Cerca

Affari, droga e alleanze. Come si è mossa la ‘Ndrangheta nei primi mesi di Coronavirus

Affari, droga e alleanze. Come si è mossa la ‘Ndrangheta nei primi mesi di Coronavirus

Karim El Sadi 25 Febbraio 2021

Pubblicata la Relazione Semestrale della Dia

L’emergenza pandemica non ha in alcun modo rallentato il florido mercato del narcotraffico”

Anche in piena emergenza Covid-19 le principali organizzazioni criminali attive sul territorio nazionale non hanno smesso di fare affari. Le risultanze investigative del semestre confermano come la vocazione affaristica dell’organizzazione mafiosa calabrese, si sia declinata nei più svariati settori imprenditoriali, oltre che nei traffici internazionali di stupefacenti, nei quali è leader. Un’affermazione che è frutto della composizione di diversi fattori, in primis della struttura a base familiare, che, almeno sino all’inizio del 2019, era quasi del tutto impermeabile al fenomeno del pentitismo – e quindi affidabile all’estero – cui si aggiunge una enorme disponibilità di risorse finanziarie”. A scriverlo è la Direzione Investigativa Antimafia nella relazione semestrale gennaio-giugno 2020 in merito alle organizzazioni criminali presenti in Italia. Il periodo in questione preso in esame dagli analisti Dia coincide con l’esplosione della pandemia Covid-19 a livello nazionale e globale. Ecco perché nel documento sono più volte presenti studi e valutazioni circa le conseguenze dell’emergenza sanitaria sul territorio a livello economico e sociale. In questo senso la Dia fornisce un plastico chiaro di come le mafie si sono adeguate a questa condizione straordinaria. Tra queste mafie spicca la ‘Ndrangheta calabrese che, osserva la Dia, “ha dato prova nel tempo di saper intercettare le opportunità nei cambiamenti socio-economici e di una grande duttilità e capacità di rimodulare il proprio paniere degli investimenti per massimizzare i suoi profitti”. Un’azione, sottolinea la Dia, che oggi “potrebbe essere ancor di più favorita dal contesto di forte sofferenza economico-produttiva”. Sul punto, fanno presente gli analisti Dia, “la criminalità organizzata calabrese – al pari delle omologhe matrici mafiose – è da sempre abile a proporsi con azioni “filantropiche” nei confronti di famiglie in difficoltà alle quali offrire sostegno economico, innescando un meccanismo di dipendenza che verrà sicuramente riscattato a tempo debito”. “Quanto detto – spiegano – vale, ad esempio, per quelle sacche di lavoratori ‘in nero’ o sottopagati che, in prospettiva, potrebbero essere disposti a farsi coinvolgere in azioni criminali pur di garantire un sostentamento alle proprie famiglie ovvero alimentare quel bacino di consenso utile anche in occasione di competizioni elettorali”. Sul punto la Dia parla quindi di ‘Ndrangheta come “welfare alternativo”. “Sostituendosi alle Istituzioni con forme di assistenzialismo, forte della capillare presenza nel territorio e della notevole disponibilità economica, a “beneficio” sia del singolo cittadino in stato di necessità, sia dei grandi soggetti economici in sofferenza e in cerca di credito più dinamico rispetto ai circuiti ordinari”. “Salvo – sottolinea la Dia – poi presentare il conto alle imprese beneficiarie del sostentamento mafioso”. Infatti, la prima necessità degli imprenditori in difficoltà “è quella di mantenere viva l’azienda, per pagare i dipendenti e le spese di gestione, nonché per saldare i debiti e pagare le tasse”, riporta la Dia. “Proprio questa è la fase in cui interviene il pericolo dell’usura, dapprima – anche a tassi ridotti – finalizzata a garantire una forma di sopravvivenza, successivamente sotto forma di pressione estorsiva, volta all’espropriazione dell’attività”. In merito a ciò la Dia riporta le parole del Procuratore Capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, il quale ha sottolineato come “… Il tema della pandemia da Covid-19 e le possibilità di arricchimento che questa potrebbe offrire alla criminalità organizzata, soprattutto nei mesi a venire, costituisce motivo di grossa attenzione per la Procura…”, evidenziando come essa “…dovrà essere massimamente rivolta alla gestione dei fondi europei, che costituiranno, per la loro entità, una formidabile occasione di arricchimento per la criminalità organizzata e di infiltrazione ed inquinamento del mercato legale…”.
Anche l’analisi delle risultanze investigative e giudiziarie intervenute nel I semestre dello scorso anno “restituisce, ancora una volta, l’immagine di una ‘Ndrangheta silente, ma più che mai viva nella sua vocazione affaristica, tesa a farsi ‘impresa’”, si legge nella relazione Dia. 
Una preoccupante conferma perviene anche dall’elevato numero di provvedimenti interdittivi antimafia adottati dalle Prefetture nei confronti di ditte ritenute contigue alle cosche calabresi, attive in svariati settori commerciali, produttivi e di servizi, che spaziano dalle costruzioni edili agli autotrasporti, dalla raccolta di materiali inerti al commercio di veicoli, dalla ristorazione alle strutture alberghiere, dai giochi, alla distribuzione di carburante, etc.”.

