le indagini. Il giornalista è Nello Trocchia, e i carabinieri che hanno redatto l’informativa urgente scrivono di ‘minacce esplicite’. Segnali inquietanti, ma dopo un mese ancora nessuna risposta dalle istituzioni

di Giovanni Tizian

 

«A quel giornalista gli spacchiamo la testa»

«A quel giornalista gli devo spaccare il cranio e dopo mi faccio arrestare». Un messaggio preciso e inquietante. A colloquio ci sono un boss, condannato per camorra e oggi in carcere, e suo fratello, in libertà. A parlare è proprio quest’ultimo che espone, senza mezzi termini, la sua idea di vendetta. Durante il colloquio tra i due matura così il progetto di punire in maniera esemplare il cronista che con una sua inchiesta, sottolineano i carabinieri, ha fatto scattare le indagini sul gruppo criminale.

Il giornalista, scrivono i militari nella loro informativa riservata e inviata con urgenza alla procura antimafia di Napoli, si chiama Nello Trocchia. Collaboratore de “Il Fatto Quotidiano”, “l’Espresso” e della trasmissione di La7 “In Onda”. Un dialogo, quello intercettato dalle cimici, che avrebbe dovuto attivare rapidamente la procedura che di solito si innesca in questi casi: la procura invia la nota degli investigatori alla procura generale, che a sua volta invia la documentazione in Prefettura. A questo punto il prefetto dovrebbe convocare il comitato per l’ordine e la sicurezza, l’organo, cioè, che decide eventuali misure da adottare per la tutela della persona «esposta a rischio».

Sono passati però quasi trenta giorni e nulla è successo. «Continuo a fare il mio lavoro», conferma Trocchia senza aggiungere altro. Il rapporto dei carabinieri porta la data del 10 giugno. Successivamente, da quanto risulta a “l’Espresso, la procura, a distanza di qualche giorno, ha inviato in procura generale il fascicolo. Da qui in poi se ne sono perse le tracce. Dalla Prefettura rispondono che ciò di cui si discute nei comitati dell’ordine e la sicurezza è materia riservata. Quindi non confermano né smentiscono l’arrivo dei documenti. Ma in ogni caso nessuna misura a protezione del giornalista è stata ancora presa. E neppure è stato informato ufficialmente che i due intercettati tramavano alle sue spalle, arrivando persino a pianificare una spedizione punitiva.

Nello Trocchia è un cronista campano da sempre impegnato in inchieste delicate sulla criminalità organizzata. È autore anche di numerosi libri. Tra questi, uno in particolare racconta il sistema di complicità tra camorra e Stato nel business dei rifiuti. Titolo, non a caso: “La Peste”.

Probabilmente però i rifiuti con queste minacce non c’entrano. Sui particolari c’è il massimo riserbo. Leggendo l’informativa il dato inquietante è che il boss e il suo sodale sostengono di avere «individuato» il luogo di lavoro e che quindi potrebbero agire senza problemi. Per questo motivo i militari dell’Arma definiscono le frasi captate dai microfoni come «esplicite minacce rivolte al giornalista del Fatto Quotidiano».

I dialoghi sono fin troppo chiari: «Gli spacchiamo la testa… sappiamo dove sta…». C’è più di un elemento, insomma, perché il comitato della Prefettura monitori con attenzione la situazione. E dia una risposta a chi cerca soltanto di fare bene il proprio mestiere. Soprattutto non è chiaro quale ingranaggio della macchina burocratica non ha funzionato come avrebbe dovuto. Nessun intervento è stato attivato e nessuno ha mai convocato Trocchia per spiegarli come stanno le cose. Come se nulla fosse mai accaduto. Intanto il collega continua a fare il suo lavoro con coraggio e professionalità.