L’impianto accusatorio, Mills corrotto da Silvio Berlusconi con almeno 600 mila dollari affinché dicesse il falso o fosse reticente in due processi a carico del fondatore della Fininvest, regge anche in Appello. In 15 giorni le motivazioni, inizia la corsa contro la prescrizione. Con Mills era accusato Silvio Berlusconi, ma la posizione del premier era stata stralciata in virtu’ del lodo Alfano, poi bocciato dalla Corte costituzionale
Dopo 4 ore di riunione in camera di consiglio i giudici della seconda sezione della corte d’Appello di Milano, presidente Flavio La Pertosa, a latere Rosario Spina (relatore) e Marco Maiga, confermano la condanna decisa il 17 febbraio scorso dal Tribunale a carico di David Mills: 4 anni e 6 mesi per corruzione in atti giudiziari e 250 mila euro da risarcire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, parte civile, rappresentata in aula dall’Avvocatura dello Stato.
Dunque l’impianto accusatorio, Mills corrotto da Silvio Berlusconi con almeno 600 mila dollari affinché dicesse il falso o fosse reticente in due processi a carico del fondatore della Fininvest, regge anche in Appello. Il collegio non indica termini per il deposito delle motivazioni e questo significa che lo farà entro 15 giorni e che in sostanza è cominciata la corsa contro la prescrizione. I fatti al centro del processo per Mills scadranno nei primi giorni di aprile del prossimo anno, mentre la data che interessa Berlusconi, il cui processo dopo l’annullamento del Lodo Alfano, riprenderà con ogni probabilità tra la fine di novembre e gli inizi di dicembre, è fissata al 2011, a meno di modifiche legislative di cui si parla sui mezzi di informazione da qualche settimana.
I difensori di Mills avranno 30 giorni di tempo per ricorrere in Cassazione e hanno già detto che lo faranno. Spiega Federico Cecconi: “Non è finita qui, abbiamo elementi forti per ribaltare la sentenza”. Il collega Alessio Lanzi si dice “profondamente amareggiato e a disagio”, e precisa: “la sentenza mette a dura prova la buona fede nello Stato di diritto”.
Più duro ancora è Nicolò Ghedini, legale di Silvio Berlusconi, “l’imputato di pietra” nel processo, com’è stato definito in aula a Milano. “La decisione della Corte d’Appello di Milano nel processo Mills -dice- è del tutto illogica e nega in radice ogni risultanza in fatto e in diritto. Un processo svolto in tempi record negando qualsiasi prova e rifiutando qualsiasi possibilità di difesa.
Tale decisione non potrà che essere annullata dalla Corte di Cassazione. Comunque, ancora una volta, si conferma che a Milano non si possono celebrare processi quando, ancorché indirettamente, vi sia un collegamento con il Presidente Berlusconi”. Nei motivi d’appello, così come in discussione, i difensori di Mills avevano chiesto più volte di riaprire parzialmente il dibattimento per ascoltare alcuni testi, primo tra tutti Silvio Berlusconi, il coimputato, per il quale però il processo di primo grado era stato ‘congelato’ nell’ottobre dello scorso anno in attesa che la Consulta si esprimesse sulla legittimità del Lodo Alfano. A giudizio, da allora, in una condizione processuale quantomeno ‘anomala’ nel caso di un reato (la corruzione in atti giudiziari, ndr) a concorso necessario, è rimasto il solo Mills. Ma la Corte presieduta da Flavio La Pertosa, evidentemente, ha deciso diversamente, chiudendo il giudizio in quattro udienze e rinviando una spiegazione sul punto in sentenza.
La Suprema Corte, com’è ormai prassi da alcuni anni, darà una corsia preferenziale a questo come ad altri processi a rischio di prescrizione. E la Cassazione dirà l’ultima parola nel merito della vicenda anche sulla stessa prescrizione, sulla quale ci sono come spesso accade interpretazioni diverse e che è stato oggi il terreno di scontro tra le parti prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio per la sentenza.
In sede di replica, infatti, ha preso la parola il sostituto procuratore Laura Bertolè Viale per ribadire la sua versione: il momento consumativo del reato c’è nel 2000 e non nel 1998, ci sono tre lettere sui flussi di denaro che inchiodano Mills alle sue responsabilità. Situazione opposta per la difesa Mills: quei flussi di denaro indicati nelle lettere citate dal pg nulla hanno a che vedere con l’oggetto del processo.
L’ultima battaglia legale ha riguardato anche una polemica che dura da 13 anni, da quando i legali di Berlusconi lamentarono che Mills non fosse stato iscritto al registro degli indagati già nel 1996 come “creatore gestore di società off-shore”.
“Anche se fosse stato sentito come testimone imputato di reato connesso avrebbe avuto l’obbligo di dire la verità” afferma il pg, introducendo una novità rispetto ala sua requisitoria. E Lanzi controreplica seccamente: “Sì, ma mai sarebbe stato pubblico ufficiale e quindi accusabile di corruzione”.
Se ne riparlerà in Cassazione. Piero Longo, uno dei legali del premier rifiuta di commentare in attesa del deposito delle motivazioni: “Non era il processo a Berlusconi ma a Mills”.
Ora, se per il premier ancora non si conosce la data nella quale il collegio presieduto da Nicoletta Gandus fisserà un’udienza per smistare il caso ad un altro collegio (il suo è ormai incompatibile, ndr) e far ripartire così la causa di primo grado, per Mills si tratta di attendere un paio di settimane per leggere i motivi per i quali la Corte ha accolto la tesi dell’accusa e ha confermato la condanna all’imputato.
“Corrotto per garantire, mentendo, l’impunità a Silvio Berlusconi. Non con una “banale” bustarella ma attraverso una “artificiosa, tanto opaca quanto raffinata, modalità di trasferimento di 600.000 dollari”. Somma che comprendeva anche il ‘disturbo’ per ‘tutte le operazioni di riciclaggio’ messe in atto per ‘nascondere, mascherare, trasformare, schermare’ la mazzetta”. Questo affermavano, a maggio, i giudici di primo grado nelle motivazioni della sentenza di condanna di David Mills, potente e famoso legale inglese, marito del ministro inglese Tessa Jowell, colpevole del reato di corruzione giudiziaria
Frida Roy
(Tratto da Aprileonline)