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ARTICOLI.Questa questione va affrontata e risolta.Non si può lasciare allo sbando chi denuncia la mafia! Ohé,che facciamo ??????????…………..

A Tivoli una testimone scomoda: “La ‘Ndrangheta mi ha tolto il lavoro”

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Pubblicato: 11 Marzo 2015

testimoni-giustizia-sentinelle-vert“Chiedo il programma di protezione”
di Giuliano Girlando – 11 marzo 2015
Nel settembre del 2014 a Paola in provincia di Cosenza viene condotta un’operazione, denominata ‘Tramonto’, scattata alle prime luci dell’alba, condotta dai carabinieri e dalla guardia di finanza di Cosenza, per l’esecuzione di un provvedimento di sequestro di beni, richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di esponenti di vertice della cosca “Serpa” di Paola. Sono circa 11 milioni di euro e tra i beni oggetto del provvedimento, anche le società con le quali i Serpa si accaparravano appalti pubblici anche per conto dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza. Un patrimonio ricondotto a Nella Serpa, reggente dell’omonima cosca operante a Paola e attualmente detenuta, era stata arrestata nell’ambito dell’operazione “Tela di ragno” condotta dai carabinieri di Cosenza sotto la direzione dalla Dda di Catanzaro, per associazione mafiosa, tentato omicidio, detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi da fuoco, omicidio, furto ed estorsione in concorso. Le indagini patrimoniali furono coordinate dal procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo e dal pm Pierpaolo Bruni, due magistrati sotto pesanti minacce da anni.

Quello che si conosce è stato detto, quello che non si conosce indirettamente in questa storia è una parte totalmente inedita avvenuta all’inizio dello stesso anno e che ci porta ad un antefatto.

Gaetana di Lorenzo che lavora ad una sartoria di proprietà chiamata “Sion” a Paola fino all’anno 2008 viene costretta a lasciare casa e chiudere l’attività trasferendosi in provincia di Roma. Aveva denunciato un meccanismo marcio di commistione con il clan Serpa che si svolgeva all’interno del Tribunale di Paola e che ha visto in seguito coinvolti in una indagine giudiziaria un giudice, due avvocati e due dipendenti stessi del tribunale. Dalle sue memorie di denunce che vanno dal febbraio 2014 a luglio 2014, Gaetana racconta episodi inquietanti della sua vita in provincia di Roma:

“Ero seguita in ogni mio spostamento attraverso un dispositivo satellitare installato nella mia macchina e nel 2009 mi sono ritrovata in un burrone con l’auto che non rispondeva più ai comandi. Fui estratta dal veicolo dai vigili del fuoco e portata in ospedale dove mi hanno riscontrato un trauma cranico e una lesione della quinta vertebra lombare. Sono stata dimessa e dalle autorità non ho avuto nessun riscontro sulle modalità di questo incidente.”

“Avevo trovato rifugio a Tivoli cercando di riavviare una attività di sartoria vicino un grande supermercato, ma le cose non sono andate bene anzi. Ero messa sotto controllo costante da pattuglie dei carabinieri che in un modo o nell’altro avevano dato adito nel territorio di essere una persona poco raccomandabile. Per questo motivo devo chiudere l’attività nel 2011 e ho cercato di denunciare il clima di persecuzione recandomi alla procura di Tivoli anche li senza riscontro.”

Il giorno 3 luglio 2014 quando Gaetana si reca alla sede della Dna di Roma per chiedere sviluppi sulle sue denunce, scopre che la sua macchina era stata scassinata col tentativo di farle recapitare un messaggio di morte su una busta di tabacco vuota e il giorno dopo il fatto inquietante si ripete dentro casa stavolta segnalato da due dipendenti Acea che avevano avuto una segnalazione per un guasto idrico, scopre che ignoti avevano tentano di introdursi lasciando la stessa busta vuota di tabacco con la scritta “Il Fumo Uccide”.

Gaetana ha chiesto nella sua ultima denuncia a luglio dello scorso anno di essere inserita nel programma di testimoni di giustizia senza aver ottenuto riscontro e così continua la sua solitudine nell’indifferenza anche della città.