Narcotraffico mai intaccato
Tornando alla vocazione spiccatamente affaristica, la ‘Ndrangheta con una potenza imprenditoriale in costante aumento grazie alle risorse tratte dal traffico internazionale di droga, osserva la Dia, “garantisce una sempre più solida affidabilità ai sodalizi stranieri, relazionandosi, da diversi decenni e da pari a pari, con le più sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano”. “Nelle precedenti Relazioni – si legge – sono stati analizzati i dati riguardanti i quantitativi di sostanze stupefacenti sequestrati presso il porto di Gioia Tauro, da sempre considerato lo scalo marittimo privilegiato per l’ingresso della cocaina proveniente dal Sud America in Europa. Fino al 2018, il primato nel campo particolare sembrava potesse essere attribuito solo ad altri terminal del Mediterraneo e del Nord Europa. Tuttavia, già il 2019 aveva registrato un aumento dei quantitativi sequestrati presso lo scalo calabrese (circa 2 mila e 200 chili di stupefacenti), evidenziandone il deciso incremento rispetto al 2018, quando totalmente erano stati sequestrati 217 chili di stupefacenti. Un incremento ancora più evidente nel primo semestre del 2020, in quanto nel porto di Gioia Tauro risulta il sequestro complessivo di oltre 2 mila e 600 chili di cocaina, proveniente dal Sudamerica (Brasile e Colombia), quindi superiore a quello sequestrato in tutto il 2019”. “D’altro canto – osserva la Direzione Investigativa Antimafia – i sodalizi più strutturati mantengono saldamente la propria leadership nei grandi traffici di droga, continuando ad acquisire forza e potere. In questo senso – aggiungono – si può dire che l’emergenza pandemica non ha in alcun modo rallentato il florido mercato del narcotraffico”. Tornando a Gioia Tauro “il dato evidenzia, dunque chiaramente, l’attuale rilevanza dello scalo portuale in questione come crocevia di traffici illeciti internazionali, sebbene e come più volte sottolineato, la ‘Ndrangheta non ricorra solo al porto di Gioia Tauro per finalizzare l’importazione di sostanze stupefacenti”, sottolinea la Dia. “Anche nel semestre in riferimento, infatti, gli approdi liguri – in particolare quello di Genova, ma anche quelli di La Spezia e Vado Ligure – hanno rappresentato scali importantissimi per l’arrivo di significative partite di stupefacenti, nonché come aree di transito dello stupefacente verso le piazze del nord ovest del Paese ed estere”.

