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L’attacco alla Giustizia ed alla informazione. E’ regime

Intercettazioni, il premier blinda tutto

All’ufficio di presidenza del Popolo della libertà Berlusconi mette una pietra tombale sulla discussione parlamentare e annuncia che il testo modificato ancora non subirà ulteriori cambiamenti. Poi attacca giudici e stampa. Fini soddisfatto, la Finocchiaro: “Una buffonata”. Nei nuovi emendamenti aggiunte 24 ore alle proroghe dopo i 75 giorni. Partito democratico e Italia dei Valori annunciano battaglia, probabile il ricorso alla fiducia

Sulle intercettazioni la maggioranza e il suo condottiero ormai prossimo al delirio comunicativo, Silvio Berlusconi, continuare a scavare e scavare, di fondo in fondo. Oggi si è assistito a una giornata di ordinaria torsione democratica, nel puro e tradizionale stile del berlusconismo più audace e sconclusionato, caratterizzato e contraddistinto non tanto dal disprezzo delle istituzioni e delle procedure democratiche quanto dall’ignoranza riguardo alla loro intrinseca necessità. Ha ragione la capogruppo del Partito democratico Anna Finocchiaro a dichiarare attonita: “Un pasticcio indecoroso”, “una buffonata”.

Dopo una notte di febbrili meeting e telefonate tra i fidati Angelino Alfano, Niccolò Ghedini e Roberto Centaro, oggi era atteso l’ufficio di presidenza del Popolo della libertà che avrebbe dovuto ratificare le ennesime modifiche a un testo, quello sulle intercettazioni, che tranne che ai berluscones non piace a nessuno: né ai finiani, né al Quirinale, né ai giornalisti perché ammazza la cronaca giudiziaria, né ai magistrati perché rende le intercettazioni telefoniche uno strumento difficile da utilizzare e ingolfa gli uffici giudiziari. Ne è venuto fuori un altro pacchetto di emendamenti che il presidente del Senato spedirà in Commissione Giustizia per farli approvare. Praticamente, il Parlamento è solo un orpello, una sede di ratifica formale di decisioni prese dagli avvocati e dai collaboratori più stretti del premier.

Non solo, lui stesso, hanno riferito le agenzie di stampa, ha dichiarato ai presenti alla riunione: “Il ddl intercettazioni sarà sottoposto al voto in Senato e successivamente alla Camera, dove però, visto che il testo è stato lungamente esaminato, non si faranno ulteriori modifiche”. Tutto blindato, Anna Finocchiaro sente odore di fiducia. Più tardi, all’assemblea di Federalberghi si è prodotto in uno dei suoi soliti show contro i poteri costituiti: per il premier fino ad oggi “le lobby dei magistrati e dei giornalisti hanno impedito di difendere un diritto fondamentale”, “il diritto di libertà”, ostacolando l’iter della legge di cui il presidente del Consiglio ribadisce la bontà, a partire dal limite dei 75 giorni fino alle “pesanti pene” contro “la possibilità di fuga delle notizie”.

Berlusconi ha aggiunto: “La sovranità non è più del Parlamento ma dei pm: se una legge non piace ai magistrati di Magistratura democratica vanno dalla Corte costituzionale e se la fanno abrogare”. Già,  quei giudici che hanno spinto il premier “a chiedere alla Protezione Civile di non da andare più all’Aquila, perché dopo la denuncia di mancato allarme da parte della magistratura qualche mente fragile che ha avuto morti sotto le macerie potrebbe arrivare a sparare”.

Come già in passato il premier ha sottolineato che “la Corte costituzionale ha 11 membri” espressione delle sinistre. Berlusconi ha poi aggiunto che “nell’architettura costituzionale italiana” realizzata dai padri della democrazia “dopo 20 anni di dittatura tutti i poteri sono stati frammentati tra Capo dello Stato, Parlamento, Corte Costituzionale”, per cui il presidente del Consiglio, come più volte Berlusconi ha lamentato, non può esercitare alcun potere reale. La legge, Berlusconi, la avrebbe diversa, “Ammetto che nel programma avevamo scritto una cosa dai principi molto più forti”. Ma tant’è. Fini ha deposto le armi: “Sono certo che Berlusconi – ha detto il presidente della Camera – concordi con me sul fatto che la nuova formulazione del ddl fa sì che esso di certo non contrasti con altri impegni presi con gli elettori: quelli in materia di lotta alla criminalità e di difesa della legalità”.

