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Ammaturo:” Tagliai io la testa a Semerari, per me Bardellino é vivo”

“Tagliai io la testa a Semerari
aveva tradito un nostro accordo”

Le rivelazioni di Ammaturo: per me Bardellino è vivo

di ELIO SCRIBANI

"Tagliai io la testa a Semerari  aveva tradito un nostro accordo"

Quattro aggettivi per lui: gentile, tranquillo, misurato, elegante. Lo diresti un pensionato, un padre di famiglia, un uomo qualunque. Non immagineresti che è stato, invece, un feroce padrino di camorra e che ha sulla coscienza una lunga catena di omicidi. Il suo nome ha segnato la storia della malavita napoletana. Si chiama Umberto Ammaturo. Ha sessantanove anni.

Era un capo della “Nuova famiglia” e un boss del traffico internazionale di droga, ha combattuto contro la Nco – la Nuova camorra organizzata – di Raffaele Cutolo una guerra tra clan che ha lasciato sul campo settecento cadaveri. È stato il compagno di Pupetta Maresca, la vedova di “Pascalone ‘e Nola”.

Ammaturo è stato arrestato in Perù nel 1993 e ha deciso quasi subito di collaborare con la giustizia. E’ tuttora detenuto, ma, grazie al programma di protezione, oggi ha un lavoro e una nuova identità.
In questa intervista esclusiva l’ex boss pentito ripercorre oscure vicende di camorra. E fa clamorose rivelazioni.
Una addirittura agghiacciante: fu lui stesso a mozzare la testa del criminologo Aldo Semerari e a depositarla davanti al castello di Cutolo a Ottaviano. L’intervista si svolge in una località protetta.

Umberto Ammaturo, secondo lei il boss Antonio Bardellino è vivo o è morto?
“L’ho già detto all’autorità: io non credo che Bardellino sia morto”.

Vuol dire che è vivo?
“Risulta scomparso, ammazzato in Brasile,

se non erro, ma non si trova il corpo. Chi ammazza, specialmente nel caso di Bardellino, ha interesse a far trovare il corpo per dimostrare che è stato ammazzato”.

Parliamo di Raffaele Cutolo. Che ricordo ha di lui?
“Il crimine è patologia, ma Cutolo è patologico per se stesso. Se non fosse così, avrebbe preso la strada che hanno preso tutti i capi dell’epoca, Ammaturo, Alfieri, Galasso eccetera”.

Vuol dire la strada della collaborazione con gli organi investigativi e inquirenti?
“Sì, perché al di là di quello che si è sentito dentro nel momento in cui si è deciso di cambiare totalmente l’esistenza, la collaborazione è anche una scelta tecnica”.

E di donna Rosetta, la sorella di Cutolo, che ricordo ha?
“Niente, una donna come le altre che lui ha coinvolto e costretto a fare la portatrice di ambasciate”.

Quali erano a quel tempo i rapporti tra camorra e politica?
“Personalmente non ho ricevuto favoritismi né da avvocati né da magistrati né da poliziotti, io sono stato sempre catturato e condannato. Da quel che leggo sui giornali, c’erano dei coinvolgimenti, ma la mela marcia si può trovare in ogni sacco”.

Parliamo del sequestro dell’ex assessore regionale ai Lavori pubblici, il democristiano Ciro Cirillo, avvenuto il ventotto aprile del 1983, secondo lei ci sono ancora misteri da svelare?
“Non oso fare fantasie, mi astengo”.

E sulla morte del criminologo Semerari?
“Gli tagliai io la testa”.

Lo uccise personalmente?
“Sì, perché si era impegnato con noi della Nuova Famiglia a seguire le nostre cose, ed era ben remunerato da me personalmente, ma Cutolo fece ammazzare uno giù alle camere di sicurezza del tribunale e Semerari gli fece una perizia falsa per farlo assolvere”.

Lei lo considerò un traditore?
“Era un traditore, chi prende un accordo e non lo mantiene è un traditore. Stiamo parlando di un ambito criminale, no?”.

