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Analisi / 2. Allarme criminalità, bomba dopo il corteo nel foggiano

Analisi / 2. Allarme criminalità, bomba dopo il corteo nel foggiano

La criminalità organizzata sfida subito lo Stato i 20mila scesi in piazza ieri ieri. Ma sebbene l’allarme risalga ad almeno 30 anni fa, come si è arrivati fin qui?

Pino Ciociola sabato 11 gennaio 2020

Una sfida. Appena qualche ora dopo il corteo voluto da Libera, ieri sera, al quale hanno partecipato 20mila persone. Stamattina alle cinque una bomba “artigianale” è stata fatta esplodere davanti un negozio a Orta Nova, nel foggiano, danneggiando la saracinesca. «Ho paura per tutti, abbiamo paura un po’ tutti», ha detto Marianna Borea, la titolare del negozio. A suo fratello Paolo, presidente del Consiglio comunale, il 22 dicembre è stata incendiata l’auto.

Nell’analisi di quanto accade da queste parti, eravamo rimasti al 1997. Balzo lungo, vent’anni. Di nuovo la Dia, stavolta nella sua Relazione sul primo semestre 2017: «Il quadro criminale della provincia di Foggia è quello che desta maggiore allarme sociale». Chiaro e tondo, insomma. C’è «abbondanza di giovani leve», c’è una «massiccia presenza di armi», un «radicato vincolo dei sodalizi col territorio» e «un contesto ambientale omertoso e violento», mentre «continuano a registrarsi efferati omicidi». Un quadro che nemmeno mostra crepe: «La provincia foggiana resta una delle poche realtà segnate dalle consorterie mafiose a non aver fatto registrare la presenza di collaboratori di giustizia» e quella «con il maggior numero di omicidi non scoperti». Paura o complicità, da queste parti nessuno vede, sente, parla.

La criminalità foggiana non ha intanto smesso di avere una particolare predilezione per le estorsioni, specie nel settore edile, per le rapine e per trafficare droga. E quando si tratta di stupefacenti, «interagisce anche con altre realtà criminali della provincia (a San Severo e a Cerignola e del Gargano». Le attività si ampliano e rafforzano. Specie nel Gargano, vanno sempre più di moda le rapine con modalità paramilitari e le armi da guerra. La mafia cerignolana invece si specializza negli assalti ai Tir (anche fuori regione) e la scelta degli obiettivi non è mai casuale, perché a quella si rivolgono le bande della provincia di Foggia, Bari e della Bat. Un mafia, a Cerignola, «impermeabile alle azioni di contrasto», che ha «superato le sanguinose contrapposizioni del passato» e saputo via via «assoggettare un vasto tessuto criminale, riducendo al minimo le firzioni e le manifestazioni eclatanti». Non solo, ma capace anche d’influenzare le aree di Orta Nova, Ordona, Carapelle, Stornara e Stornarella con «sinergie criminali», soprattutto nella ricettazione di auto, nei furti ai bancomat e negli immancabili traffici di armi e droga. E la cittadina di San Severo si conferma intanto il crocevia dell’Alto Tavoliere per l’approvvigionamento proprio di armi e droga.

Due anni fa. Le mafie del foggiano sono floride e solide, affondano le radici «nell’arretratezza culturale, nell’omertà e nell’illegalità diffusa», condizioni che però non hanno loro impedito di sviluppare attività criminali «proprie di una “mafia degli affari”», come si legge nella Relazione d’inizio 2018 della Commissione parlamentare sulle mafie. Al passo coi tempi, dunque. Ma restando caratterizzate «da metodologie di imposizione delle regole, all’interno e all’esterno dei clan, fondate sulla forza che spesso si trasforma in pura ferocia, con vendette punizioni mutuate dalle più arcaiche comunità agricolo-pastorali e dal modello della camorra cutoliana».

Siamo ai giorni nostri. La sintesi è della Direzione nazionale antimafia nella sua Relazione 2019: «Le mafie foggiane «coniugano tradizione e modernità»scrive la Dna. La tradizione è quella del «”familismo mafioso” tipico della ‘ndrangheta e della ferocia spietata della camorra cutoliana», la modernità invece è, appunto, «nella vocazione agli affari, nella capacità di infiltrazione del tessuto economico-sociale, nella scelta strategica di colpire i centri nevralgici del sistema economico della provincia, cioè l’agricoltura, l’edilizia e il turismo». E pur distinguendo in provincia «due aree, quella foggiana e quella garganica», l’immagine complessiva della mafia ha «una caratterizzazione unitaria», assai diversa ad esempio da quella barese. Perché è «chiusa, impenetrabile e saldamente legata a valori mafiosi». Tuttavia, appunto, insieme moderna, capace di «farsi imprenditrice» ­- spiega la Dna ­- e con «le capacità di tessere relazioni anche con altri gruppi criminali come i Casalesi».

Tutto chiaro, quasi alla luce del sole. Anche nell’ultima Relazione della Dia, sempre del 2019. In provincia di Foggia «operano la “società foggiana”, “la mafia garganica” e la “mafia cerignolana”». Sono particolarmente aggressive, «il diffuso e sistematico ritrovamento di armi appartenenti alle singole cosche» e «gli svariati fatti di sangue» confermano «il potenziale militare delle cosche», che «non si fanno scrupoli a sparare anche di giorno». Nemmeno se ne fanno per «intimidire funzionari dello stato» e questo appare «sintomo dell’insofferenza nei confronti delle istituzioni». Neppure un antistato. Ma un vero e proprio, marcio, “Stato parallelo”.

Se le mafie del foggiano sono diversificate, hanno però adesso un dato comune: «L’elevata specializzazione nel traffico di sostanze stupefacenti e in quello delle armi». Non solo, ma anche «un’alta capacità di confrontarsi con le altre organizzazioni mafiose più strutturate». Esempio? «I collegamenti per il narcotraffico con le compagini criminali albanesi».

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fonte:https://www.avvenire.it/