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A Villa San Giovanni le cosche «non lasciano scampo a nessuno». Il modus operandi «primitivo e tribale»

A Villa San Giovanni le cosche «non lasciano scampo a nessuno». Il modus operandi «primitivo e tribale»

Estorsioni a tappeto da parte di «branchi armati assetati di denaro». I rapporti con altre cosche per piegare gli imprenditori

Pubblicato il: 11/09/2022 – 18:01

di Fabio Benincasa

REGGIO CALABRIA L’operatività della ‘ndrangheta sul territorio di Villa San Giovanni è stata storicamente accertata da una serie di operazione condotte e che hanno permesso di constatare l’esistenza di un’articolazione criminale riconducibile alla ‘ndrina “Zito-Bertuca”, guidata da Pasquale Bertuca, detenuto e condannato alla pena di anni 20 anni di reclusione perché ritenuto il capo dell’omonima cosca e Domenico Zito alias “D’Alema”, divenuto reggente dopo l’arresto di suo cugino Rocco Zito coinvolto nell’operazione “Meta”.

Il gruppo «primitivo e tribale»

All’interno dell’organizzazione, gli investigatori che hanno portato a termine l’operazione “Nuova Linea” individuano più gruppi legati tra loro. A partire dalla cosca Condello guidata dal “Supremo” Pasquale Condello e poi retta da Domenico Condello detto “U pacciu” e Bruno Antonio Tegano. Insieme alla ‘ndrina Buta-Imerti «pianificavano le modalità di riscossione ed al riparto dei proventi delle estorsioni imposte ad imprenditori a Villa San Giovanni e territori limitrofi». Del sodalizio fa parte anche la cosca Buda-Imerti, diretta da Santo Buda e dedita alle estorsioni e al controllo del territorio. Con i fedeli alleati avrebbe concordato la pianificazione delle estorsioni ai danni di imprenditori edili dell’area di Villa San Giovanni. L’operatività del sodalizio criminale era stata accertata nell’ambito del processo “Sansone” che avrebbe fatto luce «sulla capacità dei branchi mafiosi di “impadronirsi” di una comunità sociale per piegare le attività e le fatiche altrui al proprio servizio e al soddisfacimento dei propri appetiti materiali». Il giudice definisce il modus operandi «primitivo e tribale, la cui profonda arretratezza culturale è direttamente proporzionale alla violenza praticata da coloro che compongono tali branchi armati assetati di denaro in cerca di prede da dissanguare economicamente e al loro disprezzo per i valori universali della libertà e della dignità umana». Il territorio di Villa San Giovanni, in buona sostanza, è stato bersagliato «da un vero e proprio attacco famelico» da parte dei gruppi Bertuca e Condello che come sostenuto dallo stesso Pasquale Bertuca non hanno lasciato «scampo a nessuno». A rendere ancor più forte il potere esercitato sulle vittime, il possesso di un ingente quantitativo di armi utilizzato per intimorire le persone.

Il ruolo dei gemelli Scarfone

Tra i soggetti giudicati nell’ambito del processo “Sansone”, figurano anche i fratelli Alberto e Rocco Scarfone, condannati dal gup del Tribunale di Reggio Calabria, il primo alla pena di 16 anni di reclusione ed il secondo alla pena di 14 anni di reclusione, perché ritenuti affiliati alla cosca Bertuca. I gemelli Scarfone – ricostruisce la Dda di Reggio Calabria nell’operazione Nuova Linea – «costituiscono il braccio armato ed operativo della cosca Bertuca. Si muovono sul territorio per eseguire danneggiamenti e per porre in essere le estorsioni programmate dai vertici dell’associazione». Chi indaga ritiene particolarmente significativa la lettera scritta da Pasquale Bertuca ad Alberto Scarfone il 15 febbraio 2016, trovata a casa di Scarfone nel corso delle perquisizioni effettuate subito dopo il fermo. Pasquale Bertuca scrive che «era dispiaciuto per il fatto di non averlo potuto incontrare durante un’udienza e che per lui è sempre gradevole “vedervi” (riferendosi evidentemente ai due gemelli Scarfone)». Inoltre chiede notizie del fratello Rocco e chiede di inviargli del denaro per il mantenimento in carcere. La missiva si chiude con una frase: «Il tuo amico Pasquale…salutami tuo fratello e chi vuoi tu». Quest’ultima espressione servirebbe a «rammentare che egli è sempre presente ed operativo».

I rapporti con la mafia di Scilla

È il collaboratore di giustizia Vincenzo Cristiano (profondo conoscitore della ‘ndrangheta villese), a dare conto agli investigatori dei rapporti privilegiati intessuti dai fratelli Scarfone con esponenti della mafia di Scilla. Sul traffico di stupefacenti «posso dire che i
gemelli Scarfone erano originari di Scilla ed avevano rapporti con i Gaietti, tanto che mi presentarono Matteo Gaietti che io spaevo essere esponente di spicco della locale di Scilla». Quanto sostenuto dal collaboratore di giustizia, troverebbe riscontro in una intercettazione con protagonisti Alberto Scarfone e Giuseppe Fulco esponente della cosca Nasone-Gaietti”(ne abbiamo parlato qui). I due si incontrano, nel giugno del 2021, per discutere del diverso “trattamento” riservato ad un imprenditore. Nell’occasione, Scarfone confida di non aver attuato il solito “copione” estorsivo (in ragione delle
sue origini scillesi), consentendo all’imprenditore di terminare i lavori e poi di regolarizzare la sua posizione nei confronti della ‘ndrangheta. Nonostante tutto però, l’imprenditore aveva concluso i lavori senza versare nessuna somma di denaro. «Ma l’ho fatto finire e tu finisci da 15 giorni e ti dimentichi? Che ragionamento è?». Scarfone non ci sta e comunica con Fulco: «Ora sai che faccio? (. .. ) ora gli dico il lavoro lo hai fatto là, vedi quello che gli devi dare». Sarà Fulco però ad incontrare l’imprenditore tentando di trovare un accordo: «Dico mille, mandagli mille euro! O me li dai e glieli do io, vedi tu! Però daglieli dico (.. .) un poco di marciapiede, mille euro». Alla fine l’imprenditore consegnerà “un fiore” alla cosca e lo si intuisce dalle parole di Fulco: «Ha gettato un po’ di cemento, un pensiero l’ha fatto». L’estorsione, come avrà modi di precisare lo stesso esponente della cosca scillese “Nasone-Gaietti”, verrà portata a compimento grazie all’intervento di Domenico Nasone (fratello di Franco). «E’ venuto da me il fratello di Franco e mi ha detto ”Peppe gli ho detto, fai una cosa, vai parla tu, visto che tu li conosci, se la è vista lui!( … ) duemila euro ha dato». (redazione@corrierecal.it)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2022/09/11/a-villa-san-giovanni-le-cosche-non-lasciano-scampo-a-nessuno-il-modus-operandi-primitivo-e-tribale/