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A PROPOSITO DELLA CRISI IDRICA CHE STA METTENDO IN GINOCCHIO LA PROVINCIA DI LATINA ED IL BASSO LAZIO

 

Da “Repubblica” del 9.12.2012

La beffa dell’acqua, così il Lazio
ricompra quella che regala a Napoli

Sette milioni l’anno per riformare le isole Pontine. Parte dalla fonte di Cassino, attraversa il mare e torna indietro. A caro prezzo. Sprechi, bollette salate e pasticci burocratici. E un vero business per le navi cisterna
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

Lo leggo dopo

 

LATINA – Sale, scende, scavalca montagne, poi torna indietro. Sgorga da una fonte sopra Cassino, da Cassino precipita a Napoli, da Napoli finalmente arriva a Ponza e a Ventotene. Prima la regione Lazio la dà gratis alla regione Campania, dopo un lungo viaggio se la ricompra e la fa pagare ai contribuenti laziali.È il giro dell’acqua. Più va lontano e più costa. Andata e ritorno. La spostano non una ma due volte: per una quarantina di chilometri in più via terra e per quasi cinquanta miglia in più via mare. Scorre nelle condotte sotterranee fra le colline davanti agli Appennini, passa dentro tubi sospesi nel vuoto, riempie le cisterne delle navi che prendono il largo dal molo Beverello, la caricano su una banchina e la scaricano su un’altra e – alla fine – ricompare praticamente vicino a dove era partita. Chilometro dopo chilometro e miglio nautico dopo miglio nautico, quella del Gari diventa salatissima. Sperperi e affari. Impegni mai rispettati, investimenti mai fatti, delibere di giunta come carta straccia e un tortuoso percorso per favorire società private e trasportatori. Sempre i soliti.

Per ricostruire questo giro dell’acqua siamo a venuti a Latina – davanti alle isole pontine – dove si rintraccia la parte finale di un inghippo che ai contribuenti laziali spreme inutilmente 7 milioni di euro l’anno e in più – come vedremo – contempla qualche altra voce nella bolletta. In origine la faccenda poteva sembrare solo uno di quei pasticci all’italiana soffocati dalla burocrazia, in realtà si sta rivelando un vero business. Trascinare l’acqua di qua e di là a qualcuno conviene. Tutto è cominciato molto tempo fa. Quando dalle sorgenti del Gari, ai piedi di Monteccasino e della Rocca Janula, ne fuorisciva così tanta che la regione Lazio decise di regalarne un po’ alla Campania assetata. Era il 1983. “Per quella concessione abbiamo avuto un ristoro”, spiega oggi il sindaco di Cassino Giuseppe Golini Petrarcone. In dono l’acqua e in cambio il finanziamento per costruire un depuratore. Da quel momento tremila litri al secondo sono stati dirottati dal Lazio verso l’altra regione, convogliati nell’acquedotto occidentale della Campania che la spinge giù a Napoli per quasi settanta chilometri. Allora nessuno avrebbe mai immaginato che nel 2012 in molti paesi della provincia di Frosinone, dove c’è Cassino, ci sarebbe stato un razionamento idrico. Ma così è andata.

Torniamo però all’acqua del Gari. Passa da un serbatoio all’altro di Napoli e disseta la città, poi finisce al molto Beverello dove l’Eni Acqua Campania la consegna alla compagnia marittima Vetor che con le sue navi fa rotta su Ventotene e Ponza. La Vetor presenta ogni anno il conto alla regione Lazio. Sono quei 7 milioni di euro. La regione in pratica paga la sua acqua. E sempre allo stesso armatore di Anzio. “L’appalto per il trasporto l’ha vinto sempre lui”, dice Daniele Coraggio, consigliere comunale di Ventotene mentre fa i calcoli delle distanze per illustrare lo spreco: Napoli è lontana 40 miglia da Ventotene e 60 miglia da Ponza, il porto di Formia (il più vicino fra le isole e la fonte, su a Cassino) invece è solo a 26 miglia da Ponza e a 36 miglia da Ventotene. Dice ancora il consigliere Coraggio: “Basterebbe una condotta che parta da Cassino e, in neanche 30 chilometri, l’acqua arriverebbe a Formia, meno della metà del tragitto attraverso la Campania”. Qualche mese fa qualcuno ha presentato un esposto alla procura di Latina su questo commercio d’acqua, all’ultima gara per l’appalto del trasporto alle Pontine incredibilmente non si è presentato nessuno. La Vetor, comunque, continua a gestire il servizio “in regime di proroga”. E la regione Lazio paga sempre.