I rapporti con Cosa nostra
Altro capitolo di rilievo illustrato nella relazione semestrale gennaio-giugno 2020 della Dia è quello dei rapporti della ‘Ndrangheta con le altre realtà mafiose italiane, specie con Cosa nostra siciliana. “Significative recenti risultanze investigative confermano la tendenza dei gruppi criminali calabresi a instaurare forme di collaborazione utilitaristica con compagini di diversa matrice mafiosa, in particolare con Cosa nostra”, fanno presente gli analisti. “Tale cooperazione, tendenzialmente, appare motivata da contingenze specifiche piuttosto che da forme di interazione consolidate e rette da una condivisione di obiettivi criminali comuni”. “Anche se l’argomento verrà trattato nella Relazione dedicata al secondo semestre 2020 – precisa la Dia – appare doveroso richiamare la 
condanna al “fine pena mai” pronunciata dalla Corte d’Assise di Reggio Calabria, nell’ambito del processo ‘’Ndrangheta stragista’”. “La condanna è stata inflitta nei confronti di un esponente di vertice della criminalità organizzata di Melicucco (RC) – indicato dagli inquirenti come colui che, per conto della cosca Piromalli, teneva i rapporti con la destra eversiva e la massoneria occulta – nonché di uno storico elemento apicale del mandamento palermitano di Brancaccio, gravato da diverse condanne all’ergastolo e da lunghi anni detenuto in regime differenziato. I 2 soggetti arrestati erano accusati di essere i mandanti, in concorso fra loro e con altri (uno dei quali, deceduto, riconducibile alla cosca Libri-De Stefano), di gravi fatti delittuosi ai danni di Carabinieri culminati con l’omicidio, il 18 gennaio 1994, degli appuntati scelti Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, nonché il tentato omicidio dei carabinieri Vincenzo Pasqua e Silvio Ricciardo, il 1° dicembre 1993, e degli appuntati Salvatore Serra e Bartolomeo Musicò, il 1° febbraio 1994”.

Perniciosità nella P.A.

Nella relazione della Dia viene inoltre affrontato il tema, sempre più attuale, delle infiltrazioni delle ‘ndrine all’interno della pubblica amministrazione. “Uno dei punti di forza della ‘Ndrangheta sta proprio nella sua capacità di intrecciare legami diretti con qualsiasi tipo di interlocutore: politici, esponenti delle Istituzioni, imprenditori, professionisti. Si tratta di soggetti potenzialmente in grado di venire incontro alle esigenze delle cosche, sicché da ottenere indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche”, si legge nel documento. “In tale ambito, l’elevato numero di consigli comunali sciolti, nel tempo, per ingerenze ‘ndranghetiste ne è l’impietosa rappresentazione”, aggiunge la Dia. Inoltre “l’inquinamento dei diversi settori imprenditoriali e un’interlocuzione, sempre più raffinata, con soggetti istituzionali compiacenti, agevolano il riciclaggio dei proventi illecitamente accumulati e l’acquisizione di ulteriori introiti anche attraverso canali legali”. “Infatti – viene spiegato – l’accesso delle ‘ndrine a circuiti finanziari sani perfeziona taluni complessi meccanismi di riciclaggio. Questo aspetto, coniugato con la diffusa corruttela, condiziona le dinamiche relazionali con gli Enti locali sino a controllarne le scelte”.

Minori e pentiti
La Dia affronta anche due temi molto importanti inerenti alle consorterie di ‘Ndrangheta: i minori e il fenomeno del pentitismo. Per quanto riguarda il primo viene acceso l’allarme sul “sempre più frequente coinvolgimento, negli affari illeciti, di donne e di minori, come evidenziato da recenti inchieste”. Mentre per il secondo tema la Dia constata un “incremento del numero di collaboratori di giustizia che decidono di affrancarsi da logiche criminali”. Sul punto, nella relazione vengono riportate le parole del procuratore Bombardieri: “…. La struttura familistica della ‘Ndrangheta” costituisce “da sempre il suo elemento di forza, che le consente una minore esposizione verso il fenomeno della collaborazione dei suoi affiliati con la giustizia, dovendo questi, nella maggioranza dei casi, accusare loro parenti stretti…, nel periodo 1 luglio 2019 – 30 giugno 2020 sono stati 4 i nuovi collaboratori ed altri sono in fase di valutazione. Tale fenomeno si ritiene possa essere anche il frutto, rispetto ai decenni scorsi, di un diverso approccio nei confronti dei valori della moderna società e dei modelli da questa proposti, nonché dei vantaggi in termini di benefici di pena e mancata sottoposizione al regime del 41 bis…”.