Parliamo del suo clan, quanti uomini controllava?
“Io stavo con un piede in Italia e un altro in Sudamerica, avevo uomini qua e là che facevano la spola. Una trentina”.

Come li sceglieva?
“Li prendevamo come viaggiatori per la droga, poi, se qualcuno si distingueva dopo essere stato studiato, gli facevamo commettere qualche cosa”.

Un omicidio?
“Un omicidio, insomma un’azione, e da quel momento in poi non faceva più il trasportatore ma entrava a far parte della famiglia”.

Ha mai avuto paura di essere tradito da uno dei suoi uomini?
“Chi ha tradito è stato ammazzato”.

E ha avuto paura anche lei di essere ucciso?
“Stava succedendo, ma qualcuno non ci è riuscito ed è stato ammazzato lui”.

Dunque, hanno tentato?
“Principalmente Pasquale Forino”.

Era uno dei suoi uomini più fidati?
“Esatto”.

E tentò di ucciderla?
“Sì, perché voleva prendere il mio posto”.

Mi racconta la storia con Pupetta Maresca?
“Con la signora Maresca ci conoscemmo”.

Nel 1970?
“Un po’ prima del ’70, nel ’66 o ’67, e ci mettemmo insieme, abbiamo avuto due figli, poi è successo che mi arrestarono, io dovetti dire la verità su fatti in cui era coinvolto anche suo fratello e di lì è venuta la rottura”.

Quindi, la storia è finita per le sue rivelazioni che hanno coinvolto la famiglia di Pupetta Maresca?
“Sì, ma anche per le mie lunghe assenze. Uscii nell’81 dal manicomio giudiziario, dove facevo il finto pazzo, dopo un anno fui arrestato, nell’87 uscii per decorrenza dei termini, andai in Sudamerica, conobbi un’altra donna da cui ho avuto tre figli”.

L’ultima volta lei fu arrestato in Perù, da latitante faceva una vita lussuosa?
“Beh lussuosa, era un ritmo di vita”.

E’ vero che a Lima lei era consulente finanziario di tre cliniche private e gestiva una sua società immobiliare?
“E’ vero”.

Si dice che dal carcere di Brasilia lei evase uscendo dal portone principale. E’ andata proprio così?

“Ci aprirono la cella di notte, un elicottero ci attese, attraversammo l’Amazzonia e fui depositato in Perù”.

Quanto contava la corruzione durante la sua latitanza?
“In Sudamerica moltissimo, qua in Italia non se ne parla proprio”.

Quanti soldi giravano intorno al narcotraffico?
“Miliardi di lire. Infatti l’autorità giudiziaria mi ha sequestrato miliardi di vecchie lire di proprietà a Napoli e anche in Sudamerica”.

Lei adesso è un uomo povero?
“Io sono un uomo che da dodici o tredici anni lavora e paga le tasse allo Stato. Ho il mio guadagno”.

Quindi, vive del suo lavoro?
“Vivo del mio lavoro e pago le tasse allo Stato. L’autorità lo può confermare”.

Lei crede in Dio?
“Io credo in Dio, credo in un essere supremo, ma a tutta questa… ruota non ci credo”.

Il rapporto con la sua coscienza oggi è tranquillo?
“Sono tranquillo, sì, da quindici anni a questa parte”.

E per il passato?
“Sarei un ipocrita se dicessi che sto proprio tranquillo. E che: mi sono assolto da solo?”.

Che giudizio dà di quel passato?
“Se avessimo avuto la possibilità, come io faccio oggi con i miei figli, di guidarli e di seguirli… nessuno nasce con il crimine nel sangue, criminali si diventa”.

Che cosa pensa di “Gomorra”, il libro scritto da Roberto Saviano?
“Va bene per l’opinione pubblica, ma chi mette in essere la distruzione della malavita è la polizia”.

Ha un messaggio da dare ai giovani che vengono attirati dalla camorra?
“Il messaggio più concreto lo dovrebbe dare lo Stato”.

(25 maggio 2010)© RIPRODUZIONE RISERVATA