Antimafia, l’audizione di De Lucia tra realtà criminale messinese, attentato Antoci e scarcerazioni
di AMDuemila
L’arrivo di capitali mafiosi “freschi” dall’Est Europa, pronti per essere reinvestiti nell’industria siciliana, soprattutto a Taormina; l’attentato a Giuseppe Antoci, ex Presidente del Parco dei Nebrodi e la realtà criminale del territorio messinese. Di questo e di altro ha parlato ieri il procuratore capo di Messina, Maurizio De Lucia, ascoltato in audizione in Commissione parlamentare Antimafia. Il magistrato ha cercato di fare una fotografia della realtà del territorio messinese, spiegando che “è variegata: ci sono 3-4 aree criminali”. Secondo De Lucia “c’è un’area, storicamente infettata dalla presenza mafiosa, quella tirrenica e della zona di Barcellona Pozzo di Gotto – ha spiegato – Poi c’è un’area di grande interesse, anche dal punto di vista economico, quella dei Nebrodi” che le organizzazioni mafiose “hanno imparato ad apprezzare prima di noi e a investire nel territorio con modalità nuove”. C’è poi, ha proseguito De Lucia, “la zona ionica che confina con l’area di Catania” dove ci sono la presenza della “famiglia mafiosa Santapaola e una serie di altre organizzazioni mafiose”. Sempre riguardo la parte ionica, il procuratore capo ha spiegato che “ci sono capitali che stanno affluendo dall’estero, non si capisce bene da dove vengano, pensiamo ad un tentativo di riciclaggio proveniente dall’Est Europa”. Nella zona di Taormina “c’è un rischio che esisteva già prima” ma ancor di più con le conseguenze legate “all’epidemia” Covid che “rende altissima la possibilità di investimenti di origine occulta su quel territorio”.
L’attentato Antoci
Per quanto riguarda l’attentato a Giuseppe Antoci, ex Presidente del Parco dei Nebrodi, De Lucia ha spiegato che le indagini “non hanno consentito di identificare i colpevoli ma ciò non vuol dire che le indagini si fermino perché solo la prescrizione ferma l’azione penale non il decreto di archiviazione del gip che in qualsiasi momento può consentire una riapertura delle indagini”. Secondo il pm “l’ufficio che io dirigo sull’attentato ad Antoci ha svolto un’attività investigativa durata oltre due anni, usando il contributo di reparti di élite dei carabinieri, il Ros, e strutture di élite della Polizia di Stato, non solo il servizio centrale operativo ma anche il gabinetto centrale della Polizia scientifica”. De Lucia ha poi osservato che “sono state profuse significative energie nel tentativo di ricostruire la dinamica dell’attentato e scoprire i reali autori, non sempre le attività della magistratura inquirente riescono a individuare il colpevole e tutte le volte che non succede il pubblico ministero fallisce”. “Per l’attentato ad Antoci continuiamo ad affermare che quella completezza indagini non consente di dire che quell’attentato non c’è stato – ha sottolineato – Tengo separati i campi di azione dell’attività inquirente” dalle altre “attività di inchiesta che più che legittimamente la politica fa, perché hanno finalità diverse. Il nostro è quello di accertare i reati e di individuare i colpevoli” mentre il fine della commissione di inchiesta regionale siciliana sulla mafia “non è rifare il lavoro dell’autorità giudiziaria, ma di individuare quali possono essere i suggerimenti per il legislativo per adottare rimedi che possono essere offerti alla legislazione siciliana in tema di infiltrazione e di appalti. Sono due piani separati totalmente perché i poteri sono diversi”. “Le uniche indagini complete sono quelle dell’autorità giudiziaria”, ha sottolineato il procuratore capo di Messina.
Le scarcerazioni
Il procuratore capo di Messina, nel corso dell’audizione, ha parlato del problema delle scarcerazioni in quanto c’è stata “purtroppo non solo quella di Porcino, ma a Messina ci sono stati 39 soggetti in regime di alta sicurezza, alcuni di spessore criminale assolutamente significativo, usciti dal carcere”. “Il decreto recente ha consentito per alcuni il rientro in carcere, mentre per Porcino il tribunale di sorveglianza di Milano ha ritenuto non ci fossero le condizioni per il rientro in carcere”, ha sottolineato De Lucia secondo il quale “l’ondata di scarcerazioni è stata un problema”.
I problemi d’organico e di edilizia
De Lucia ha anche spiegato che nel distretto di Messina ci sono problematiche inerenti all'”edilizia giudiziaria” e quello degli “organici della magistratura messinese”. Secondo il magistrato l’attuale Palazzo di Giustizia pur “bellissimo dal punto di vista architettonico” è “inadeguato”, ha spiegato il procuratore parlando di un “problema dolorosissimo che la città vive”. L’altra “questione è quella degli organici e della magistratura messinese”, ha concluso il procuratore, spiegando che “il numero di magistrati in servizio è insufficiente rispetto alle esigenze che la città ha”.
17 Giugno 2020