Per quanto riguarda le modifiche al precedente impianto, accolgono in sostanza i rilievi dei finiani e del Quirinale. Sparisce la “sostituzione automatica” del magistrato. La decisione sulla sostituzione del magistrato responsabile di aver rilasciato dichiarazioni in fase di indagini preliminari di un procedimento è affidata al capo dell’ufficio competente “al fine di valutare la effettiva sussistenza di ragioni oggettive per provvedere alla sostituzione”. Sulle intercettazioni ambientali, poi, viene stabilito che si potranno effettuare anche senza la condizione di imminente commissione di un reato. Viene disposto infatti che possono essere effettuate anche se non vi è “fondato motivo di ritenere che nei luoghi” dove sono disposte “si stia svolgendo l’attività criminosa”. In pratica un pm, “qualora dalle indagini svolte emerge che l’intercettazione potrebbe consentire l’acquisizione di elementi fondamentali per l’accertamento del reato per cui si procede o che dall’intercettazione possono emergere indicazioni rilevanti per impedire la commissione di reati” con “decreto eventualmente reiterabile” dispone le operazioni “per non oltre tre giorni”.

Piccolo maquillage sul termine massimo di 75 giorni. Sara possibile prorogarli, nel caso in cui vi sia motivo di ritenere che sia necessario per le indagini: non più solo di due, ma di tre giorni. Si procede in questo modo dopo che il pm ha fatto richiesta al tribunale collegiale che decide entro tre giorni dalla richiesta. La richiesta di proroga è reiterabile potenzialmente per tutta la durata delle indagini preliminari. È questa una delle norme al centro delle contestazioni più aspre, si ritiene che possa essere il modo per ingolfare gli uffici giudiziari e ostacolare le indagini. Difficile pensare che garantire ulteriori 24 ore alla validità della proroga possa essere un beneficio sostanziale.

Sale, poi, fino a oltre 450 mila euro le multe per chi pubblica le intercettazioni illegalmente (ad esempio quelle per cui è stata ordinata la distruzione). In relazione alla commissione del delitto di cui all’articolo 377-bis del Codice penale, si legge nell’emendamento, si applica la sanzione pecuniaria fino a 500 quote. La misura sarà una vera e propria spada di Damocle sugli editori e di conseguenza sulle redazioni in toto, sempre sotto botta rispetto al rischio di essere sottoposti a un vero e proprio salasso.

Viene poi stralciata, come annunciato, la norma riguardante l’ascolto di conversazioni in cui sono coinvolti i servizi segreti, che sarà trattata in un provvedimento adhoc. Per quanto riguarda la norma transitoria, si dispone che la legge si applicherà subito ai procedimenti in corso sempre tenendo presente il limite di 75 giorni e il meccanismo delle proroghe. Vengono salvate infine le trasmissioni che riprendono i processi: eliminata la disposizione che prevedeva la possibilità di veto per una delle due parti in causa, la decisione spetterà al solo presidente della Corte d’appello.

Il finiano Fabio Granata definisce il testo “più vicino alla nostra sensibilità”, ma a nome del drappello di parlamentari vicini al presidente della Camera annuncia richieste di modifica sul fronte delle multe agli editori e, in generale, sul diritto di cronaca e la libertà di stampa. Sulle fronte delle indagini, insomma, i magistrati sembrano essere destinati a tenersi il meccanismo infernale delle mini – proroghe. Il Partito democratico, con il segretario Pierluigi Bersani, è scettico sugli emendamenti: “Non tira una grande aria di modifiche sostanziali. Senza averli ancora letti, credo che il nostro giudizio negativo rimarrà”. Il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro definisce il testo non “solo blindato” ma anche “fascista perchè blocca l’informazione e impedisce le indagini”.

Andrea Scarchilli

(Tratto da Aprile online)