Le propagini nello Stivale
Per quanto riguarda le proiezioni delle ‘ndrine all’estero e nel nord Italia, scrive la Direzione Investigativa Antimafia, “in passato si è percepita una difficoltà, da una parte delle Istituzioni, ad ammettere l’insediamento delle mafie in tali territori, trattandosi di aree distanti dalle terre d’origine e che ne sconoscevano il modus operandi. Ormai è diffusamente riconosciuta la capacità delle consorterie calabresi di replicare, nei territori di proiezione, i modelli organizzativi tradizionali, in maniera silente, mediante relazioni affaristiche con interlocutori strategici avvalendosi, comunque, della forza di intimidazione tratta anche dalla semplice appartenenza al clan”. Sempre sulla questione gli analisti affermano che “emerge fortemente l’immagine di una ‘Ndrangheta altamente pervasiva anche nelle dinamiche extraregionali e sempre più inserita nelle trame relazionali con illustri personaggi del mondo politico ed imprenditoriale”. In questo senso scrivono che “le più significative inchieste degli ultimi anni hanno consentito di elaborare, per quanto possibile, un ‘organigramma strutturale’ della ‘Ndrangheta fuori Regione”. Soprattutto al nord Italia dove risulta più che mai “emblematica” la capacità espansionistica delle cosche che si “riproducono secondo lo schema tipico delle strutture calabresi”. In totale, riporta la Dia al Nord “sono emersi 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 15 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige”.

Le propagini nel mondo
Nel documento di 600 pagine della Direzione Investigativa Antimafia, in merito alla questione delle propaggini di ‘Ndrangheta all’estero e le loro radici in terra calabra, si osserva che “le cosche riproducono i propri modelli strutturali, ricercando i valori fondativi delle consorterie ed esaltando i consueti vincoli tradizionali. Sul punto, ne è immagine iconica il santino di San Michele Arcangelo rinvenuto, parzialmente bruciato, nella tasca del sanlucota ucciso nella tragica notte di Duisburg (D), nel Ferragosto 2007. Al di fuori dell’Italia, pertanto, non vengono insidiate solo le realtà economico-imprenditoriali ma si cerca innanzitutto di creare insediamenti strutturati sul modello reggino dal quale partire per il conseguimento dei profitti. In definitiva, il caratterizzante riconoscimento identitario risalente sin dagli albori della ‘Ndrangheta, non è mai stato abbandonato e sarebbe assai riduttivo relegarlo a mero fenomeno folkloristico, oltre al fatto che, approcciarsi alla ‘Ndrangheta senza averne ben chiaro le solide fondamenta, rischierebbe di non farne comprenderne appieno le “logiche” e l’effettiva portata criminale. Si tratta di un’organizzazione resa ancora più coesa proprio dal quel senso di appartenenza originato dal carattere parentale delle cosche. Tali meccanismi identitari, peraltro, costituiscono il legame che le consorterie ‘ndranghetiste di tutto il mondo mantengono con la casa madre reggina, il Crimine, il primario organismo di vertice che orienta le linee strategiche, dirime le eventuali controversie interne e stabilisce la soppressione o costituzione di nuovi locali”. In questo senso uno dei segnali più indicativi circa l’efficacia del controllo del territorio delle consorterie ‘ndranghetiste e della loro affermazione non solo nelle aree di origine, ma anche in quelle di nuovo insediamento, è quello relativo ai lunghi periodi di latitanza trascorsi dai boss mafiosi. Negli ultimi anni, infatti, è risultato sintomatico anche il dato relativo al numero di latitanti che preferiscono rifugiarsi all’estero a conferma dell’estrema ramificazione della ‘Ndrangheta fuori dai confini nazionali. Inoltre viene posta l’attenzione anche sul fatto che all’estero “le organizzazioni ‘ndranghetiste sono in grado di sfruttare soprattutto le opportunità offerte dai differenti sistemi normativi, privilegiando l’insediamento in Stati non cooperativi dal punto di vista dell’assistenza giudiziaria, che presentano quelle maglie larghe opportunamente sfruttate dalla ‘Ndrangheta per il reinvestimento dei capitali illeciti”. Per esempio, si legge, “l’attuale disomogeneità legislativa esistente tra i vari Paesi Europei favorisce l’infiltrazione nel mondo dell’economia e della finanza delle mafie già notevolmente avvantaggiate dall’integrazione dei mercati, dalla liberalizzazione dei movimenti di capitali, dalle potenzialità offerte dalle reti telematiche, nonché dallo sviluppo dell’intermediazione finanziaria, tra l’altro, anche attraverso circuiti alternativi. Tale disallineamento normativo, di contro, rende molto difficile il sequestro dei beni dei mafiosi fuori dal territorio nazionale”.

