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Accuse inquietanti de IL MANIFESTO. Invito alla DDA ad aprire le indagini

IL MANIFESTO 11 NOVEMBRE 2009

Di Paolo Gerbaudo, Londra.

Il «fondo finanziario» in fondo allo scantinato

Nella sede di chi controlla l’ex Eutelia

Numero 27 di Holywell Row, strada breve e stretta, a mezzo miglio dalla City

di Londra nei pressi di Old Street. Paesaggio urbano decadente ma alla moda,

vecchi magazzini e palazzi commerciali trasformati in abitazioni, uffici,

«studios» per designer e artisti, a pochi passi dai club della movida

londinese di Shoreditch. La sede della Restform, uno dei due fondi di

investimento che controllano Omega, impresa che ha acquisito il ramo

information technology di Eutelia è all’angolo, in un modesto palazzo a tre

piani. All’entrata una porticina blu e quattro nomi sul citofono. Non

esattamente quello che ci si attende dalla sede legale di un fondo finanziario

che controlla imprese con migliaia di lavoratori e beni ingenti.

Il manifesto è andato a fare visita alla Restform, fondo di investimento

inglese che insieme ad Anglo Corporate, controlla Omega. Ma non l’ha trovata.

In compenso allo stesso indirizzo ha scovato la Ashcroft Cameron, piccola

impresa specializzata nella registrazione di compagnie, che offre il servizio

di nominee. Ovvero messa a disposizione di prestanome, direttori d’azienda e

azionisti fittizi, quelli che nel gergo finanziario chiamano gli straw men:

gli «uomini di paglia».

Suoniamo al campanello della Ashcroft Cameron. «Salve. Sono interessato ai

servizi che offrite». Un signore inglese sulla cinquantina ci apre la porta e

fa strada verso lo scantinato. Dentro un ufficio angusto, mobilio modesto,

quattro computer e due altri uomini di mezz’età in jeans e felpa impegnati al

lavoro su alcuni documenti. Diciamo che vogliamo aprire una compagnia, ci

danno un modulo per la registrazione e un tariffario. Creazione compagnia: 95

sterline. Servizio sede legale: 150 sterline l’anno. Direttore e azionisti

nominali: a partire da 150 sterline all’anno.

Proviamo a chiamare il numero di telefono sul biglietto da visita e chiediamo

della Restform. La persona che ha risposto passa la cornetta a qualcuno al suo

fianco. «Pronto? Vorrei parlare con il direttore della Restform». La prima

volta buttano giù il telefono. La seconda volta rispondono. Dall’altro capo

del telefono la voce incespica, «sì… qui ci prendiamo cura della Restform».

«Ci potrebbe mettere in contatto con il direttore?». «Salve, il direttore sono

io». Dice di chiamarsi Stuart Baxter, la voce sembra quella della persona che

poco prima ci aveva aperto la porta. Ma poi il «direttore», o meglio il

prestanome della Resform limited, si rifiuta di rispondere alle domande e

spiegare chi sia il «direttore reale». Tutto lecito, per carità. «È un sistema

perfettamente legale, che serve a preservare la privacy delle imprese», spiega

il sito di una delle tante compagnie che nel Regno offre il servizio di

prestanome. «È pensato per quelle persone che preferirebbero evitare che il

proprio nome venga associato ad una certa compagnia». Una pratica legale sì,

ma infame. Ideale per mettere al riparo chi vuole fare operazioni poco chiare

da occhi indiscreti.

Spulciando tra i documenti ufficiali di Restform messi a disposizione dal

registro britannico delle imprese si scopre che l’impresa fu creata nel 2000,

ma i bilanci 2008 e 2009 sono fermi ad una sterlina, la cifra che viene messa

di default quando si apre un’impresa. Una società fittizia insomma, che esiste

solo sulla carta e sui database informatici. Chi la controlla? Stando ai

documenti esaminati, a partire dal giugno 2009 il direttore è un’altra

compagnia. Si tratta della Cdf Formations Limited, la cui sede legale è ancora

una volta il 27 di Holywell Row. Un’altra scatola cinese? Probabile. Ma cosa

si nasconde allora dietro la Restform Ltd, dietro la Cdf Formations Ltd, e

dietro altre eventuali scatole cinesi? Su siti e blog rimbalza la voce che di

mezzo ci sia nientemeno che la ‘ndrangheta. Un’accusa pesante il cui solo

indizio al momento è contenuto in un articolo apparso il 28 aprile scorso sul

Giorno di Lodi, dove si riferisce come Daniele D’Apote, imprenditore accusato

di ricettazione e legami con la mafia calabrese. Tra le azioni di compagnie

chiacchierate trovate in suo possesso, c’era pure una piccola quota della

Revincta srl, azienda di costruzioni con sede a Milano, controllata proprio

dalla fantomatica Restform.