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Abbiamo fatto l’Italia, ora bisogna fare gli italiani. La DIA fra la gente. Per svegliarla!

“ABBIAMO FATTO L’ITALIA. ORA BISOGNA FARE GLI ITALIANI”

La DIA scende fra la gente.

Un segnale importante, da interpretare come uno stimolo alla gente a collaborare nella lotta contro le mafie.

Stiamo festeggiando l’anniversario dei 150 anni della data dell’unità dell’Italia ed ancora sono tragicamente valide le parole di Massimo D’Azeglio quando sosteneva che “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”.

Le grandi lotte delle classi subalterne, quelle della classe operaia, la Resistenza al nazismo ed alla fascismo, che ci avevano fatto sperare in un’Italia unita e migliore, sembrano svanite nel nulla, dimenticate, di fronte ad un ripiegamento morale, culturale e politico che lascia intravedere tempi davvero duri, difficili per le giovani generazioni.

La maggior parte del popolo italiano sembra aver perso perfino la capacità di reagire di fronte ad una deriva che sta portando il Paese al baratro.

Si sta perdendo l’orgoglio dell’appartenenza ad un territorio, quello appunto del nostro Paese, che ha espresso nei secoli le migliori intelligenze del mondo, un territorio che ha rappresentato un faro di civiltà.

Fra mafie, scandali, ruberie, puttane e quant’altro ci stiamo trasformando in un paese che è esso stesso uno scandalo nel mondo.

Una barzelletta, fra corrotti, corruttori, ladri, massoni, mafiosi.

E mignotte.

Il peggio del peggio nel mondo intero.

E’ inutile prendersela con la classe politica perché questa è sempre lo specchio della società che la vota.

Ogni popolo ha la classe dirigente che si merita.

Siamo noi stessi la causa dello scandalo.

Chi ne è l’autore diretto, chi ne è il sostenitore, chi dovrebbe reagire e non reagisce.

Cominciamo a dare nome e cognome alle cose e finiamola di prendercela sempre con gli “altri”.

Le mafie.

Noi non siamo teneri con certi vertici politici e istituzionali; non lo siamo mai stati e non lo saremo mai.

Nelle istituzioni si annidano i mafiosi più pericolosi.

Sembra paradossale, ma noi non ce l’abbiamo tanto con i mafiosi rozzi, i cafoni che sparano, vessano la gente, ricattano, estorcono, violentano i cittadini e il territorio, quanto, soprattutto, con coloro, professionisti, funzionari pubblici, politici, amministratori pubblici e privati, parlamentari, prefetti, magistrati, rappresentanti anche delle forze dell’ordine che non fanno quello che dovrebbero fare contro quei signori.

Il Prefetto che nega l’esistenza del fenomeno, simbolo dello Stato sul territorio, che manda un segnale inquietante alla gente.

Bisognerebbe cacciarlo in 24 ore per il danno che arreca all’intera collettività e, invece, tutti, ma proprio tutti, tacciono.

Anche la cosiddetta opposizione sociale e politica.

E la gente, la maggior parte di questa, tace, non protesta, non denuncia, non collabora.

Fa finta di non sapere, di non vedere.

Un fenomeno, questo, che viviamo sulla nostra pelle, giorno dopo giorno.

“I cretini”, li definisce Nando dalla Chiesa in uno dei suoi ultimi saggi.

Sono rari i coraggiosi che si espongono, che combattono, scoraggiati, peraltro, da chi ti dice “ma chi te lo fa fare?”.

Un popolo che rinuncia al suo ruolo di cittadini, privilegiando quello di sudditi, è un popolo che non ha un avvenire, che dovrebbe vergognarsi di guardare negli occhi i propri figli.

Parlavamo di quei pochi che hanno il coraggio di esporsi.

Ieri sera guardavamo il viso e gli occhi del capo della DIA di Napoli durante una trasmissione di un’emittente televisiva di Latina.

Un uomo, un servitore dello Stato, che vive come vive, blindato, sotto la minaccia continua delle mafie (politiche, soprattutto, oltre che militari), che si affannava a illustrare la gravità della situazione esistente in una regione, come il Lazio, assediata dalle mafie calabresi, campane, siciliane, straniere, ma anche autoctone. Di gente del posto.

Un segnale, quello suo, importantissimo, uno stimolo a collaborare, a segnalare, a non lasciare soli se stesso ed i suoi uomini e donne che dalla mattina alla sera, fra mille difficoltà, mettono a repentaglio la propria vita fisica e la propria serenità personale e familiare per assicurare agli altri, alla gente, spazi di vivibilità civile e democratica.

Un segnale importantissimo che speriamo venga accolto per lo meno dalle coscienze e dalle intelligenze più illuminate.

Non certo dai “cretini”, che tali sono e tali probabilmente resteranno.

La DIA che scende fra la gente, come scese fra la gente il rappresentante del Centro Operativo della DIA di Roma che venne a relazionare al Convegno promosso dalla nostra Associazione a dicembre scorso a Formia.

Persone che non vanno lasciate sole, che vanno aiutate nel loro duro lavoro da parte di chi ha ancora un minimo di onestà intellettuale e morale.

I cittadini perbene non debbono continuare a tirarsi fuori, restare inerti, in attesa che… ”altri”, magistrati e forze dell’ordine, facciano quello che dovremmo fare tutti.