Le ramificazioni in Sud America e Europa
Sempre sul fronte internazionale delle cosche calabresi, infine gli analisti della Dia riassumono le varie ramificazioni nel mondo, in particolare in America Latina ed Europa. “Tra le mafie nazionali, la ‘Ndrangheta ha espresso una maggiore visione imprenditoriale anche nei contesti fuori area”, ribadisce la Dia. “Essa è pertanto risultata capace sia di infiltrare l’economia dei territori, sia di interloquire direttamente con i cartelli della droga attivi in America Latina”. In Europa le famiglie di ‘Ndrangheta sono stabilmente insediate e attive in particolare in Germania e Olanda. Qui “la ‘Ndrangheta risulta la mafia italiana maggiormente radicata avendo costituito una rete di collegamenti utili allo smercio di stupefacenti e al riciclaggio dei capitali. Recenti attività investigative hanno già evidenziato gli interessi dei sodalizi calabresi nel Paese in ordine alla gestione del narcotraffico attraverso lo sfruttamento delle opportunità offerte dal porto di Anversa”. Così come in Germania dove la ‘Ndrangheta “è l’organizzazione criminale che ha meglio saputo sfruttare i vantaggi economici offerti dalla fiorente economia tedesca, riuscendo ad insediarsi in quel Territorio, ove ha esportato il modello originario, creando unità periferiche che, seppur dotate di una certa autonomia, sono dipendenti dalla ‘madre patria’ reggina, sede del ‘comando strategico’, a cui tutte rispondono. I sodalizi calabresi, sulla base dei rapporti criminali consolidatisi nel tempo, sono dediti ad importanti investimenti di capitali illeciti provento del narcotraffico soprattutto nella ristorazione e nell’immobiliare, settori che, tra l’altro, offrono facili ripari almeno in una prima fase ai ricercati”. Sul fronte sudamericano invece viene posta l’attenzione sulla Colombia, in cui la ’Ndrangheta si approvvigiona direttamente dai cartelli dei carichi di cocaina trasferiti lungo la rotta “Cile-Ecuador-Venezuela-Brasile-Repubblica Dominicana”, entrando in Europa dalla Spagna e dall’Olanda. E sull’Uruguay dove la presenza sul territorio della ‘Ndrangheta è testimoniata dalla latitanza del boss Rocco Morabito, tuttora latitante dopo essere sfuggito alle autorità dal carcere di Montevideo.


PDF Scarica la relazione DIA

fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/309-topnews/82421-affari-droga-e-alleanze-come-si-e-mossa-la-ndrangheta-nei-primi-mesi-di-coronavirus.html