Ricorda Giovanni Maria De Rossi, un archeologo che fu testimone dell’inaugurazione della prima “captazione” delle acque del Gari destinate alla Campania: “Il vecchio sindaco di Ventotene Beniamino Verde, quando l’acqua fu portata sull’isola dalle navi cisterna dei privati e non più da quelle della Marina militare, mi disse: “Vedrai che quest’acqua ci costerà come se dovesse arrivare da New York”. Beniamino aveva proprio ragione”. Per la prima volta lo scandalo è stato raccontato dal quotidiano “Latina Oggi” ma il grande accusatore di tutti gli imbrogli sui predoni dell’acqua di Latina è Roberto Lessio, un imprenditore agricolo di Borgo Sabotino, ex presidente provinciale di Legambiente e autore di un appassionato e informatissimo libro, “All’ombra dell’acqua”, sui traffici idrici in Italia. Lui, che ha studiato tutti i percorsi viziosi dei tubi, svela: “Quell’acqua che parte da Cassino continua a fare i suoi tour perché a Ponza e a Ventotene non si fanno i dissalatori che Acqua Latina, la società che gestisce il servizio idrico integrato a cavallo fra le province di Latina e Frosinone, ha fin dal 2004 nel suo piano di investimento”. Dagli accordi presi con la regione Lazio (c’era ancora Storace governatore) il dissalatore di Ventotene sarebbe dovuto entrare in funzione nel giugno del 2006, quello di Ponza nel dicembre successivo. Per misteriosissime ragioni – costo per entrambi i dissalatori 9 milioni di euro – non si sono mai fatti. E vanno sempre avanti e indietro le navi cisterna dell’armatore di Anzio. Con una gabella in più per gli abitanti di Latina. Ancora Roberto Lessio: “Noi paghiamo non solo l’acqua che la regione Lazio regala e poi si ricompra dalla regione Campania, ma nelle bollette c’è anche la voce dell’investimento per i dissalatori che non ci sono”.

Questo giro dell’acqua ricorda tanto quella storia dei pomodorini che passano in questa provincia, trasportati sui camion della camorra che entrano ed escono dal mercato ortofrutticolo di Fondi. Prima vanno giù, in Sicilia. Poi vanno su, a Milano. Poi tornano qui, in provincia di Latina. Più ammaccati e più cari. 

(09 DICEMBRE 2012)

 

DA “IL CAFFE”  DEL 18.6.2017

 

 

domenica, 18 giugno 2017

di LATINA

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BILANCIO FORTEMENTE IN UTILE, MA…

Acqualatina: casse piene, rubinetti a secco. Si disperde il 70% dell’acqua

11 giugno 2017, ore 10:10

 

L’AD BESSON E IL PRESIDENTE LAURIOLA Presentano il nuovo bilancio di Acqualatina

Casse piene con un portentoso utile di esercizio dell’anno 2016 – il quarto consecutivo ottenuto grazie al solito ‘aiutino’ reagalato tre anni fa dalla Conferenza dei Sindaci – e rubinetti a secco per tutta la stagione estiva che ancora deve cominciare. Questo è in estrema sintesi il quadro che ci consegna l’ultimo bilancio approvato dal Consiglio di Amministrazione di Acqualatina SpA e che dovrà essere sottoposto prossimamente all’approvazione dei soci. Un’approvazione che, malgrado le apparenze e alla luce dei dati indicati dalla stessa società, non appare affatto scontata. 

PROFESSIONISTI DEL RINCARO
Cerchiamo intanto di capire da cosa è stato determinato l’utile di esercizio (17,8 milioni di euro) certificato dall’attuale Presidente del CdA di Acqualatina, Michele Lauriola, e dall’Amministratore Delegato, Luigi Raimondo Besson. Unico “sopravvissuto”, quest’ultimo, al CdA iniziale nominato quindici anni fa, in rappresentanza del socio privato, dopo esser stato l’artefice della legge regionale che ha dettato le procedure di affidamento del servizio idrico integrato in tutta la Regione Lazio. Date le caratteristiche dell’affidamento del servizio gestito da Acqualatina, che in gergo tecnico si definisce monopolio naturale, gli utili di bilancio si possono ottenere solo in due modi: 1) Rendere sempre più efficiente il servizio; 2) Far aumentare le bollette dai politici di turno. La prima ipotesi deve essere scartata in partenza con la lettura del Rapporto informativo per l’anno 2016, che risulta regolarmente presente sul sito internet della stessa società: non è una cortesia fornita dall’azienda ma un obbligo legale derivante dal D.Lgs. n. 33/2013. 

70% DI PERDITE, COME ALL’ARRIVO DI ACQUALATINA. E L’EFFICIENZA?
Nello scorso anno Acqualatina ha dichiarato che la dispersione idrica è stata del 70%, mentre nel 2015 era stata del 71%, sotanzialmente uguale a quando la Spa è arrivata: significa circa 86 miliardi di litri di acqua potabile immessi in rete e ma mai mai arrivati ai nostri rubinetti. Nel dettaglio, il 45% di questo enorme spreco è imputabile a “perdite nell’adduzione e nella distribuzione” mentre il restante 25% della dispersione complessiva viene genericamente attribuita a “perdite amministrative”. Leggasi: allacci abusivi. Alla faccia di quei vituperati utenti che da sempre si oppongono alla gestione privatizzata e additati genericamente come “morosi”.
Gente che in realtà ha sistematicamente contestato i dati gestionali della società, grazie ai Comitati locali per l’acqua pubblica, e che ora è ad un passo dal vedersi riconosciute le proprie istanze con la probabile ri-pubblicizzazione del servizio: un caso che entrerà di diritto nella storia democratica del nostro Paese. 

SALASSI DAL PASSATO FINO AL 2021
Scartata quindi l’ipotesi che l’utile di esercizio del 2016 derivi dal miglioramento del servizio e dall’adeguamento degli impegni gestionali assunti all’atto di gara (anno 2002), da dove deriva l’introito che ha risollevato un resoconto contrassegnato in passato da un rosso permanente? È istruttivo il comunicato ufficiale emesso la settimana scorsa da  di Acqualatina: l’Amministratore delegato, ing. Luigi Raimondo Besson, dichiara che il risultato è stato ottenuto (le lettere maiuscole non sono nostre) “… grazie anche al riconoscimento dei Ricavi della Partite Pregresse e dei Costi Aggiuntivi di Morosità, sulla base di quanto stabilito dall’Autorità AEEGSI”. Aeegsi è l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, il presunto, cosiddetto Garante insomma.
Per capire questo passaggio occorre risalire al 7 agosto 2014 quando l’allora Conferenza dei Sindaci (presenti solo gli esponenti del centro-destra) regalò ad Acqualatina la bellezza di 44 milioni di euro per le cosiddette partite pregresse: crediti vantati dalla società sugli investimenti realizzati in passato, i costi di gestione, i mutui pendenti, i ricavi di esercizio e le cosiddette “morosità”. Soldi che verranno fatti pagare ai cittadini fino al 2021. 

IL PRIVATO GODE…
Un’autentica beffa, che andrà a tutto vantaggio del socio privato di Acqualatina sotto forma di dividendi nella prospettiva della cessione delle sue quote, alla quale si aggiunge il danno della crisi idrica in corso.
Una crisi già scoppiata prepotentemente lo scorso anno, soprattutto nel sud pontino e nella fascia dei Monti Lepini, e che si prospetta drammatica per quest’estate a cominciare da Latina, dove stanno razionando l’acqua per poter far irrigare le colture agricole. Si continua in sostanza a razzolar male là dove si era predicato bene. Nel suo Rapporto informativo del 2015 (documento ben diverso dal bilancio societario) la società aveva dichiarato: “Nell’ambito del progetto recupero dispersioni fisiche del Sud Pontino, è stata già conclusa ed assegnata la gara relativa all’attività di sostituzione, ottimizzazione ed ammodernamento delle reti idriche. L’ambizioso progetto di recuperare a fine lavori circa 240 l/sec, ci permetterebbe oltre ad un netto miglioramento dei livelli di servizio, di ridurre gli emungimenti di falda. I lavori dovrebbero iniziare già a partire dal mese di Marzo 2016”. 

… UTENTI E AGRICOLTORI PENANO
Se questi lavori sono stati eseguiti di certo i risultati non si sono visti. Nei giorni scorsi sono apparsi i comunicati con cui Acqualatina annunzia le interruzioni e il razionamento del servizio in diversi Comuni, con la seguente promessa: “I tecnici Acqualatina sono già al lavoro per risolvere il problema”. In che modo? Grazie alla classica danza per la pioggia?
O al balletto dei politici? Quei politici che in passato – nella solita Conferenza dei Sindaci – hanno garantito ingiustamente oltre 273 milioni di euro ad Acqualatina. Come?
Condonandogli 52,7 milioni di penali per le inefficienze ed  approvando la gonfiatura delle tariffe (come riconosciuto dal Tribunale di Latina in decine di cause) che ha prodotto un surplus furbetto di 220 milioni negli anni. 

Francesco Buda

14,7 MILIONI DI EURO PER RIDURRE LE PERDITE…
La dispersione idrica è sostanzialmente immutata dall’inizio della gestione di Acqualatina su tutto il territorio da essa gestito, anche se già dal 2005 era iniziata un’apposita “campagna recupero dispersioni” che mirava a ridurre sensibilmente il numero di perdite fisiche, anche al fine di ridurre la pesante perdita di esercizio registrata in quell’anno. Una campagna che inizialmente doveva durare fino al 2010 e che poi è stata prorogata fino al 2015 con l’esito che abbiamo appena visto. Il relativo costo di 14,7 milioni di euro è finito nelle bollette fatte pagare agli utenti.